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Dic

L’olio nuovo

Finalmente la settimana scorsa la Tenuta del Buonamico ha lanciato l’annata nuova del suo Olio Extra Vergine d’Oliva.  Un olio nuovo è sempre consigliabile, perché ha un sapore più intenso e pizzicante di un olio vecchio, che ha poco corpo e poco sapore, e in genere presenta un colore più trasparente.

A questo proposito vorremmo rispondere ad una domanda che molti si pongono: “ Come riconoscere un buon extra-vergine?”.

Innanzitutto la prima attenzione deve andare al packaging. Tenuto conto del fatto che la luce del sole danneggia molto la qualità dell’olio perché favorisce il processo di ossidazione, che altera il gusto dell’olio, utilizzare una bottiglia di vetro trasparente è totalmente controproducente ed è un puro escamotage di marketing: si punta infatti a far vedere il colore dell’olio stesso (che peraltro non rappresenta nemmeno un indicatore di qualità) piuttosto che preservare il prodotto, e quindi è preferibile scartare questa soluzione. Saranno da privilegiare, invece, recipienti di acciaio inox o bottiglie di vetro scuro a chiusura ermetica e possibilmente con tappo anti-rabbocco. Ultimamente si stanno anche diffondendo i contenitori bag-in-box, e anche questi sono perfettamente adatti alla conservazione. Da non dimenticare, però, che è essenziale conservare l’olio in un luogo asciutto e buio, come ad esempio una credenza.

Il secondo fattore da tenere in considerazione è l’etichetta, perché ci può dare delle indicazioni preziose. Innanzitutto ci deve essere la denominazione “Olio Extra Vergine di oliva”.

  1. Esistono infatti diversi livelli qualitativi.
  2. Olio di oliva vergine
    1. Olio di oliva extra vergine
    1. Olio di oliva vergine
    1. Olio di oliva lampante
  3. Olio di oliva raffinato
  4. Olio di oliva composto da oli di oliva vergini
  5. Olio di oliva di sansa greggio
  6. Olio di oliva di sansa raffinato
  7. Olio di sansa di oliva

L’attributo “vergine” indica come il processo estrattivo dell’olio extravergine sia basato su metodi meccanici e fisici, senza l’ausilio di solventi o prodotti chimici. Questi ultimi trovano largo impiego nella produzione di oli di semi e negli oli di oliva. Inoltre, nella fasi di trasformazione dell’olio evo non vengono aggiunti e miscelati oli di nessun altra natura. La Comunità Europea classifica l’olio di oliva in base a tre elementi: il tipo di estrazione con cui l’olio è stato ottenuto, la sua composizione, tra cui la percentuale di acidità libera (un parametro misurato tramite l’analisi chimica) e l’analisi organolettica. Più è bassa l’acidità libera (ovvero la percentuale di acido oleico, acido grasso presente nei trigliceridi) e maggiore è la qualità dell’olio. Per essere extra-vergine, un olio deve avere un’acidità inferiore allo 0,8%, ovvero 0,8 grammi di acido oleico per litro. Oltre questa soglia la presenza di acido oleico comporta una serie di modificazioni dell’olio che ne peggiorano la qualità.

L’olio d’oliva, invece, è ottenuto dalla raffinazione dell’ extra-vergine, quindi con l’utilizzo di solventi o con coadiuvanti ad azione chimica o biochimica, oppure dalla miscela di oli di oliva vergini e oli di oliva raffinati. Per conseguenza la sua qualità è nettamente inferiore.

L’olio di sansa di oliva, infine, si ottiene dai residui solidi della spremitura delle olive, in particolare dalle bucce, dalla polpa e dai noccioli, detti sanse, in cui è contenuto ancora un certo quantitativo di olio, variabile a seconda del metodo estrattivo. Quest’olio viene estratto con un solvente, normalmente esano, con la stessa tecnologia applicata per la produzione degli oli di semi. Il solvente viene poi separato dall’olio per distillazione. La qualità è quindi nettamente inferiore.

Nell’etichetta, inoltre, bisogna controllare l’informazione sulla categoria dell’olio (deve contenere la dicitura “Olio d’oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e con procedimenti meccanici”).

Inoltre l’etichetta deve contenere informazioni circa l’origine delle olive: ci deve essere scritto “Olio extra-vergine di oliva ottenuto in Italia da olive raccolte in Italia”.

A volte sull’etichetta ci possono essere scritti altri elementi che danno indicazioni di qualità, ad esempio la tipologia dell’olio, cioè monovarietale o multi varietale. Il primo si ottiene da una sola varietà di olive, mentre il secondo è una miscela di varietà differenti.

Ovviamente un altro dei parametri che va tenuto d’occhio è il prezzo al litro. Un prezzo troppo basso è sempre sinonimo di scarsa qualità.

Infine, è importantissima l’analisi sensoriale. Non occorre essere degli esperti per capire se un olio ha una buona qualità. Innanzitutto al naso deve avere sentori vegetali, di erba appena tagliata, di oliva, fresco. Al palato deve avere note più o meno accentuate di piccante e di amaro. Infine deve lasciare la bocca pulita e asciutta, e non la sensazione di pastoso e di unto.

Il Buonamico offre l’annata nuova del suo Olio Extra vergine di oliva Oro di Re, venduto nei formati latta da 5 litri, bottiglia da 0,750 Lt, da 0,500 Lt e da 0,250 Lt, e dell’Olio Extra vergine Oro di Re Biologico, in bottiglia da 0,500 Lt.

Un olio biologico viene necessariamente da agricoltura biologica, cioè tramite il solo utilizzo di sostanze naturali, in particolare salvaguardando il terreno ed evitando fertilizzanti chimici, pesticidi e diserbanti.

L’olio Oro di Re ha un colore verde intenso con riflessi giallo oro. Al naso si presenta fruttato, delicato, con sentori di carciofo, e al gusto ci sono note fruttate e di oliva matura tendente al dolce. Il Biologico, invece, ha un colore più dorato. Delicato al naso, presenta sentori di mandorla e carciofo. Al palato si notano sentori fruttati, di mela verde e con note leggermente amare sul finale.

Entrambi sono adatti a tutti gli usi di cucina e come condimento a crudo, poiché sono molto bilanciati e non rischiano di coprire i sentori del cibo, ma allo stesso tempo sono intensi e adatti ad esaltarne le caratteristiche organolettiche.

Per meglio apprezzarne la differenza vi consigliamo di assaggiarli su una fetta di pane casalingo di Altopascio, senza sale. Questa è la tradizionale “fettunta” toscana, uno dei piatti più semplici ma allo stesso tempo saporiti della nostra cucina locale. Provare per credere!

 
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