Tenuta del Buonamico e Montecarlo di Toscana

VIAGGIARE CON GUSTOSANO pag. 88/91 · 01-05-2022

Memoria viva di epoche gloriose, capacità di unire una forte tradizione all’innovazione, ricerca costante di armonia, profumi, sapori intensi e raffinati. Si potrebbe riassumere così la rinascita che sta vivendo, oggi, il territorio di Montecarlo, sulle colline che circondano Lucca.

Tra i fautori del “rinnovamento della tradizione”c’è oggi Tenuta del Buonamico della famiglia Fontana: dopo oltre 50 anni di storia, ha il merito di aver rilanciato la DOC Montecarlo con bottiglie di
qualità altissima, testimoni di un progetto di ampio respiro per l’intero territorio che non perde mai di vista il legame con il passato.
Correva l’anno 846 quando in un documento di rendite in natura si parlava anche di “vino puro, uva pigiata tre volte secondo le regole, e poi svinata” .A Montecarlo di Toscana,nel cuore della campagna lucchese, la tradizione di un borgo si lega a quella del suo vino, con una carrellata di gloriosi eventi che attraversano i secoli. Ne sono testimonianza perfino i nomi: i terreni più soleggiati del versante sud-est della collina di Montecarlo erano noti col nome di “Coste di Vivinaia, la Via del Vino, che percorreva
l’intera collina di Montecarlo. Nel 1371 compaiono i primi nomi dei tavernieri che sigillano barili di vino
Trebbiano e carri di vino rosso da vendere al minuto, e alla corte del Duca Cosimo I De Medici “i grappoli d’uva di Montecarlo e il Trebbiano di quella comunità rallegravano i commensali” Un fascino, quello dei vini di Montecarlo, che fece breccia anche alla Corte dei Papi: gli storici ricordano che nel 1408 Papa Gregorio XII venne rapito dall’eccellente vino del luogo, assaggiandolo a pranzo durante una visita a Lucca, e da quel momento non se ne volle più separare, ordinando che le cucine pontificie se
ne procurassero per imbandire le mense papali. E si arriva al Novecento con un altro grande avvenimento: i vini delle dolci colline lucchesi spiccavano sul banchetto nuziale del Principe Umberto di Savoia e Maria Josè, al Quirinale, nel 1930: il Montecarlo Bianco fu servito in tavola come vino ufficiale del matrimonio, in quanto considerato uno dei migliori della Penisola, tanto da essere chiamato lo”Chablis di Montecarlo”. II merito di questa felice contaminazione si deve anche e soprattutto a grandi appassionati viticoltori, che riuscirono a dare al vino della zona un’assoluta singolarità. Intorno al 1870 Giulio Magnani, a quel tempo proprietario della Fattoria Marchi Magnani, partì alla volta della
Francia. Il suo obiettivo? Studiare i vitigni e le tecniche di vinificazione, soprattutto nelle zone di Bordeaux, Rodano, Borgogna. Da fi tornò con Sauvignon e Sémillon, Merlot e Cabernet Franc, Roussanne e Syrah, Pinot Bianco e Grigio. Insieme agli altri autoctoni, dove spiccano Trebbiano
Toscano e Sangiovese, queste uve sono oggi comprese nel disciplinare del vino DOC di Montecarlo, e regalano ai suoi vini un’inconfondibile singolarità.

La Tenuta del Buonamico: l’anomalia lucchese incontra l’innovazione:

E’ definito”anomalia lucchese” il periodo che vide in queste terre l’arrivo di vitigni stranieri e prende le mosse da questa nuova stagione vissuta dalle terre di Montecarlo il progetto della Tenuta del Buonamico, che vede alla guida, dal 2008, Eugenio Fontana. Un imprenditore quest’ultimo deciso a
esaltare il potenziale del territorio partendo dall’espansione degli impianti vitivinicoli, con l’introduzione delle nuove barbatelle, passando così da una superficie di 20 a 45 ettari, per ampliare poi l’intera struttura, dalla barricaia alla sezione d’imbottigliamento, fino alla costruzione della nuova
cantina, che si affianca a quella antica, scrigno di ricordi e di antiche etichette che hanno fatto la storia.
E in vigna? Si trovano vitigni semi-aromatici come il Sauvignon e il Pinot Bianco, perfetti per bilanciare l’eleganza severa e generosa del Trebbiano Toscano. Spiccano così, oggi, le grandi sperimentazioni,con blend unici che contribuiscono a rilanciare una zona messa in disparte nei decenni passati e attualmente di nuovo protagonista del panorama enologico toscano. A guidare la famiglia Fontana c’è soprattutto il desiderio di rinnovare l’attitudine della Tenuta a lavorare Pinot Bianco, Sauvignon, Roussanne,
Sémillon,Vermentino, in piccola parte Viogner e, ovviamente, Trebbiano Toscano.A queste uve a bacca bianca si affiancano Sangiovese, Canaiolo, Syrah, Merlot e Cabernet Sauvignon. Ne scaturiscono vini di charme,capaci di esaltare l’unicità di un territorio come quello della DOC Montecarlo e
la sua singolare e affascinante storia. Ad accogliere gli ospiti, oggi, una struttura moderna che
rende omaggio al territorio passando anche dal palato: il wine resort e il ristorante Syrah sono sovrastati da una copertura che ricorda la foglia della vite, dai tenui colori pastello che si fondono in armonia con le vigne circostanti e gli ampi tratti boschivi.

LA STORIA DELLO SPUMANTE PARTICOLARE
Era il 2010 quando nelle cantine della Tenuta del Buonamico si è deciso di iniziare una
sperimentazione di appena 2.000 bottiglie di Spumante Metodo Martinotti, con uve
provenienti esclusivamente dai vigneti d proprietà, a bacca nera e vinificate in bianco, per
l’esattezza Sangiovese e Syrah, vitigni usati anche per il Rosé in versione ferma. Da quel
primo tentativo, che ha riscontrato un ampio consenso, la famiglia Fontana ha stabilito che
questa sarebbe diventata una bottiglia icona. “Particolare”, insomma, di nome e di fatto.
Attualmente la Tenuta del Buonamico comprende diverse etichette della linea
Particolare, tutte prodotte con uve differenti. Sono nati quindi: Particolare Brut, da
uve Pinot Bianco, Sémillon e Trebbiano, e Spumante Particolare Brut Inedito, un’unica
spumantizzazione all’anno da sole uve di Pinot Bianco di diverse annate. Un omaggio
al Vasario, il vino top di gamma, anch’esso prodotto da Pinot Bianco in purezza.
Sempre con etichetta Spumante Particolare Inedito anche la versione Rosé da uve
Sangiovese e Syrah, pure in questo caso nato da un blend di vecchie annate.
Entrambe le etichette, per una parte del vino, svolgono la fermentazione malolattica in
tonneaux per circa 7 mesi, lavorazione che arricchisce gli spumanti di caratteristiche simili
a quelle che si trovano in un Metodo Classico.
A completare la gamma delle bollitine cé lo Spumante Particolare Dolce prodotto con uve Moscato in purezza: la fermentazione del mosto avviene direttamente in autoclave, ottenendo così un tenore zuccherino finale di circa 70 gr/I e regalando al vino un ampio bouquet aromatico che lo rende versatile e adatto agli abbinamenti più audaci.

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