Al Syrah di Eugenio Fontana il Natale e’ una magica atmosfera di coccole

LAGAZZETTADILUCCA.IT pag. · 24-12-2022

Non è un ristorante stellato, ma, essendo un agriturismo, difficile che possa diventarlo. Eppure la cucina di Syrah a Montecarlo, all’interno della tenuta del Buonamico di Eugenio Fontana, è qualcosa cui non si può rinunciare, almeno una volta si deve provare. E non soltanto per i piatti che chef Stefano Chiappelli prepara con cura unitamente al suo staff, ma per via di quel detto secondo cui anche l’occhio vuole la sua parte e allo Syrah, varcata la soglia d’ingresso, non ne basta uno, di occhi, per riuscire ad afferrare il tutto.

Ci eravamo già stati a settembre, ma questa volta abbiamo voluto sperimentare il nuovo menu invernale e servito per le festività. Il ristorante, infatti, andrà in ferie dall’8 al 26 gennaio e questi sono gli ultimi giorni in cui è possibile assaggiare alcuni piatti che, a nostro modesto avviso, sono delle vere e proprie opere d’arte. Oltre, e questa è stata la nostra impressione, ad aver effettuato una leggera sterzata verso un ritorno alla tradizione sia pure rielaborata, ma che ha avvicinato anche i sapori all’atmosfera natalizia.

Ad accogliere il commensale e dobbiamo dire che ogni sera c’è quasi il full-up, un maitre d’eccezione, una persona squisita per gentilezza, professionalità e competenza. Si chiama Andrea Minuti e ha alle spalle oltre 30 anni di esperienza nel settore della ristorazione, cura maniacalmente i particolari convinto che siano proprio questi a fare, da ultimo, la differenza.

Per chi ancora non ci fosse mai stato, il locale di Eugenio e papà Dino Fontana si trova sulla via di Montecarlo al civico 43, ma è difficile sbagliarsi. L’entrata per la tenuta è ben visibile e il parcheggio altrettanto ampio. In lontananza, la sera, si vede il paese medievale di Montecarlo sullo sfondo, una meraviglia. Dentro il ristorante si respira da subito un’aria di intimità e di calore, luogo ideale per cene romantiche con, davanti o accanto, la bellissima cucina a vista.

Qui nulla è lasciato al caso e un ristorante di questo livello all’interno di un agriturismo non è facile da trovarsi, diciamo che è più adatto ad un resort come, in effetti, è la tenuta del Buonamico, con suites, piscine e centro benessere che lasciano basiti.

Più andiamo avanti e più ci rendiamo conto di quanto il servizio, per un locale, sia non fondamentale, di più. Per molti potrà anche essere un dettaglio, ma per chi vuole sentirsi coccolato, è un dettaglio tutt’altro che trascurabile. E avere a portata di tavolo un… cuddle man che sa farti stare al meglio in compagnia della persona o delle persone con cui siedi al tavolo, è un requisito imprescindibile per trascorrere una piacevole serata.

Dicevamo del menù che riserva delle sorprese graditissime e alle quali non siamo stati capaci di rinunciare. A cominciare dalla Battuta, una tartare di manzo, cipolla rossa, maionese al lime, spinaci. Provatela, è un assaggio, ma non la dimenticherete tanto facilmente così delicata com’è. La maionese, poi, è una aggiunta stimolante anche delle papille gustative più pigre. La nostra dolce trequarti, invece, ha optato per Fusione, spuma di patate al curry rosso, mazzancolle, cipolla bruciata, nero di seppia: dall’espressione del volto decisamente ottima, ma non avendola assaggiata possiamo solamente riferire. Poiché una è poco e due sarebbero troppe, facciamo atterrare sul tavolo una scodella di crema di zucca arrosto, yogurt, frutti gialli, arachidi. Un tempo pensavamo, nella nostra maestosa ignoranza, che la zucca fosse un ortaggio pressoché inutile, senza senso se non per la notte di Halloween o per via di quel nome difficile da rammentare alla cui famiglia appartiene, quella delle cucurbitaceae. Ci sono voluti anni, ma giunti alla soglia dei 60 anni, anzi, pure oltre, abbiamo capito che non avevamo compreso alcunché per non usare un francesismo facilmente immaginabile.

Se vogliamo, però, soffermarci sul piatto che, più di ogni altro, ci ha, letteralmente, steso nel senso di averci colpito in tutti i sensi, vista compresa, allora dobbiamo parlare dello Stracotto, lingua di manzo in doppia cottura, bietole saltate, salsa olandese al tartufo. Per chi, la lingua, è solito mangiarla tagliata a fettine sottili condita con olio e pepe oppure in un bollito d’altri tempi, beh, questa esperienza lo lascerà sbalordito. Il cuoco si è superato riuscendo a dare la sensazione di una carne che si scioglie in bocca e che, al tatto di una forchetta o di un coltello, sembra, realmente, ancora in… vita. E’ un piatto gustosissimo, straordinario, irrinunciabile durante una visita a queste latitudini gastronomiche. Esperimento riuscito alla grande per chef chef Chiappelli che ha reso un prodotto di non elevatissimo prestigio alimentare rispetto ad altri tagli della bestia, un capolavoro degustativo.

Sicuramente godibile anche la Rosticciana di Cinta Senese c.b.t. con patate schiacciate al timo, ma dopo avere masticato lentamente e assaporato la lingua, la rosticciana la lasciamo alla trequarti di cui parlavamo prima che, ancora, si lecca i baffi dicendo che è eccezionale.

Ovvio che per un menu del genere è indispensabile una location altrettanto singolare, ospitale, prestigiosa, unica che rende tutto magico proprio per l’atmosfera che riesce a creare e le sensazioni che è capace di trasmettere. Complimenti a Eugenio Fontana che in silenzio e senza una sovraesposizione mediatica esagerata, si è ricavato uno spazio assolutamente di altissimo livello nel panorama della ristorazione e del ricevimento. Non è facile, del resto, soprattutto, di questi tempi, scegliere il personale e la persona giusta in grado di guidarlo. Lui ci è riuscito.

Per concludere la serata, un dessért, Bavarese al cocco, agrodolce di soia, mandorle caramellate: è un dolce, ma non è dolce ossia ha il pregio che non stucca e, quindi, va giù facile facile senza creare problemi.

Dimenticavamo il vino, si tratta del Fortino, associato alla Fortezza di Montecarlo, un nettare rosso che accompagna vivacemente, ma senza esagerare, i piatti della cucina di Stefano. Un bicchiere, per un brindisi di rito, anche per l’amico Andrea Minuti. Infine, per chiudere, arriva su nostra richiesta un bicchiere di rum, della serie non facciamo mancare nulla, che conoscevamo di nome, ma mai assaggiato: Kraken, prodotto nei Caraibi, di colore scuro e speziato, forte e deciso al palato, per noi forse anche troppo.

Rien à dire, per qualunque evento vogliate organizzare, il ristorante Syrah è il top per cui non esitate. Lo abbiamo già ripetuto, checché ne dica James Bond, si vive solo una volta e, purtroppo e spesso, anche male.

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