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Set

Autunno: le castagne e il vino della Tenuta

Oggi è il primo giorno d’Autunno, e l’Autunno è la stagione delle castagne. In Toscana, ed in particolare in Lucchesia, i castagni sono da tempo immemore considerati delle piante importantissime, tant’è che nel 1908 il poeta Giovanni Pascoli scriveva “Il castagno è il nostro albero del pane. Ci andrebbe messa, in ogni castagno, una croce, come si fa con gli alberi divenuti sacri”. Nel 1546 Carlo Roncaglia, funzionario estense, stabilì, con una statistica effettuata sullo stato modenese, che la Garfagnana contava più di due milioni di piante di castagno, per una resa totale di oltre 76,000 castagne secche. Oggi i numeri sono cambiati, ma nonostante tutto la lucchesia rimane la provincia italiana con la maggior superficie boschiva a castagni. La farina ottenuta dalle castagne ha rappresentato un alimento principe, in particolare in Garfagnana, quando, intorno all’anno mille, ci fu un aumento della popolazione: per sopperire ai fabbisogni alimentari vennero messe a coltura anche zone che erano incolte, e si pensò di incrementare il numero dei castagni, già naturalmente presenti in zona. Uno dei promotori della diffusione di questi alberi fu Paolo Guinigi, signore di Lucca, che capì l’importanza di queste piante, per la produzione di una farina che fosse “buona e serbevole”. Così nel 1487 venne istituito l”Offizio sopra le selve”, che si occupava di controllare che i boschi venissero tenuti in buone condizioni e puliti, impediva il taglio indiscriminato delle piante e regolava diritti e doveri di coloro che piantavano questi alberi.

Fondamentale per la realizzazione della farina di castagne, che in Garfagnana si chiama “Farina di Neccio”, è il Metato, cioè una casupola in muratura dove venivano messe ad essiccare le castagne. Sparsi qua e là nei castagneti, erano divisi a metà da un solaio di stecche di legno, chiamate “canniccio”. Sopra alle stecche venivano disposte le castagne, mentre sotto veniva acceso un fuoco leggero con gli stessi ciocchi di castagno. Il fumo faceva seccare le castagne. Dopo 40 giorni di essiccazione le castagne venivano portate al mulino per farne farina, e qui venivano sbucciate e macinate, rigorosamente a pietra.

metato

La parola “neccio” sembrerebbe riferirsi al fatto che in Garfagnana, in tempi lontani, si faceva una farina di ghiande che era ottenuta con un procedimento simile a quella di castagne. Quindi, da “ilceus”, cioè “Leccio” si è passati lentamente a “neccio”. Un’altra ipotesi è che questa parola derivi dal latino medievale o dal ligure. In ogni caso, le prelibatezze che si possono realizzare con la farina di castagne sono innumerevoli, sia dolci che salate, e hanno portato, nel 2004, al riconoscimento da parte della Comunità Europea, che ha conferito a questo prodotto  la certificazione DOP, grazie all’ Associazione Castanicoltori della Garfagnana, nata nel 1998 per tutelare la castanicoltura.

La farina di Neccio ha un colore che varia dal bianco all’avorio scuro, ed ha un sapore dolce che termina con un retrogusto leggermente amarognolo. Si utilizzano varie tipologie di castagne: Carpinese, Mazzangaia, Rossola, Pelosora, Pontecosi, Capannaccia, Nerona e Verdola. Ancora oggi la lavorazione delle castagne per ottenere la farina avviene in maniera tradizionale nei metati e al mulino.

Prima di parlare dei piatti che si possono realizzare con le castagne, vediamo come cucinarle. Ogni paese ha un suo modo diverso di prepararle. Innanzitutto ci sono le Mondine, per le quali si deve usare una padella apposita, cioè un recipiente in metallo bucherellato che va posto sulla brace. Si incide la buccia con un taglio per evitare che scoppino, e dopo la cottura devono restare avvolte in un panno per dieci minuti, prima di consumarle calde. Ci sono poi i Ballocciori, che si cuociono in acqua salata, anche leggermente aromatizzata con finocchio selvatico o foglie di alloro. Una variante di queste sono le Tagliate, che prima di essere lessate vengono sbucciate. Ci sono poi le Zuccurate, castagne secche che vanno ammollate e poi cotte in acqua, latte e foglie di alloro. Queste sono anche conosciute come Tullore.

Alla Tenuta del Buonamico produciamo un vino perfetto da abbinare con le castagne, che si accompagnano molto bene a un rosso leggero. Si tratta del Montecarlo Rosso Doc, un blend di Sangiovese, Canaiolo, Syrah, Merlot e Cabernet Sauvignon. La fermentazione di questo vino avviene in acciaio inox a temperatura controllata, e si presenta con un bel colore rosso scarico con riflessi violacei. Al naso è intenso, con note di frutta fresca, in particolare amarena e visciola. Al palato è di buona struttura, armonico, morbido, fresco e persistente. E’ il vino perfetto per primi piatti saporiti con sughi di carne, carni rosse alla griglia, umidi delicati e carni bianche arrosto, ma potrà stupirvi se gustato con un bel piatto di Mondine o di Ballocciori.

