Grande successo al Wine Hunter Awards

Nel 1992 nasce il Merano Wine Festival ad opera di Helmut Kocher, wine expert di fama mondiale che decide di organizzare un evento nel quale esaltare l’eleganza e l’eccellenza dei prodotti. In concomitanza con il Festival Kocher decide di diventare un Wine Hunter, cioè cacciatore di vini, sempre alla ricerca di prodotti di eccellenza.

Da quel momento viene invitato a degustazioni internazionali, che gli consentono di assaggiare vini da tutto il mondo, e di scoprire vini la cui qualità li rende unici nel tempo.

Ogni anno, insieme ad una commissione, il critico assaggia oltre 5000 etichette italiane e straniere, per assegnare The Wine Hunter Award, che mira alla ricerca, alla scoperta e alla condivisione di eccellenze che nascono come il connubio tra passato e futuro.

Il premio viene attribuito a prodotti vitivinicoli, culinari, distillati e birre che, dopo un’attenta valutazione, raggiungono un punteggio minimo di 90 punti su 100, al fine di garantirne la qualità superiore.

Ci sono tre fasce di punteggio:

The Wine Hunter Awards Rosso, tra 90 e 92,99 punti su 100

The Wine Hunter Award Gold, tra 93 e 95,99 punti su 100

The Wine Hunter Award Platinum 96 punti su 100.

Ogni vino viene valutato attribuendo un punteggio a intensità, complessità, eleganza, personalità, materia prima, tradizione e sostenibilità.

La Tenuta del Buonamico ha partecipato al Wine Hunter Awards inviando le sue riserve rosse, il Cercatoja IGT Toscana 2018, il Fortino IGT Toscana 2018 e lo Spumante Particolare Brut Rosé.

Il primo è la riserva più vecchia prodotta al Buonamico, prodotta per la prima volta nel 1975. Si tratta di un blend di Sangiovese (60%), Syrah (20%) e Cabernet Sauvignon (20%) che fermenta in acciaio per 3 settimane ed effettua la fermentazione malo lattica e l’affinamento in barriques di rovere francese per 18 mesi. Al naso si presenta intenso, con note di amarena, fichi, prugne, sottobosco, liquirizia e tè nero. Al palato è molto strutturato, elegante e profondo, con una trama tannica evidente ma piacevolmente arrotondata. E’ l’ideale in abbinamento a carni rosse alla griglia, come la tipica bistecca alla fiorentina, oppure arrosti di carni rosse, cacciagione e formaggi saporiti.

Il secondo è un Syrah in purezza che proviene interamente dalla vigna produttiva di Syrah più vecchia d’Italia. La fermentazione in acciaio inox è seguita da 18 mesi di affinamento in legno, per un vino intenso, ampio, con frutta rossa in primo piano, naso di sottobosco, more, note balsamiche e speziate. Al palato si presenta ampio, sapido, strutturato ed equilibrato, con tannini fitti e morbidi. Perfetto con carni rosse e carni bianche salsate o alla griglia, è ottimo anche come vino da meditazione, magari in abbinamento al cioccolato fondente.

Il terzo, fiore all’occhiello della produzione della Tenuta, nasce nel 2011 dalla volontà della famiglia Fontana di lanciarsi in una nuova avventura: produrre uno spumante Toscano d’eccellenza. Si parte con una produzione sperimentale di circa 2000 bottiglie, per arrivare oggi ad una produzione complessiva di 140000 bottiglie di bollicine, divise in 5 spumanti diversi. Il Particolare Brut Rosé è un blend di Sangiovese e Syrah, spumantizzato secondo un metodo Charmat della durata di 4 mesi. Di un bel color rosa tenue, al naso si presenta fragrante, fresco e fruttato, con sentori iniziali di rosa seguiti da amarena, lampone e fragola. Al palato è fresco, di facile beva, bilanciato e caratterizzato da un perlage estremamente fine ed elegante. Perfetto a tutto pasto, per un brindisi o una festa, sarà esaltato al massimo da salumi, sformati di verdure, pesce grasso e pesce arrosto.

Tutti e tre i vini sono stati premiati con un Red Wine Hunter Award, confermando ancora una volta il successo della Tenuta del Buonamico nel realizzare prodotti di eccellenza.

Buonamico: per un matrimonio da sogno

Nella mente di ogni coppia di sposi il giorno del matrimonio è un momento memorabile, da ricordarsi tutta la vita, nel quale ogni cosa deve essere perfetta…..

Al giorno di oggi cresce sempre più prepotentemente la voglia di contatto con la natura, intendendo con tale concetto il contatto con l’ambiente bucolico produttivo di prelibatezze, base imprescindibile del buon cibo e del buon bere, a loro volta elementi determinanti un ricevimento di nozze.

La Tenuta del Buonamico propone in questo senso un ambiente immerso nel verde delle colline di Montecarlo in provincia di lucca, con vista e stretta adiacenza ai filari delle viti coltivate per la produzione della sua vasta gamma di vini e spumanti, e con aree verdi nelle quali sarà possibile organizzare il Rito Civile.

All’interno della Tenuta vi è il Buonamico Wine Resort, che dispone di undici camere sobriamente arredate e affacciate sulle vigne che possono essere un luogo di soggiorno per gli sposi e/o i loro ospiti, con l’uso esclusivo della piscina.

Sopra il Resort, il Ristorante Syrah ha la possibilità di ospitare fino a 90 persone in inverno e 140 nella bella stagione, quando gli ospiti possono sedere sui divani della grande terrazza affacciata sui vigneti; lo Chef Stefano Chiappelli potrà soddisfare i palati più esigenti proponendo piatti della tradizione locale in chiave gourmet o anche piatti del tutto originali.

