24
Ago

Le Botti: legno vivo per vini vivi

La botte è una parte cruciale del processo di vinificazione, perché è quella dove il vino invecchia prima di essere imbottigliato. Infatti, dopo la fermentazione, al fine di sviluppare a pieno il suo potenziale, un vino va lasciato maturare. Questa maturazione avviene generalmente in botte. Un vino non è commerciabile se non ha raggiunto la piena maturazione, che varia a seconda della tipologia: si va da 3 mesi per un vino giovane fino a 7 anni per un rosso molto corposo. La durata della maturazione, inoltre, dipende dalla dimensione della botte: in un contenitore piccolo, infatti, il vino matura più in fretta, perché è maggiormente a contatto col legno, mentre in una botte grande avviene il contrario.

Le botti sembrano risalire al 5° sec a.C., all’epoca degli Etruschi, per l’esigenza di avere dei contenitori adatti al trasporto del vino, che dovevano essere leggeri e maneggevoli, e soprattutto più resistenti della terracotta, che in antichità rappresentava l’unico materiale con cui venivano costruite le anfore. La forma particolare delle botti permetteva di farle roteare su loro stesse, spostandole quindi con facilità, e, se messe in posizione orizzontale, erano in grado di accentrare eventuali sedimenti in un unico posto.

riproduzioni_storiche_botti_mondo_antico

I primi ad utilizzare dei contenitori che possono essere considerati gli antenati delle botti sono stati gli assiro-babilonesi, che usavano grossi tronchi di palma scavati chiusi da un coperchio di legno. 

A quell’epoca, però, mancava la tecnologia per la realizzazione delle doghe, cioè delle sottili liste di legno che formano la botte. Però si intuirono presto le potenzialità del legno, tanto che nel 2700 a.C. in un geroglifico egizio si vede raffigurato il mestiere del bottaio, che era in realtà un cesellatore del legno.
Successivamente  vennero compresi i meccanismi chimici che danno origine alla trasformazione del vino in botte. Questa scoperta avvenne casualmente, perché si notò che il vino trasportato in legno per un certo periodo e in un particolare legno assumeva caratteristiche migliori  Prima di tutto, il legno è un materiale poroso. A differenza dell’acciaio, quindi, permette un lento e graduale scambio gassoso con l’esterno. É proprio questo passaggio di ossigeno che consente al vino di evolvere: una corretta ossigenazione stabilizza infatti il colore del vino e ne ammorbidisce le ruvidità, diminuendo l’astringenza dei tannini.

Il secondo motivo per il quale viene utilizzato il legno per affinare il vino è  che  il legno rilascia sapori e profumi molto caratteristici e complessi, dovuti alle varie sostanze in esse contenute.

In primo luogo ci sono i Tannini, che si aggiungono a quelli contenuti nel vino. I Tannini sono fondamentali a livello sensoriale, e sono quelli che provocano una sensazione di astringenza sulla lingua, nonché un sentore leggermente amaro. Per evitare che i tannini rilasciati dal legno siano troppo aggressivi, le doghe vengono messe a stagionare all’aria aperta, dove, anche grazie all’acqua piovana, diventano più morbidi e leggeri.

Inoltre ci sono le Cumarine, responsabili dei sentori amari specie in legni poco stagionati.

A seguire, ci sono i Lattoni, che derivano dalla frazione lipidica del legno e sono responsabili di moltissimi profumi come la vaniglia (vanillina), le spezie dolci, il cacao, mandorla ed il cocco.

Ci sono poi i Fenoli, i cui  principali sentori sono  il chiodo di garofano e la cannella.
Infine ci sono gli Aldeidi,  responsabili di moltissimi profumi dolci, e i  Norisoprenoidi, il cui contributo aromatico è lieve ma comunque presente.

Ovviamente la quantità delle modifiche che il legno opera sul vino è influenzata dal rapporto tra la dimensione del contenitore e la quantità del liquido contenuto. Infatti più la botte è piccola, maggiore sarà il contatto del vino con le pareti del contenitore, quindi le trasformazioni saranno più marcate.

Catone (95- 40 a.C.) fu il primo a descrivere la fabbricazione di una botte, con queste parole: “Lega le botti di legno di quercia con il piombo e fasciale con tralci di vite secca, poi introduci nelle fessure del mastice fatto di cera, resina e zolfo sciolti sul fuoco ed ai quali aggiungerai gesso per renderlo denso e con esso spalma anche le botti”.
L’uso della quercia nasce in Francia grazie ai Celti: Strabone (64- 24 d.C.) scrive che dalla Gallia Cisalpina si costruivano grandi botti e Plinio dice di essere prudenti nella loro pulizia poichè era alto il rischio di asfissia.