Ci sono molti piatti salati che si possono fare con la farina di castagne. Questa viene comunemente usata per la realizzazione della pasta fresca, come le tagliatelle, che vengono tipicamente servite con una crema fatta di ricotta, parmigiano e olio extra-vergine di oliva, e con una spruzzata di pecorino grattugiato, oppure col pesto alla genovese o col ragù di carne.

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Un altro piatto salato che si realizza con la farina di castagne è la “Polenta e Ossi”, fatta con farina di neccio servita con ossi di maiale e zampucci che hanno ancora abbastanza carne intorno. Un ultimo piatto tipico è la “Crema di Farina di castagne e ceci”, che si prepara con farina di ceci, farina di castagne e acqua, cotte finchè il composto si addensa, e servite con verdure di stagione.

Perfetto, in accompagnamento con questi piatti, è il Montecarlo Rosso DOC Etichetta Blu prodotto dalla Tenuta del Buonamico. Questo vino si ottiene da un blend di Sangiovese, Canaiolo, Syrah, Merlot e Cabernet Sauvignon. La fermentazione e la macerazione avvengono in acciaio inox a temperatura controllata. Una parte dei mosti viene fermentata a temperature basse per conservare maggiormente gli aromi varietali, mentre una parte, il Sangiovese, passa in barriques di rovere francese per 7 mesi, effettuando la fermentazione malo lattica.

Ha un colore rosso rubino intenso, ed è caratterizzato da un profumo netto, con note intense di frutta scura e di fiori, cacao, vaniglia e spezie. Al palato ha una notevole struttura, è vellutato, denso, ampio e con una trama tannica evidente ma piacevolmente arrotondata. E’ equilibrato e persistente. Lo troverete perfetto in abbinamento a zuppe, carni bianche, carni bianche e volatili in umidi aromatici, carni rosse grigliate, anguilla, baccalà e stoccafisso, nonché con formaggi di media stagionatura. Sarà inoltre a dir poco sorprendente con le ricette a base di castagne che vi abbiamo presentato.

Il modo più classico per utilizzare la farina di castagne, comunque, è di impiegarla nella preparazione di dolci. Il più conosciuto è senza dubbio il “Castagnaccio”, un vero e proprio cibo da strada le cui origini risalgono al XVI sec.

Il Castagnaccio è anche custode di una leggenda. Si racconta infatti, che gli aghetti di rosmarino presenti al suo interno, siano in realtà un filtro d’amore. Colui che mangerà una fetta di castagnaccio, offerta dalle mani di una fanciulla, se ne innamorerà all’istante. Questo dolce si fa con farina di castagne, acqua e sale, con aggiunta di uva sultanina e/o pinoli. Si cuoce in forno per circa 35 minuti.

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Un altro dolce apprezzatissimo della tradizione sono i “Necci con la ricotta”. Nascono originariamente in versione salata, e sono nell’aspetto molto simili alle crêpes. Si tratta di un composto di farina di castagne, acqua e un pizzico di sale. La cottura avviene nei “Testi”, due dischi piatti di ferro o arenaria arroventati. La crêpe così formata viene spalmata di ricotta e arrotolata su se stessa fino a formare un cannolo, che si può anche arricchire con miele, zucchero a velo o cioccolata.

Alla Tenuta del Buonamico realizziamo uno splendido Spumante Particolare Dolce, che sarà perfetto in abbinamento a questi tradizionali desserts. Si tratta di uva 100% moscato, la cui spumantizzazione si effettua direttamente da mosto in autoclave ad una temperatura costantemente controllata dove, grazie ai lieviti selezionati, si ha un’ottimale presa di spuma, Trascorsi i 120 giorni della fermentazione si ha la quasi immediata filtrazione, in modo da preservare la naturale freschezza. L’imbottigliamento è la fase finale di questo processo, preceduto da alcune settimane di affinamento in autoclave. Ha un bel colore giallo paglierino con riflessi verdognoli. Al naso si presenta intenso e persistente, con sentori di uva moscato, salvia, miele, fiori d’arancio, frutta esotica e noce moscata. Al palato è fresco, morbido, floreale, con lunga persistenza e un perlage fine ed elegante. E’ perfetto con dolci a pasta lievitata come panettone, pandoro o colomba, con semifreddi con frutta, panna e uva sultanina, con zabaione, panna cotta, tiramisù. Più originale in un abbinamento per contrasto con formaggi a grana dura, sarà altrettanto sorprendente con i dolci da noi presentati.

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Per ogni stagione possiamo assaggiare frutti della terra che ci sanno stupire per bontà e genuinità, e per ogni frutto ci sarà sempre un vino della Tenuta del Buonamico che si abbinerà perfettamente, esaltando vicendevolmente le caratteristiche organolettiche di entrambi. Non vi resta, quindi, che l’imbarazzo della scelta!

 

 
 

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