Esiste anche la possibilità di proseguire i festeggiamenti nel dopocena presso la sala Belvedere della cantina, dove a richiesta potrà essere organizzato intrattenimento di ogni genere: la struttura architettonica della sala, con la sua volta” a quarto di botte” offre un ambiente perfettamente accordato alla ragion d’essere della tenuta, che nasce storicamente nel 1964 come struttura dedicata alla produzione di vini di alta qualità, cui si sono aggiunti nel 2011 gli spumanti, fiore all’occhiello della Tenuta, che è stata pioniera in Toscana ad avviarne la produzione e che non potranno mancare nei brindisi degli sposi.

Una location da vedersi, assolutamente.

Successo al concorso Rosa Rosati Rosé

Il concorso Rosa Rosati Rosé nasce con l’intento di realizzare una guida dedicata ai vini rosa, che tanto stanno diventando popolari non solo in Italia, ma anche in tutto il resto del mondo, per la loro versatilità.

La guida contiene il risultato dell’assaggio di quasi 400 vini, che sono stati premiati con tre rose, quattro rose, Rosa d’Oro e la Gran Menzione. I giudici chiamati a degustare i vini sono stati 25, provenienti dalle varie regioni italiane, più quattro giudici internazionali, chiamati a valutare i vini utilizzando una scheda tecnica dove per la prima volta si è cercato di evidenziare la “piacevolezza”, sia al naso che al palato. All’interno della guida si sono evidenziati anche gli abbinamenti tra i vari vini rosati e numerosi piatti proposti da chef e cuochi stellati.

La Tenuta del Buonamico ha partecipato al Concorso Enologico con il suo Spumante Particolare Brut Rosé e con il rosato fermo DEA Rosa IGT Toscana 2022. Lo Spumante Particolare nasce nel 2011 con una produzione sperimentale di appena 2000 bottiglie, e nel corso degli anni il suo successo è diventato tale da far raggiungere alla Tenuta il traguardo di maggior produttore di bollicine della Toscana. Lo Spumante Particolare Rosé nasce da un blend di Sangiovese e Syrah, vinificato in bianco e spumantizzato secondo un metodo Charmat della durata di 4 mesi.  Al naso presenta un profumo fragrante, fresco e fruttato, con sentori iniziali di rosa seguiti da amarena, lampone e fragola. Al palato è fresco, fruttato, con un’ottima bevibilità data anche da un perlage molto fine, persistente ed elegante. Perfetto come aperitivo, o in abbinamento a sformati di verdure, pesce grasso e pesce arrosto con verdure.

Il DEA Rosa IGT Toscana è un blend di Sangiovese e Syrah, al quale per la prima volta quest’anno è stato aggiunto un 10% di Sauvignon Blanc. La fermentazione e l’affinamento avvengono in tini di acciaio inox a temperatura controllata. Il colore rosa tenue è caratterizzato da eleganti riflessi ramati che danno finezza al prodotto. Al naso è fruttato e intenso, con evidenti  note di ciliegia e marasca. Al palato si presenta piacevole e ampio, fresco e vivace, con equilibrio e grande espressione aromatica. Ottimo in abbinamento con salumi, antipasti di terra, zuppe di pesce, zuppe con fagioli e lenticchie.

Lo Spumante Particolare Brut Rosé si è aggiudicato al concorso Rosa Rosati Rosé il punteggio di 91/100, mentre il DEA Rosa ha ottenuto 94/100. Entrambi si sono quindi aggiudicati l’ambita Rosa d’Oro, confermando ancora una volta l’impegno della Tenuta del Buonamico nel realizzare prodotti di sempre maggiore qualità.

Le Festa della Donna

L’8 marzo è la giornata in cui si festeggia la donna. Ma da dove ha origine questa tradizione? Questa festa viene in genere collegata a due avvenimenti distinti. Il primo risale al marzo del 1911, anno nel quale un gruppo di operaie di una industria tessile di New York indisse uno sciopero per protestare contro le inique condizioni lavorative. Per fermare la protesta i proprietari dell’azienda pensarono di chiudere tutte le uscite della fabbrica. Malauguratamente scoppiò un incendio che uccise 134 donne, molte delle quali immigrate che si erano trasferite in America per cercare di migliorare la propria condizione di vita.

Il secondo evento, invece, è legato alla Prima Guerra Mondiale, durante la quale in Russia nel mese di febbraio si ebbe una rivoluzione: non solo gli uomini, ma anche molte donne operaie scesero in strada per protestare contro lo zar, ed è per questo motivo che questa data viene ricordata come fondamentale per l’emancipazione del genere femminile. Il vero evento che ha dato origine alla Giornata Internazionale della Donna, però, risale al 1909, quando il partito Socialista americano, a seguito di molti movimenti organizzati per reclamare maggiori diritti, ed in particolare quello al voto, lanciò l’idea di una giornata dedicata all’importanza delle donne nella società. Questa giornata, che fu festeggiata il 23 febbraio, venne ripresa dall’attivista Clara Zetkin nel 1910 durante la seconda conferenza Internazionale delle donne socialiste a Copenhagen. A partire da questo avvenimento ogni Paese iniziò a scegliere una data da dedicare alla donna, fino a che nel 1921 si scelse una data unificata, e la scelta cadde sull’8 marzo, in riferimento alla rivoluzione russa.

L’8 marzo 1946 comparve per la prima volta l’usanza tutta italiana di regalare una mimosa per la festa della donna, non solo perché è una pianta che si trova facilmente in questo periodo, ma anche perché fu scelta da tre membri dell’unione Donne Italiane, Rita Montagnana (moglie di Palmiro Togliatti), Teresa Noce e Teresa Montagnana, come fiore simbolo da regalare alle donne. Era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette, poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente. Durante il fascismo pare che si fosse diffusa la tradizione di portare un grosso mazzo di mimosa nelle fabbriche, da cui era possibile prelevare un piccolo rametto da regalare ad una collega e amica di lavoro, per rappresentare la vicinanza e la solidarietà tra le donne che lottavano insieme per ottenere diritti. Simbolicamente, il fiore della mimosa è composto da tanti pallini, numerose singolarità che compongono un collettivo.