Con la fine dell’impero romano il vino diventa monopolio dei frati, che, grazie all’uso liturgico, fanno sopravvivere la cultura dell’enologia. Sono i monaci a costruire le botti nelle loro officine. Ci sono maestri bottai in Sicilia e in Sardegna, ma soprattutto in Piemonte, dove, come scrive nel 1500 Pier de Crescenzi, ci sono cantine con grandi botti, vanto dei viticultori locali.
Nel 1596 Andrea Bacci, autore di diversi scritti sul vino, descrive la pigiatura e la fermentazione all’interno di grossi tini di legno “fabbricati con quercia o altro legno robusto”.
A partire dal 1600 fino alla fine del 1700 ci sono numerosissime notizie su bottai e produzioni, sia per i distillati che per il vino, fino ad arrivare ai primi testi di viticoltura, pietre miliari dell’enologia italiana.

Il legno maggiormente usato è quello di quercia, ed in particolare le Quercus Pubescens e Cerris. Comunque le tipologie di quercia utilizzate sono molteplici. Si va dalla Quercus Petrea Sessilis che preferisce terreni aridi e silicei, è molto longeva (arriva a vivere anche 700 anni) ed è povera di tannini, ma assai ricca di sostanze aromatiche, alla Quercus Robur o Peduncolata, che preferisce terreni fertili e piogge regolari, per finire con la Quercus Alba o quercia bianca americana, che ha molti meno tannini e polifenoli ma ha una grossa quantità di lattoni, le sostanze aromatiche responsabili dei profumi dolci dei vini e dei distillati.

plantenfiche-quercus-robur-16519

Vi sono poi altri legni usati come il castagno, molto utilizzato in Piemonte e Toscana, il frassino, il ciliegio usato sopratutto per l’aceto balsamico, il mandorlo, il melo e pero.

Il legno di quercia è suddiviso a seconda delle regioni di provenienza:

La Francia è la maggiore produttrice di rovere, perché ha foreste ricche di piante, volute dai re francesi per fornire di robusto fasciame la flotta sia mercantile che da guerra per contrastare il dominio inglese.

Il più conosciuto è probabilmente il Rovere di Allier, piantato nel dal Massiccio Centrale, in Francia, il cui legno ha grana molto fine. Ci sono poi il Rovere di Troncais, che è il legno più rinomato e costoso al mondo, il Rovere di Cher, che proviene dalla foresta di Saint Palais, il Rovere di Nevers, largamente impiegato in Borgogna, il Rovere di Limousin, ricco di fenoli e tannini,  il Rovere di Guascogna, utilizzato per la fabbricazione esclusiva delle botti per l’Armagnac.

Oltre al rovere francese si ricordano anche il Rovere di Slavonia, una regione della Croazia nota fin dal XIX secolo per i suoi legni pregiati, il Rovere Austriaco, e il Rovere Tedesco. Inoltre la necessità di reperire nuovi approvvigionamenti ha allargato la loro provenienza anche alle foreste degli Stati Uniti e dell’ Ungheria.
Il rovere ungherese è un legno che dà risultati molto simili a quelli del rovere francese. E’ un legno discreto, che rispetta il frutto e dà freschezza e vivacità ai vini; si adatta perfettamente alla vinificazione dei bianchi.
Le classiche botti di rovere americano evidenziano l’aromaticità dei  vini, e conferiscono aromi di toffee, grigliato e tostato.

Non esiste un rovere migliore dell’ altro, ma bensì legni di caratteristiche diverse da scegliere in base all’obbiettivo enologico da realizzare.

La grana del legno è un elemento fondamentale, perché determina la quantità di sostanze cedute al vino. Per “grana” si intende  la porzione annua d’incremento del tronco, che misura con l’ampiezza dell’anello.

I legni a grana grossa appartengono ad alberi ad elevata velocità di accrescimento, che hanno minor potenziale aromatico ma maggiori sostanze come fenoli e aldeidi.
I legni a grana fine corrispondono ad una crescita più lenta dell’albero. Pur rilasciando una minor quantità di sostanze queste hanno un maggior potenziale aromatico.

La produzione di una botte avviene in diverse fasi: innanzitutto, per ottenere maggiore elasticità, viene utilizzato il legno del tronco di piante che vanno dai 120 ai 240 anni, dal quale si ricavano delle tavole che vengono fatte stagionare all’aperto per un periodo variabile tra i 2 e i 4 anni.

Durante questa fase la pioggia, il sole ed il vento contribuiscono a portar via i tannini più amari, ad asciugare il legno dall’umidità naturale e ad affinare gusto e aroma al legno. Successivamente si passa al taglio delle tavole: le doghe vengono sagomate e rastremate verso le estremità, incastrate tra loro seguendo un cerchio di metallo, viene poi inserito un secondo cerchio più grande e fatto scivolare vicino alla parte centrale. Questi cerchi in metallo sono detti “bottame”.