Quale miglior dolce, quindi, per omaggiare una donna, della Torta Mimosa? Questo dolce fu ideato nel 1962 da Adelmo Renzi, cuoco originario di San Filippo di Contigliano e titolare di un ristorante a Rieti, che inventò questa torta e la presentò durante un concorso di pasticceria tenutosi a Sanremo, per omaggiare la città dei fiori. Il nome della torta è legato al suo aspetto, formato da pezzetti di pan di spagna disposti sulla torta a ricordare la forma del fiore della mimosa. Infatti  la preparazione richiede di tagliare una fetta di pan di spagna e di togliere la parte interna, anche bagnato con un liquore dolce come il marsala o il maraschino, e di ridurla in briciole da disporre sulla superficie della torta. Secondo altre versioni il pan di spagna si può bagnare anche col succo d’ananas. La torta va farcita con crema pasticcera, con aggiunta di panna o confettura.

La Tenuta del Buonamico propone uno Spumante Moscato dolce, perfetto in abbinamento con questo tipo di torta, e che potrà essere il complemento ideale per festeggiare tra amiche o per omaggiare la vostra signora.

Il Particolare Dolce è uno spumante ottenuto da mosto messo a fermentare direttamente in autoclave, dove, grazie a lieviti selezionati, si ha un’ottimale presa di spuma. Trascorsi i 120 giorni necessari alla fermentazione si ha la quasi immediata filtrazione, così da preservarne la naturale freschezza. L’imbottigliamento viene preceduto da alcune settimane di affinamento in autoclave, e seguito da un ulteriore piccolo affinamento in bottiglia. Dal colore giallo paglierino con bei riflessi verdognoli, al naso si presenta intenso e persistente, con sentori di uva moscato, salvia, miele, fiori d’arancio, frutta esotica e noce moscata. Al palato è fresco, morbido, floreale, dal sapore intenso, piacevole, con lunga persistenza gusto-olfattiva e un perlage fine ed elegante.

Da provare, servito alla temperatura ottimale di 8-10°, in accompagnamento con dolci a pasta lievitata burrosi e aromatici, come il panettone milanese, la colomba pasquale e il pandoro di Verona, oppure con dolci a base di pan di spagna o semifreddi con frutta a polpa bianca, con panna e uva sultanina, zabaione, panna cotta, tiramisù, biscotti di mosto con uvetta. Da provare anche con formaggi a grana dura, per un accostamento inusuale.

Servitelo a fine pasto con la torta mimosa e farete un figurone. E ricordate che le donne non vanno festeggiate soltanto l’8 marzo, ma ogni giorno dell’anno!

L’Epifania e il Moscato

Domani è il giorno dell’Epifania, che in occidente si festeggia tradizionalmente il 6 gennaio. La parola Epifania deriva dal greco, e significa “manifestazione della divinità”. Esistono due leggende legate all’origine di questa celebrazione. La prima ha carattere religioso, e ricorda il momento in cui i tre Re Magi Melchiorre, Baldassarre e Gaspare si recarono a Betlemme seguendo la scia della cometa, per omaggiare il bambino Gesù recando oro, incenso e mirra. L’interpretazione pagana, invece, fa risalire l’origine di questa festa alla dodicesima notte dopo il solstizio d’inverno, durante la quale la Madre Terra si manifestava sotto le spoglie di una vecchia strega raggrinzita, a simboleggiare la natura, ormai rinsecchita, ma pronta ad essere bruciata e a rinascere dalle proprie ceneri. La tradizione voleva che Madre Natura, prima di essere arsa, donasse ai contadini le sementi che questi avrebbero piantato la successiva primavera. Questo rito celtico fu assimilato dai Romani, i quali vedevano la dea Diana, signora della luna e della vegetazione, volare sui campi per propiziare il raccolto

La figura della Befana, invece, non è diffusa al di fuori dell’Italia, ma si richiamerebbe alla figura celtica di Perchta, assimilabile alle figure di Frigg in Scandinavia, Holda in nord Europa e Bertha in Gran Bretagna, e sarebbe la personificazione femminile dell’inverno.

 Nel nostro paese esiste la leggenda di una anziana signora alla quale i Re Magi avrebbero chiesto indicazioni per raggiungere Betlemme. Una volta indicata loro la strada, l’anziana venne invitata ad unirsi ai magi per fare visita al figlio di Dio, ma questa rifiutò. Poco dopo, pentitasi, preparò un cesto di dolci e si mise a cercare i Magi. Cominciò a bussare di casa in casa regalando i dolci ai bambini, nella speranza che tra loro ci fosse il bambino Gesù. Da allora ogni anno vola sulla sua scopa, vestita di stracci, e passando dai camini porta dolci ai bambini buoni e carbone a quelli cattivi. La scopa è il simbolo della pulizia dalle cose vecchie, e di purificazione dell’anima.

In tutta Italia per l’Epifania si cucinano piatti della tradizione, sia dolci che salati, come ad esempio le pettole pugliesi, piccole nuvole di pasta lievitata e fritta servite come dolce (se zuccherate) o come antipasto, oppure la gianca, lasagna bianca genovese, o ancora il cappone, sempre in Liguria, il lo spezzatino, con i suoi succulenti bocconcini di carne infarinati e cotti insieme a pancetta, erbe aromatiche e cacao, il tutto sfumato col cognac.

In Toscana, e in particolare in Lucchesia e Versila non possono mancare i Befanini o Befanotti,  biscotti che vengono preparati il 5 gennaio e servono a riempire canestri da disporre sul camino al posto della classica calza. La ricetta prevede farina, zucchero, burro, uova, lievito, latte, scorza d’arancia, un pizzico di sale e un bicchierino di rum.  Di solito di realizzano con forme svariate, soprattutto natalizie, e si decorano con confettini colorati.

La Tenuta del Buonamico propone, in abbinamento ai befanotti, il suo Spumante Dolce Moscato, che non potrà che deliziarvi con la sua freschezza.

La spumantizzazione dell Spumante Dolce Moscato si effettua in autoclave direttamente dal mosto ad una temperatura costantemente controllata dove, grazie a lieviti selezionati, si ha un’ottimale presa di spuma. Trascorsi i 120 giorni della spumantizzazione si ha la quasi immediata filtrazione, in modo da preservare la naturale freschezza. L’imbottigliamento è preceduto da alcune settimane di affinamento in autoclave, e seguito da un altro piccolo affinamento in bottiglia.

Al naso si presenta intenso e persistente, con sentori di uva moscato, salvia, miele, fiori d’arancio, frutta esotica e noce moscata. Al palato è fresco, morbido, floreale, con una lunga persistenza gusto-olfattiva e un perlage fine ed elegante.

Da provare con dolci a pasta lievitata burrosi e aromatici come il pandoro e il panettone e le colombe pasquali. E’ ottimo anche con dolci a base di pan di spagna o semifreddi con frutta a polpa bianca/gialla, con panna e uva sultanina, zabaione, panna cotta, tiramisù e pasticceria secca. Potete anche servirlo con un tagliere di formaggi, per un abbinamento originale e di grande effetto.

Provate lo Spumante Dolce Moscato con i Befanini e ne resterete piacevolmente sorpresi.

Potete trovare la ricetta dei Befanini al link qui sotto:

https://ricette.giallozafferano.it/Befanini.html

L’olio nuovo

Finalmente la settimana scorsa la Tenuta del Buonamico ha lanciato l’annata nuova del suo Olio Extra Vergine d’Oliva.  Un olio nuovo è sempre consigliabile, perché ha un sapore più intenso e pizzicante di un olio vecchio, che ha poco corpo e poco sapore, e in genere presenta un colore più trasparente.

A questo proposito vorremmo rispondere ad una domanda che molti si pongono: “ Come riconoscere un buon extra-vergine?”.

Innanzitutto la prima attenzione deve andare al packaging. Tenuto conto del fatto che la luce del sole danneggia molto la qualità dell’olio perché favorisce il processo di ossidazione, che altera il gusto dell’olio, utilizzare una bottiglia di vetro trasparente è totalmente controproducente ed è un puro escamotage di marketing: si punta infatti a far vedere il colore dell’olio stesso (che peraltro non rappresenta nemmeno un indicatore di qualità) piuttosto che preservare il prodotto, e quindi è preferibile scartare questa soluzione. Saranno da privilegiare, invece, recipienti di acciaio inox o bottiglie di vetro scuro a chiusura ermetica e possibilmente con tappo anti-rabbocco. Ultimamente si stanno anche diffondendo i contenitori bag-in-box, e anche questi sono perfettamente adatti alla conservazione. Da non dimenticare, però, che è essenziale conservare l’olio in un luogo asciutto e buio, come ad esempio una credenza.

Il secondo fattore da tenere in considerazione è l’etichetta, perché ci può dare delle indicazioni preziose. Innanzitutto ci deve essere la denominazione “Olio Extra Vergine di oliva”.

  1. Esistono infatti diversi livelli qualitativi.
  2. Olio di oliva vergine
    1. Olio di oliva extra vergine
    1. Olio di oliva vergine
    1. Olio di oliva lampante
  3. Olio di oliva raffinato
  4. Olio di oliva composto da oli di oliva vergini
  5. Olio di oliva di sansa greggio
  6. Olio di oliva di sansa raffinato
  7. Olio di sansa di oliva

L’attributo “vergine” indica come il processo estrattivo dell’olio extravergine sia basato su metodi meccanici e fisici, senza l’ausilio di solventi o prodotti chimici. Questi ultimi trovano largo impiego nella produzione di oli di semi e negli oli di oliva. Inoltre, nella fasi di trasformazione dell’olio evo non vengono aggiunti e miscelati oli di nessun altra natura. La Comunità Europea classifica l’olio di oliva in base a tre elementi: il tipo di estrazione con cui l’olio è stato ottenuto, la sua composizione, tra cui la percentuale di acidità libera (un parametro misurato tramite l’analisi chimica) e l’analisi organolettica. Più è bassa l’acidità libera (ovvero la percentuale di acido oleico, acido grasso presente nei trigliceridi) e maggiore è la qualità dell’olio. Per essere extra-vergine, un olio deve avere un’acidità inferiore allo 0,8%, ovvero 0,8 grammi di acido oleico per litro. Oltre questa soglia la presenza di acido oleico comporta una serie di modificazioni dell’olio che ne peggiorano la qualità.

L’olio d’oliva, invece, è ottenuto dalla raffinazione dell’ extra-vergine, quindi con l’utilizzo di solventi o con coadiuvanti ad azione chimica o biochimica, oppure dalla miscela di oli di oliva vergini e oli di oliva raffinati. Per conseguenza la sua qualità è nettamente inferiore.

L’olio di sansa di oliva, infine, si ottiene dai residui solidi della spremitura delle olive, in particolare dalle bucce, dalla polpa e dai noccioli, detti sanse, in cui è contenuto ancora un certo quantitativo di olio, variabile a seconda del metodo estrattivo. Quest’olio viene estratto con un solvente, normalmente esano, con la stessa tecnologia applicata per la produzione degli oli di semi. Il solvente viene poi separato dall’olio per distillazione. La qualità è quindi nettamente inferiore.

Nell’etichetta, inoltre, bisogna controllare l’informazione sulla categoria dell’olio (deve contenere la dicitura “Olio d’oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e con procedimenti meccanici”).