La fase seguente è la tostatura con la quale il legno sprigiona i suoi aromi e profumi: viene acceso un fuoco con trucioli di quercia, e la botte aperta viene posta sulle fiamme per 10-15 minuti, per ammorbidire il legno. Le doghe, incastrate tra loro, vengono inframmezzate da uno strato sottile di corteccia di canna palustre, che le renderà più forti e impermeabili.

Infine la botte viene  riempita di acqua bollente per verificare che non ci siano perdite.

La tostatura può esser leggera, media o forte:

La tostatura leggera mette in evidenza leggere note vanigliate e preserva gli aromi varietali.

La tostatura media è caratterizzata da note vanigliate più intense, noce di cocco, mandorle caramellate e leggermente tostate. È adatta a vini di struttura e di personalità superiore.

La tostatura forte è caratterizzata da aromi affumicati e tostati. Si adatta a vini liquorosi e molto concentrati.

Un altro fatture molto importante è l’età della botte. Infatti una botte vecchia non rilascia molti sentori al vino, mentre una botte nuova il legno è ricco di tannini, che conferiscono note dolci di caramello e vaniglia.

Le botti ed i barili hanno svariate forme e capacità.

I barili ovali sono di piccole dimensioni e di poca capacità ( si varia da 1 a 16 litri); sono utilizzati per servire vino che non ha bisogno di essere imbottigliato e si ritrovano normalmente in taverne o abitazioni private. Esteticamente sono molto belli, tanto che spesso si trovano verniciati e tenuti come elementi di arredo.

I tini sono i contenitori più grandi. In genere non hanno una forma ovale, ma hanno un lato più largo dell’altro (a forma tronco-conica) che serve da base. Vengono utilizzati per contenere grandi quantità di vino, anche se l’uso più comune è proprio per la fermentazione del mosto d’uva. I tini possono avere una capacità che varia dai 1.000 fino ai 50.000 litri.

La botte più comunemente utilizzata nella produzione del vino è la “barrique bordolese”, dal nome della città francese di Bordeaux, famosa appunto per la produzione di questo tipo di botte.

Tali barili, solitamente, sono fatti di quercia americana e rovere francese, ma non si disdegnano nemmeno quelli realizzati in rovere rumeno, ucraino, spagnolo e portoghese. In particolare, i due formati più comuni sono le barriques e i tonneaux.

Alla Tenuta del Buonamico, a Montecarlo, sulle meravigliose colline in provincia di Lucca, è possibile ammirare, durante i tour guidati della cantina, la bellissima barricaia, dove la luce soffusa e il pavimento risalente agli anni ’60 contribuiscono a creare un’atmosfera magica, che viene apprezzata da tutti i visitatori.

bottibarriques800x72

Per l’affinamento dei vini vengono utilizzate sia barriques che tonneaux.

Le barriques hanno una capacità di 225 litri, e lo spessore delle doghe varia dai 25 ai 30 mm. Il rapporto di superficie di contatto tra il legno e il vino, è maggiore rispetto al tonneau. Il vino acquisisce più sentori di tostatura. L’ossigenazione è maggiore rispetto al tonneau.

Il nome tonneau deriva dal latino tunna, ovvero recipiente. Diffusi già in epoca romana, i tonneaux sono contenitori in legno che si pongono a metà strada tra le barriques e le botti:
hanno una capacità variabile tra i 300 e i 700 litri. Lo spessore delle doghe varia dai 35 ai 40 mm. I tonneau sono adatti a lunghi affinamenti, in quanto l’ossigenazione è più lenta, e la cessione di tannino più graduale.

Alla Tenuta del Buonamico Barriques e tonneaux vengono acquistati nuovi e utilizzati per tre passaggi. Infatti, come consigliano gli esperti, è meglio usare le barriques per al massimo 5-6 anni, visto che con il passare del tempo si nota un cambiamento nella cessione di composti aromatici. Nei primi 2 anni c’è un notevole rilascio di vaniglina, eugenolo e meti-ottalattoni, che danno origine a note speziate e vanigliate. Nei 3 anni seguenti la capacità di ossigenazione del vino all’interno della botte è buona, ma i composti aromatici scompaiono praticamente del tutto. Se una botte viene utilizzata oltre i 6 anni, sia l’ossigenazione che il rilascio di sostanze aromatiche vengono meno.