Inoltre l’etichetta deve contenere informazioni circa l’origine delle olive: ci deve essere scritto “Olio extra-vergine di oliva ottenuto in Italia da olive raccolte in Italia”.

A volte sull’etichetta ci possono essere scritti altri elementi che danno indicazioni di qualità, ad esempio la tipologia dell’olio, cioè monovarietale o multi varietale. Il primo si ottiene da una sola varietà di olive, mentre il secondo è una miscela di varietà differenti.

Ovviamente un altro dei parametri che va tenuto d’occhio è il prezzo al litro. Un prezzo troppo basso è sempre sinonimo di scarsa qualità.

Infine, è importantissima l’analisi sensoriale. Non occorre essere degli esperti per capire se un olio ha una buona qualità. Innanzitutto al naso deve avere sentori vegetali, di erba appena tagliata, di oliva, fresco. Al palato deve avere note più o meno accentuate di piccante e di amaro. Infine deve lasciare la bocca pulita e asciutta, e non la sensazione di pastoso e di unto.

Il Buonamico offre l’annata nuova del suo Olio Extra vergine di oliva Oro di Re, venduto nei formati latta da 5 litri, bottiglia da 0,750 Lt, da 0,500 Lt e da 0,250 Lt, e dell’Olio Extra vergine Oro di Re Biologico, in bottiglia da 0,500 Lt.

Un olio biologico viene necessariamente da agricoltura biologica, cioè tramite il solo utilizzo di sostanze naturali, in particolare salvaguardando il terreno ed evitando fertilizzanti chimici, pesticidi e diserbanti.

L’olio Oro di Re ha un colore verde intenso con riflessi giallo oro. Al naso si presenta fruttato, delicato, con sentori di carciofo, e al gusto ci sono note fruttate e di oliva matura tendente al dolce. Il Biologico, invece, ha un colore più dorato. Delicato al naso, presenta sentori di mandorla e carciofo. Al palato si notano sentori fruttati, di mela verde e con note leggermente amare sul finale.

Entrambi sono adatti a tutti gli usi di cucina e come condimento a crudo, poiché sono molto bilanciati e non rischiano di coprire i sentori del cibo, ma allo stesso tempo sono intensi e adatti ad esaltarne le caratteristiche organolettiche.

Per meglio apprezzarne la differenza vi consigliamo di assaggiarli su una fetta di pane casalingo di Altopascio, senza sale. Questa è la tradizionale “fettunta” toscana, uno dei piatti più semplici ma allo stesso tempo saporiti della nostra cucina locale. Provare per credere!

Il giorno del Ringraziamento, il tacchino e il Vasario

In America una delle feste più importanti dell’anno, insieme al Natale e al 4 Luglio, è il giorno del Ringraziamento, che cade ogni quarto giovedì di novembre, e quindi quest’anno sarà il 24 novembre.

La festa ha origine dal momento in cui i Padri Pellegrini, all’inizio del diciassettesimo secolo, furono perseguitati per aver deciso di aderire al cristianesimo calvinista, e decisero di abbandonare il vecchio mondo per trasferirsi in America del Nord: nel 1620 102 pionieri si imbarcarono sulla Mayflower e arrivarono sulle coste americane dopo un lungo viaggio attraverso l’Oceano Atlantico. Quando però attraccarono, si trovarono di fronte a un territorio selvatico e inospitale, abitato soltanto dai nativi americani. Avendo portato dei semi dalla madrepatria decisero di piantarli, ma a causa del clima e del terreno diverso la semina non produsse i frutti necessari al sostentamento, e quindi circa la metà della popolazione non sopravvisse al rigido inverno. La situazione stava per ripetersi anche l’anno successivo, ma i nativi americani indicarono ai nuovi arrivati quali prodotti coltivare, nella fattispecie il grano, e quali animali allevare, cioè i tacchini.

Fu così che i pellegrini indissero per la prima volta nel 1621 un giorno di ringraziamento a Dio per celebrare l’abbondanza del primo raccolto. I coloni invitarono alla festa anche i nativi americani, per ringraziarli per averli aiutati a gettare le basi di un futuro prospero e ricco di ambiziosi traguardi.

Nel 1623, poi, si hanno testimonianze più definite di questa giornata, quando il governatore della colonia di Plymouth, William Bradford, emise un decreto che invitava i pellegrini e le loro famiglie a riunirsi alla casa delle Assemblee sulla cima della collina per ringraziare Dio per l’abbondanza del raccolto.

Nel 1678 anche il governatore della contea di Charleston, in Massachussets, decise di indire un giorno di ringraziamento per la buona sorte di cui godeva la comunità. Nei secoli successivi la tradizione del Thanksgiving si estese a tutto il Paese, ma fu soltanto nel 1777 che per la prima volta venne festeggiato dalle tredici colonie contemporaneamente, poiché si colse l’occasione per celebrare la vittoria contro gli inglesi a Saratoga nella guerra di Indipendenza. L’anno successivo fu il presidente George Washington a ufficializzare la data, proclamando una giornata nazionale di ringraziamento.

Alla metà del XIX secolo il Ringraziamento si diffuse nella maggior parte del territorio americano e fu osservato da tutti gli strati sociali.

Nel menù del primo ringraziamento ci furono pietanze che divennero tradizionali per celebrare questa festa, ad esempio cervo, ostriche, molluschi, pesci frutta secca, noccioline e caramelle, ma soprattutto zucca e tacchino.

La tradizione vuole che la cena venga sempre organizzata a casa, con familiari e amici.

Il tacchino viene cucinato da ogni famiglia secondo la propria ricetta “segreta” e viene accompagnato da salsa gravy, puré di patate, patate dolci, salsa di mirtilli, verdure e torta di zucca.

I tacchini legano le loro origini al popolo degli Aztechi che li offrirono in dono ai conquistadores spagnoli, i quali li importarono in Europa. Furono proprio i padri pellegrini che li importarono nuovamente prima in Massachussets e da lì nel resto dell’America.

Il necessario complemento ad un buon tacchino arrosto è il giusto vino, che dovrà essere, ad esempio, un buona bianco strutturato, ideale con carni bianche salsate e con sughi leggeri.

La Tenuta del Buonamico propone un vino che sarà ottimo in abbinamento al tacchino ripieno per il giorno del ringraziamento, ma anche per un Natale “internazionale”: il Vasario IGT Toscana.

Si tratta di un pinot blanc in purezza che effettua una fermentazione e un affinamento in barriques di rovere francese con permanenza sulle fecce leggere movimentate con la tecnica del batonnage per un totale di 8 mesi.

Di un bel colore giallo paglierino con riflessi dorati, al naso si presenta intenso, complesso, con sentori floreali e di frutta a pasta gialla piacevolmente fusi a note vanigliate e di frutta tropicale.

Al palato è ampio e ben strutturato, molto equilibrato con un finale morbido e persistente, ed è perfetto con salse leggere, pesci al forno e al cartoccio. Sarà l’ideale con il vostro tacchino arrosto, ne esalterà i sapori e vi garantirà un assoluto successo con amici e famiglia!

Vini del Buonamico da gustare con i funghi

Questo mese la Tenuta del Buonamico ha scelto per voi il suo bianco di punta, il Vasario IGT Toscana, e un rosso più beverino, il Montecarlo Rosso DOC Etichetta blu, per suggerire degli abbinamenti con piatti tipici autunnali.

Il Vasario è un Pinot Bianco in purezza, che al 30% viene messo in legno, dove effettua la fermentazione malo lattica, cioè la trasformazione dell’acido malico, responsabile dell’asprezza della frutta (ad esempio molto evidente nelle mele verdi) in acido lattico, grazie ai lattobatteri oenoccoccus oeni e lactococcus lacti;

L’acido malico viene percepito come più delicato e meno acre. Affinchè avvenga la fermentazione malo lattica è necessario avere le seguenti condizioni:

  • pH del vino non eccessivamente basso, quindi vini non eccessivamente acidi;
  • bassa concentrazione di anidride solforosa;
  • alcol etilico inferiore a 15%;
  • temperatura tra i 18°  e i 20°

Il passaggio in legno conferisce al Pinot bianco sentori vanigliati, di burro, crema e miele, che si vanno ad unire a quelli tipici di mela, pera, mango, albicocca, ananas e mela cotogna, e rendono il Vasario un vino molto intenso e complesso, senza però coprire l’eleganza fruttata del Pinot Bianco.  Al palato si presenta ampio e ben strutturato, molto equilibrato e con un finale morbido e persistente. Perfetto in abbinamento con crostacei con salse leggere, pesci  grassi al forno e al cartoccio e carne bianca con sughi leggeri, vi sorprenderà in abbinamento ai funghi, che in questa stagione diventano uno dei principali piatti sulle tavole degli italiani.

Esistono moltissime varietà di funghi,  tutti accomunati dall’aromaticità più o meno intensa, dal sapore amarognolo ma delicato e dalla discreta persistenza gustativa. Per questo i funghi richiedono vini bianchi di media o importante struttura, oppure anche vini rossi giovani e non troppo tannici.

I funghi trifolati, in particolare, ossia cucinati con olio extra-vergine d’oliva, aglio e prezzemolo, caratterizzati da succosità, aromaticità e oleosità, richiedono un vino bianco secco, strutturato ed intenso, con aromi sia fruttati che speziati, e quindi il Vasario, per le sue caratteristiche, si presenta come l’ideale.

I funghi alla griglia, invece, ad esempio le teste dei porcini o delle mazze da tamburi, sono aromatici e decisi, con una leggerissima succulenza, e richiedono un vino rosso giovane ma di corpo, fruttato e leggermente tannico. Per questo la Tenuta del Buonamico vi propone il suo Montecarlo Rosso  Etichetta Blu,  la tipica DOC montecarlese. Qui una parte dei mosti è fermentata a temperature basse per conservare maggiormente gli aromi varietali, mentre una parte passa in barriques per 7 mesi, effettuando anche in questo caso la fermentazione malo lattica. Al naso si presenta netto, con note intense di frutta scura e di fiori, cacao, vaniglia e spezie. Di buona struttura, al palato ha un ingresso vellutato, ampio, denso e con una trama tannica piacevolmente arrotondata, equilibrato e con persistenza gustativa.

Oltre che con minestre e zuppe saporite, carni bianche in umidi aromatici, carni rosse grigliate, anguilla, baccalà, zuppe di pesce aromatiche e formaggi di media stagionatura, questo vino rosso vi sorprenderà non solo in abbinamento ai funghi alla griglia, ma anche con un risotto ai funghi o ad una polenta con i funghi.

Questa è anche stagione di un pregiato fungo ipogeo, cioè sotterraneo, il tartufo. Questo è costituito da una massa carnosa, la gleba, rivestita da una corteccia esterna, il peridio. Esistono due varietà diverse di tartufo, quello bianco, detto anche d’Alba, il più pregiato e profumato, e il tartufo nero, di forma tondeggiante, gibboso e lobato.

Il tartufo in Toscana nasce principalmente in 6 zone tra le provincie di Pisa, Siena, Arezzo e Grosseto,  e cresce in simbiosi con querce, salici, tigli, pioppi, noccioli, pini.

Le varietà che crescono i abbondanza da giugno a novembre sono il tartufo scorzone, con la scorza esterna particolarmente ruvida e rugosa, e il tartufo uncinato, ideale sia a crudo che con piatti dalla lunga cottura.  A san Miniato, in particolare, per tre week end consecutivi nel mese di Novembre viene organizzata una delle fiere-mercato più rinomate, e il paese è conosciuto come “città del tartufo”, in quanto riesce a rifornire tutta l’italia.