Utilizzare una barriques per tre passaggi significa mettere il vino a invecchiare al suo interno per tre volte: trasferire il vino in una barrique di primo passaggio non vuol dir altro che immettere il vino in una barrique nuova, mai utilizzata prima, che regalerà al vino i suoi aromi con maggiore vigore. In questi vini i sentori terziari saranno più pronunciati.

Una barrique di secondo passaggio è, invece, una botte già utilizzata in precedenza per una singola volta. Quella di terzo passaggio ha conosciuto il vino già per due volte prima di essere nuovamente riempita. Secondo e terzo passaggio danno vini dai sentori più delicati, dove i terziari si sposano in modo meno marcato con i profumi primari – quelli delle uve di provenienza – e con i secondari – quelli frutto della fermentazione alcolica.

A questo punto il processo si ferma: una barrique di terzo passaggio ha ormai esaurito il suo ciclo di vita. I sentori trasferiti al vino saranno sempre più tenui e meno percettibili, dato che le pareti in legno hanno ormai esaurito le sostanze aromatiche.

Per i vini rossi della Tenuta del Buonamico vengono utilizzati sia barriques che tonneaux. Le due riserve Cercatoja IGT Toscana e il Fortino IGT Toscana invecchiano per circa 18-20 mesi in barriques di primo, secondo e terzo passaggio. La stessa cosa vale per il sangiovese che rappresenta la base del Montecarlo Rosso Doc Etichetta Blu, che invece rimane in legno per circa 7-9 mesi. Ancora, 7 mesi di affinamento per Sangiovese e Syrah che vanno a formare il blend dello Spumante Inedito Particolare Brut Rosé Nature.

Per il Pinot Blanc che costituisce lo Spumante Inedito Particolare Brut Nature, e, soprattutto, il Pinot Blanc del Vasario IGT Toscana, la Tenuta del Buonamico preferisce utilizzare i Tonneaux, poiché in questi  l’ossigenazione è più lenta e l’impatto sul corredo aromatico e polifenolico del vino è meno evidente rispetto alle barriques.

Alla Tenuta del Buonamico, poi, ci sono anche tre botti grandi di rovere di Slavonia.

bottigiga72x800

In Italia, tradizionalmente si utilizza le botte grande perchè, specialmente in Toscana, si privilegiava un scambio più lento del vino con il legno e l’ambiente esterno per garantire un invecchiamento che fosse più rispettoso delle caratteristiche del vino e ne mantenesse la tipicità.

Per alcuni vini, come ad esempio Aglianico, Montepulciano e altri, si assiste ad un parziale ritorno alle tecniche tradizionali. I produttori e gli enologi tradizionalisti hanno sempre sostenuto la superiorità, almeno per i vini rossi, del rovere dei Balcani o di Slavonia. Questo proviene dal legno di Farnia, o Quercus Pedunculata, che conferisce più tannini ed è poco dotato di gamma-lattoni, cioè sostanze che danno aromi di vaniglia. In generale il legno di Farnia ha cessioni meno intense e più prolungate nel tempo. Nell’immediato sembrano lasciare il vino più amaro e meno ricco, ma durante l’affinamento in bottiglia pare che si evidenzino le qualità apportate al vino. Recentemente anche la rivista “Decanter” si è occupata di questo “ritorno alla tradizione”, evidenziando che “Gli ordini per le botti tradizionali sono in crescita in Italia e all’estero, mentre le importazioni di barriques sono in forte calo, secondo il bottaio Garbellotto (produttore di botti dal 1795). In accordo con il mutamento della domanda che chiede meno “legno” nel vino i produttori hanno cominciato a usare le barriques due o tre volte, mentre alcuni le abbandonano per tornare e alle botti tradizionali, grandi e di rovere di Slavonia”.

Infatti, in un recipiente piccolo il rapporto fra superficie delle pareti e volume del liquido è maggiore: se la botte ha una bassa capacità il vino verrà maggiormente in contatto con le pareti, quindi le trasformazioni saranno più marcate.

La scelta della Tenuta del Buonamico di invecchiare una parte delle sue riserve in queste botti deriva proprio dall’esigenza di conferire ai propri vini dei sentori meno marcati, per ottenere dei prodotti sempre più equilibrati e raffinati, la cui caratteristica comune è, sempre e comunque, la piacevolezza.

Venite a trovarci e visitate la nostra barriccaia, per un’esperienza di immersione nella vera tradizione toscana!

 
 

Buonamico Shop

Il gusto della Toscana a casa tua

}
Buonamico Soc. Agricola Srl - Sede Legale via Provinciale di Montecarlo, 43 55015 Montecarlo - Cod Fisc. E P. Iva 05585560963 - Registro delle imprese di Lucca 05585560963 Cap. Soc. 6.000.000,00 € Int. Vers.