Uno dei piatti più semplici che esaltano il gusto del tartufo è il semplice uovo al tegame, ma ci si può sbizzarrire tra tagliolini al tartufo bianco, carpaccio al tartufo bianco delle colline sanminiatesi, risotto e scaloppine sempre al tartufo bianco.

Da un punto di vista dell’abbinamento al vino bisogna pensare che il tartufo va considerato un profumo più che un alimento, pertanto il vino va scelto in base alla preparazione. Quindi, a seconda del piatto, si può passare da un vino bianco strutturato ad un vino rosso di buona struttura.

Anche in questo caso il Vasario IGT Toscana e il Montecarlo rosso DOC Etichetta blu saranno l’ideale in abbinamento con piatti a base di tartufo, che risulteranno esaltati da questi due vini di pregio ed estremamente piacevoli.

Halloween e i vini della Tenuta

Il 31 ottobre, come tutti sanno, si festeggia Halloween, una festa molto sentita, in particolare nei Paesi anglosassoni, ma che negli ultimi anni ha preso piede anche qui in Italia. Si tratta di una ricorrenza di origine celtica, che ha assunto forme “macabre” negli Stati Uniti a partire dal ventesimo secolo.

Halloween viene collegata alla festa celtica di Samhain: infatti secondo il calendario celtico in uso 2000 anni fa in Inghilterra, in Irlanda e nella Francia del nord l’anno nuovo cominciava il 31 di ottobre, e rappresentava un momento per radunarsi e festeggiare. Nell’840, sotto Papa Gregorio IV, la chiesa cattolica istituì la festa di Ognissanti per il 1 novembre, e quindi il termine “Halloween”, dallo scozzese All Hallows’ Eve, significherebbe “Notte di tutti gli spiriti sacri”, cioè vigilia di Ognissanti.

C’è chi però fa risalire l’origine del nome al racconto di Jack o’Lantern, il quale fu condannato dal diavolo a vagare per il mondo, illuminato solo dalla luce di una zucca scavata, contenente una candela. In Inglese il termine “scavare” si dice “to hollow”, e l’atto di scavare è “hollowing”. Da questo sembrerebbe derivare il termine Halloween.

Dopo che il protestantesimo interrusse la tradizione di Ognissanti, la festa di Halloween assunse sempre di più una connotazione laica. A causa dell’immigrazione irlandese presto questa tradizione si diffuse anche negli Stati Uniti, dove diventò una delle feste più importanti di tutto l’anno.

E’ tradizione che ad Halloween i bambini vadano mascherati di casa in casa per chiedere dolciumi e caramelle, con la domanda “dolcetto o scherzetto?”. Sembra che questo sia un richiamo alla tradizione medievale dell’elemosina: ad Ognissanti la gente povera, mascherata, andava di porta in porta chiedendo cibo in cambio di preghiere per i defunti.

Senza dubbio uno dei simboli più importanti di Halloween è la zucca intagliata. L’uso di scavare le zucche con espressioni spaventose risale alla tradizione Irlandese e Scozzese di intagliare rape per farne lanterne con cui ricordare le anime del Purgatorio. Gli immigrati negli Stati Uniti iniziarono ad usare zucche perché erano disponibili in grande quantità ed essendo più grandi semplificavano il lavoro di intaglio.

Inoltre la zucca intagliata fu collegata anche alla leggenda precedentemente nominata di Jack o’ Lantern: Jack era un ubriacone, che una sera incontrò il diavolo in un pub. Essendo in stato di ebbrezza la sua anima era quasi totalmente del demonio, ma Jack chiese al diavolo di trasformarsi in una moneta per permettergli di pagarsi l’ultima bevuta. In cambio la sua anima sarebbe appartenuta all’Inferno. Però, una volta che il diavolo si fu mutato, Jack lo mise nel suo borsello, dove c’era una croce d’argento, che impedì al demonio di ritrasformarsi. Per farsi liberare il diavolo gli promise che la sua anima sarebbe stata libera per altri dieci anni. Allo scadere del tempo, però, il diavolo si ripresentò e jack lo trasse in inganno un’altra volta, imprigionandolo su un albero, sul cui tronco aveva inciso una croce. Questa volta, per farsi liberare, Satana promise di risparmiare la dannazione eterna a Jack. Questo, però, aveva commesso così tanti peccati che, quando morì, fu rifiutato dal Paradiso. Fu così costretto a vagare per l’eternità, illuminato dalla luce di una candela posizionata all’interno di una zucca.

Le zucche, oltre ad essere intagliate, costituiscono anche parte integrante di un tipico menù di Halloween. Sulle tavole di moltissime famiglie, la notte del 31 ottobre, magari prima che i bambini escano a fare “dolcetto o scherzetto”, abbondano piatti realizzati con la zucca.

La zucca è un ortaggio versatile, con molte vitamine e poche calorie, perfetto per stare in forma anche d’inverno.

Con le sue diverse varietà, dalla Marina di Chioggia alla lunga di Napoli, da quella mantovana a quella lunga di Albenga si presta a tantissime ricette diverse.

Ma quali vini si possono abbinare ad un menù a base di questo ortaggio tipicamente autunnale?

La semplice polpa di zucca cotta ha una tendenza dolce molto marcata, che può essere ben equilibrata da spumanti Brut.

La Tenuta del Buonamico propone, nel suo bouquet di vini, lo Spumante Particolare Brut. Si tratta di un blend di Trebbiano, Semillon e Pinot Blanc, che viene realizzato secondo il metodo Charmat, cioè con l’aggiunta di lieviti selezionati direttamente in autoclave ad una temperatura costantemente controllata. Qui, con una fermentazione di circa 120 giorni, si ha un’ottimale presa di spuma, seguita da una quasi immediata filtrazione, per preservare la naturale freschezza. Dopo alcune settimane di affinamento in autoclave si procede all’imbottigliamento, seguito da un affinamento in bottiglia per 4 mesi. Di un bel colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, al naso si presenta floreale. Il sentore di fiori lascia presto spazio ad aromi di frutta a bacca bianca e, sul finale, pane tostato. Al palato è complesso, con una spiccata acidità che si contrappone ad un equilibrato tenore zuccherino. Il perlage fine ed elegante lo rende bevibile e perfetto per ogni occasione.

Uno spumante come questo è perfetto per accompagnare piatti in cui la zucca è presente “in purezza”, come la vellutata, la zucca al forno o gli gnocchi di zucca conditi con burro e salvia. Provatelo anche con i filetti di sarda ripieni di zucca, cosparsi con un po’ di pangrattato e cotti in forno, e sarete piacevolmente sorpresi!

Se però alla vellutata si aggiunge una nota acida, con del formaggio caprino o con il frutto della passione, la dolcezza della zucca viene mitigata, e quindi ci possiamo permettere un vino bianco aromatico.

Alla Tenuta del Buonamico vi proponiamo il M.I.O Viognier IGT Toscana: si tratta di un Viognier in purezza. Originario della Valle del Rodano, in Francia, è un vitigno dalla produttività limitata, per cui è più facile trovarlo in blend con altri uvaggi. Averlo in purezza, invece, ci consente di sfruttarne al meglio le caratteristiche organolettiche, e affinarlo in acciaio inox ci permette di mantenerne inalterati gli aromi. Al naso è intenso, fresco, floreale, con una grande nota di frutta, agrumi, pesca, albicocca e frutta tropicale, come banana e ananas. Al palato è fresco, vivace e piacevolmente amarognolo sul finale, ed è dotato di una vivace mineralità.

Perfetto con piatti speziati, carni bianche o crudité di pesce, vi stupirà anche con un risotto alla zucca tipico di Halloween, o con le polpette alla zucca, fritte o cotte in forno.

Con i piatti più complessi, come la zucca marinata, o i tortelli alla zucca con parmigiano e mostarda, abbinamento deve prediligere un vino bianco speziato e aromatico.

Noi del Buonamico vi proponiamo il nostro Vasario IGT Toscana, un Pinot Bianco in purezza che fermenta e affina al 30% in tonneaux di rovere francese per circa 8 mesi. Questo unisce all’eleganza tipica del Pinot Binaco una serie di aromi terziari, facilmente percepibili. Al naso è intenso, complesso, con sentori floreali e frutta a pasta gialla, fusi a note vanigliate e di frutta tropicale. Al palato risulta ampio e ben strutturato, equilibrato e con un finale morbido e persistente. Provatelo con i crostacei con salse leggere, pesci al forno ed al cartoccio, carni bianche con sughi leggeri e formaggi semistagionati. Gustatelo anche con la zucca saltata al rosmarino o al petto d’anatra e zucca, per un abbinamento che vi lascerà senza fiato.

La zucca, però, è perfetta anche per realizzare dolci, ed in particolare la crostata di zucca, la Pumpkin Pie, i muffin alla zucca, il rotolo di zucca e cioccolato.

Per questi dessert la Tenuta del Buonamico vi propone il suo Spumante Particolare Dolce, realizzato con uve Moscato al 100%. Anche in questo caso la spumantizzazione avviene secondo il metodo Charmat: la spumantizzazione si effettua direttamente dal mosto in autoclave ad una temperatura costantemente controllata. Trascorsa la fermentazione, che dura circa 120 giorni, si ha una quasi immediata filtrazione, seguita da alcune settimane di affinamento in autoglave. L’imbottigliamento, a sua volta, viene seguito da un piccolo affinamento in bottiglia.

Al profumo presenta sentori di pesca, frutta esotica, noce moscata, canditi e uva, arricchiti da note di salvia, miele e fiori d’arancio.. Di buona freschezza, al palato è morbido, floreale, intenso, piacevole, con lunga persistenza gusto-olfattiva ed un perlage fine ed elegante. Essendo perfetto non solo con dolci a pasta lievitata o a base di pan di spagna, ma anche con la pasticceria secca, ve lo consigliamo con i biscotti alla zucca o i frollini zucca e cacao, che saranno ottimi anche per il classico “dolcetto o scherzetto”.

Quindi, godetevi una festa di Halloween, senza dimenticare di stappare una buona bottiglia di vino Buonamico, e vedrete che il party sarà ancora più bello!

Lucca Film Festival e la Tenuta del Buonamico

Anche quest’anno si è conclusa la manifestazione Lucca Film Festival, che quest’anno è giunta alla sua diciottesima edizione, e si è tenuta dal 23 settembre al 2 ottobre. Durante la manifestazione vengono presentati cortometraggi e lungometraggi, vengono premiati registi, attori e film, nonchè si ha la realizzazione di mostre dedicate al mondo del cinema. Quest’anno le tre mostre principali sono state “Good Morning Taviani” di Marcello Scarselli, “The seventies” di Bill Viola e “Mystified” di Luca Bellandi”. Tra gli ospiti internazionali e nazionali Gaspar Noé, Giuseppe Tornatore, Paolo e Lina Taviani, Peter Greenaway e Saskia Boddeke, Paolo Virzì e Luca Miniero. Un’evento che culmina con la serata “Lucca Effetto Cinema”, durante la quale vengono coinvolte decine di compagnie di teatro e di danza, ognuna delle quali produce una performance in omaggio ad un film in abbinamento ad un locale pubblico del centro storico.

La Tenuta del Buonamico, sempre attenta alle manifestazioni culturali ed in particolare a quelle che promuovono il territorio, e la città di Lucca in particolare, non poteva non presentarsi come sponsor. Qui di seguito alcune foto che ritraggono il Sig. Eugenio Fontana, titolare del Buonamico, durante alcuni momenti clou della manifestazione, insieme al suo staff: