Profumi del vino di Tenuta Buonamico

Ogni vino e spumante, che sia della Tenuta Buonamico o meno, ha un suo profumo caratteristico: ci sono quelli vinosi, quelli dal sentore floreale, i vini con gli aromi fruttati, quelli fragranti ed infine quelli dal profumo erbaceo.

La bontà raggiunta dai vini di Montecarlo in provincia di Lucca sono la logica conseguenza della naturale intraprendenza dei Lucchesi che, popolo di mercanti e viaggiatori, nel XIX° secolo introdussero nei loro terreni innesti di vitigni importati dalla Francia. Intorno al 1870, infatti, dalla zona di Bordeaux, vennero importati i vitigni di Sauvignon, Sémillon, Merlot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon. Dalla valle del Rodano arrivarono in terra toscana il Roussanne e il Syrah mentre dalla Borgogna vennero importati il Pinot Bianco e quello Grigio, facendo diventare la collina di Montecarlo una delle prime zone di Italia ad adottare i vitigni d’oltralpe.

La nostra Tenuta, che si trova in in località Cercatoia in direzione sud-ovest rispetto alla città di Montecarlo, si estende su un’area di circa 100 ettari, 45 dei quali hanno vigneti specializzati. Di proprietà oggi della famiglia Fontana, l’azienda è nata negli anni ‘60 per merito di alcuni ristoratori torinesi che volevano i vini di Montecarlo sulle tavole dei loro ristoranti. Da allora l’azienda si è ampliata e modernizzata, ma ha conservato intatte tutte le sue tradizioni del passato. Questo perché, nel corso degli anni, è stata adottata una politica lungimirante da parte dei proprietari che hanno voluto implementare la coltivazione dei vitigni autoctoni e italiani come Trebbiano, Sangiovese, Vermentino e Canaiolo, affiancandoli con vitigni francesi per conferire ai vini maggiore eleganza, morbidezza e profumo. Il risultato di questi abbinamenti è la produzione dei nostri DOC e IGT e dei nostri magnifici spumanti che hanno fatto diventare la nostra, una delle aziende leader nel Mercato dei vini.

Per venire incontro alle esigenze di tutti i clienti ne abbiamo voluto creare diversi che avessero delle caratteristiche e soprattutto dei profumi differenti l’uno dall’altro. Come ben sappiamo, i profumi in un vino dipendono dalla presenza di alcune sostanze volatili appartenenti a diverse famiglie chimiche, come alcoli, aldeidi, chetoni, acidi, esteri e terpeni che, con un criterio di somiglianza, sono stati associati ad odori di frutta, fiori, spezie e di altri prodotti conosciuti, alimentari e non. Questi profumi sono stati suddivisi in tante famiglie o specie, che vengono classificate in modi diversi: alcuni sistemi ne prevedono 6, altri 10 fino ad arrivare a 14. Noi vogliamo approfondire solo quelli che ci riguardano più da vicino perché sono i sentori tipici dei nostri vini.

profumo vinoso

Quando senti un sommelier che durante una degustazione parla di un profumo vinoso, potresti pensare che abbia detto una cosa scontata o che voglia dare al vino in questione un rafforzativo. Solo dopo una spiegazione successiva capisci che non è un’espressione ridondante né che si tratta di un aggettivo valido per tutti i vini e anzi ne percepisci l’esatto significato.

Il profumo vinoso è quello si sprigiona durante i processi di vinificazione, quello che si sente in cantina in questa fase e che richiama il sentore del mosto e della vinaccia. Il profumo vinoso fa parte dei cosiddetti profumi secondari o fermentativi, in quanto la trasformazione dell’uva inizia già al momento della pigiatura. Frutto di trasformazioni enzimatiche, le uve schiacciate formano rapidamente aldeidi e alcoli a contatto con l’aria che le conferiscono un caratteristico odore vegetale di nocciola verde o di frutta acerba che non sempre risulta gradevole ma che si evolve con le successive trasformazioni del mosto.

I profumi secondari si formano durante la fermentazione alcolica degli zuccheri a contatto con i lieviti e nel corso della fermentazione malolattica. Il profumo vinoso è tipico di quei vini dove a dominare sono ancora i profumi delle parti solide del mosto, bucce e vinaccioli e che presentano intensi sentori fruttati ed erbacei. Questo aroma è tipico dei vini rossi, giovani, novelli, del Beaujolais Nouveau, il famoso vino novello a base di uve Gamay tipico della Borgogna, e dei vini prodotti con uve non perfettamente mature. Il profumo vinoso è caratteristico dei vini rossi in quanto la loro fermentazione prevede un tempo di contatto delle bucce con la massa vinosa più lungo rispetto ai bianchi da cui deriva il sentore vinoso più pronunciato e dunque riconoscibile. Questo sentore si percepisce fino al termine del processo di fermentazione e di svinatura, prima che nel vino si sviluppino i sentori terziari, quelli cioè che si formano con la sua completa maturazione e l’invecchiamento.

profumo floreale

Il profumo floreale lo si trova in quasi tutti i vini. Questo perché può derivare sia dalle sostanze odorose, come i terpeni, che si trovano sulle bucce degli acini. E’ e quindi è da considerarsi sia un profumo primario sia secondario, visto che può anche essere conseguenza dei processi fermentativi. La concentrazione di queste molecole odorose è molto variabile e questo è il motivo principale per cui un aroma floreale è percepito e riconosciuto in maniera diversa da un vino all’altro.

Sono tantissime le essenze floreali che possono essere presenti in un vino e dipendono dalla sua tipologia, dalla zona d’origine, dai vitigni impiegati e dalla sua evoluzione. Gli aromi di fiori bianchi freschi come gelsomino, biancospino, fiori di zagara e acacia sono tipici dei vini bianchi giovani mentre in quelli più evoluti con un affinamento in legno sono riconoscibili gli aromi di fiori gialli, come tarassaco, mimosa e girasole. Gli aromi di fiori freschi rossi come viola mammola, violetta, rosa rossa e iris caratterizzano invece i vini rossi giovani, mentre in quelli più evoluti con affinamenti lunghi sono riconoscibili gli aromi di fiori secchi e appassiti. Nei vini rosati infine, a seconda della loro struttura e concentrazione, potranno prevalere gli aromi floreali del vino rosso o quelli del bianco. Nella nostra Tenuta sono tanti i vini, sia bianchi che rossi, che presentano un profumo floreale a cominciare dal Montecarlo Bianco DOC Etichetta Bianca 2021.

Nasce da un blend di uve di Trebbiano Toscano, Pinot Bianco, Sauvignon Blanc, Semillon e Malvasia che vengono vinificate e fermentate separatamente e riunite solo in fase di pre-imbottigliamento. Con una gradazione di 12°C e una temperatura di servizio ottimale di 8-10°C, è un vino dai profumi intensi, freschi e floreali che, grazie al blend delle 6 tipologie di uva, ha un gusto complesso ed equilibrato, con gradevoli note fruttate.

Un secondo bianco è  il M.i.o. Viognier IGT Toscana 2021 che viene ottenuto da Viognier in purezza. Questo vitigno è considerato delicato sia nella crescita, perché tende ad ammalarsi, sia nella vinificazione, perché può diventare acido e viene detto M. i. o. perché è l’acronimo di Minerale, Intenso e Originale. Subisce una pressatura soffice a bassa temperatura e in atmosfera inerte, per non alterare le sue qualità organolettiche e poi viene fermentato ed affinato in acciaio inox. Questo suo invecchiamento solo in acciaio, dona al vino una grande freschezza e dei profumi intensi, floreali e fruttati di albicocca, pesca e agrumi, che appaiono evidenti anche al palato, dove vengono però bilanciati da note minerali e da un retrogusto amarognolo.

Un ultimo bianco dal profumo floreale è il Vivi Vermentino IGT Toscana 2021, che è prodotto con Vermentino in purezza. Di gradazione alcolica di 12,5°C, è un vino con una forte acidità, dei profumi intensi, minerali e floreali e un gusto pieno, sapido, fresco e piacevole ma allo stesso tempo di carattere.

Ai bianchi appena citati, aggiungiamo anche due rossi con un intenso profumo floreale, il  Montecarlo Rosso Etichetta Blu DOC 2018 e il Cercatoja IGT Toscana 2017. Il primo viene prodotto da un blend di Sangiovese, Canaiolo, Syrah, Merlot e Cabernet Sauvignon. Fermentazione e macerazione sono termo-condizionate in acciaio inox e, mentre una parte dei mosti effettua la fermentazione a basse temperature per conservare maggiormente gli aromi varietali, un’altra viene messa in barriques per 7 mesi dove effettua quella malolattica. Con un colore intenso rosso rubino, una temperatura di servizio ottimale di 15-18°C ed una gradazione alcolica di 13,5°C, è, grazie all’invecchiamento in legno, un vino ben strutturato al palato con un gusto vellutato, ampio e denso e con dei profumi decisi, delle note molto cariche di fiori, frutta scura, vaniglia, cacao e spezie che gli conferiscono grande complessità.

Il Cercatoja IGT Toscana 2017 si ottiene da un blend di Sangiovese, Syrah e Cabernet Sauvignon e subisce prima una fermentazione in acciaio inox a controllo termico di almeno 3 settimane, poi una nuova fermentazione malolattica in barriques e un affinamento di circa 18 mesi. Con una gradazione alcolica di 14,5°C e una temperatura di servizio ottimale di 18°C, al palato si presenta elegante, profondo e molto ben strutturato, con una trama tannica molto ben riconoscibile ma comunque equilibrata e arrotondata, e con dei profumi intensi e complessi, accompagnati da note profonde di fiori, frutta nera, cacao e spezie.

profumo fruttato

Mentre i sentori floreali si possono trovare nella quasi totalità dei vini, i profumi fruttati sono presenti proprio in tutti in quanto sono principalmente dei sentori primari, ma e qualche volta possono essere anche connessi ai processi fermentativi. A seconda della tipologia di vino, abbiamo aromi di frutta a polpa bianca come mela, pesca, mela cotogna e pera, oppure di frutta a polpa verde come kiwi, uva spina e melone verde, o ancora a polpa gialla come pesca, albicocca e prugna, di frutta nera come mora, mirtillo e ribes nero, di frutta rossa come fragola, lampone, ciliegia e ribes rosso, di frutta esotica come ananas, mango, frutto della passione, dattero, fico e litchi, di frutta secca come nocciola, mandorla, noce, pistacchio e fico secco e di agrumi come limone, arancia e pompelmo. Ad esempio i bianchi giovani sono genericamente caratterizzati dalla frutta a polpa bianca e dagli agrumi mentre in quelli affinati in legno provenienti da zone calde prevalgono i sentori di frutta a pasta gialla, tropicale o sciroppata e in quelli evoluti ci sono profumi di frutta candita e disidratata, cotta, sciroppata o in confettura. Nei rossi più evoluti prevalgono invece gli aromi di frutta in confettura, sotto spirito o disidratata, mentre in quelli giovani troviamo profumi di ciliegie e di frutti di bosco rossi o neri e nei rosati, a seconda della loro tipologia, potranno prevalere le profumazioni dei bianchi o dei rossi giovani. Tutti i vini e gli spumanti della nostra cantina presentano dei profumi fruttati. Alcuni li abbiamo già citati e descritti. Vogliamo però darvi alcune pillole di informazione anche sui rimanenti.

Un bianco dai profumi fruttati è il Vasario IGT Toscana 2019 che nasce da Pinot Bianco in purezza. Di gradazione alcolica di 13,5°C, ha un gusto ampio, ben strutturato e molto equilibrato, con un finale morbido e persistente, frutto del suo invecchiamento in rovere per 8 mesi e. Presenta dei profumi complessi e molto intensi, con aromi floreali e di frutta tropicale e a pasta gialla che  si fondono con note di vaniglia, burro e miele.

Accanto al Vasario, ci sono anche il vino rosso Fortino IGT TOSCANA 2017 e il rosato Dea Rosa IGT Toscana 2021, entrambi caratterizzati da profumi fruttati.. Il primo si ottiene da Syrah in purezza della vigna più vecchia d’Italia. Fermentato in acciaio inox e affinato in barriques di rovere francese per circa 18 mesi, il  Fortino IGT TOSCANA 2017 è un vino elegante, molto strutturato, sapido ed equilibrato e, assaggiandolo, si può notare un tannino potente, morbido e fitto che si adatta perfettamente alla sua struttura corposa e alla sua acidità. Con una gradazione alcolica di 14°C e una temperatura ottimale di servizio di 18°C, ha profumi ampi, intensi, fruttati di frutta rossa, more e sottobosco con delle note balsamiche e speziate.

Il Dea Rosa IGT Toscana 2021 è un vino che viene prodotto dalla vinificazione in bianco delle uve rosse di Sangiovese, Canaiolo e Syrah e per questo motivo abbina la freschezza di un bianco con il gusto fruttato di un vino rosso. Di gradazione alcolica di 12°C, ha un gusto fresco, ampio, piacevole e vivace in cui è riconoscibile ed equilibrata la marasca che, insieme alla ciliegia, dona a questo vino profumi molto intensi.

Infine vogliamo consigliare anche due nostri spumanti dove la componente fruttata è molto intensa lo Spumante Inedito Particolare Brut Nature e lo Spumante Inedito Particolare Brut Rosé Nature.

Il primo si ottiene con uve al 100% di Pinot Bianco.

Spumantizzato in autoclave orizzontale a temperatura controllata con il Metodo Charmat per circa 6 mesi, subisce una filtrazione quasi immediata, in modo da salvaguardare la sua naturale freschezza. Prima di essere imbottigliato, viene affinato in autoclave per alcune settimane e subisce un ulteriore affinamento in bottiglia di 90 giorni. Con una temperatura di servizio tra gli 8 e i 10°C e una gradazione alcolica di 12,5°C, lo Spumante Inedito Particolare Brut Nature presenta dei profumi molto intensi di frutta a pasta gialla come pesca e mela e un gusto strutturato e complesso dove si contrappongono una forte acidità ed un tenore zuccherino equilibrato.

Lo Spumante Inedito Particolare Brut Rosé Nature nasce infine da Sangiovese e Syrah di annate diverse e per 8 mesi viene parzialmente affinato in botti di rovere. Spumantizzato secondo il Metodo Charmat in autoclave orizzontale ad una temperatura controllata costantemente, per sei mesi, viene filtrato quasi immediatamente ed affinato, prima in autoclave per alcune settimane e poi in bottiglia per altri 90 giorni. Presenta dei profumi di frutti a pasta rosa come fragolina di bosco, pesca e mela, un colore rosa cerasuolo perché simile a quello della polpa delle ciliegie ed un gusto complesso e strutturato in cui il contenuto zuccherino e la sua spiccata acidità si bilanciano e dove sono presenti delle note amarognole dovute alla sua permanenza nelle botti di legno.

profumo fragrante

Il profumo fragrante è tipico dei vini giovani freschi e vivaci e degli spumanti prodotti con il Metodo Classico, ossia rifermentati in bottiglia per almeno 18 mesi su lieviti selezionati, e dei bianchi fermi o aromatici, imbottigliati coi propri lieviti.

E’ un profumo che possiamo accostare a quello che si sente in una panetteria quando ha appena sfornato del pane caldo o dei croissant, un profumo inebriante che riempie le narici e scalda il cuore.

Anche se come dicevamo è una caratteristica tipica degli spumanti a Metodo Champenoise, nella nostra cantina produciamo due spumanti a Metodo Charmat che presentano, tra le altre, anche questa qualità, il Particolare Brut Rosé e il Particolare Brut. Quest’ultimo nasce come blend di Pinot Bianco, Semillon e Trebbiano Toscano, ha una spumantizzazione di 120 giorni secondo il metodo Charmat, e viene affinato prima in autoclave e poi in bottiglia per altri 4 mesi. Con una gradazione alcolica di 12°C e un perlage fine e persistente, il Particolare Brut è uno spumante dal gusto secco, di forte acidità e con un tenore zuccherino equilibrato. Presenta infine dei profumi floreali, fruttati con note finali di pane tostato.

Il Particolare Brut Rosé si ottiene dalla vinificazione in bianco di uve rosse Syrah e Sangiovese. Di gradazione alcolica di 12°C, viene considerato uno spumante dai profumi fragranti, freschi e fruttati in cui l’aroma iniziale di rosa canina viene sostituito da quello di lampone, amarena e fragola. Il suo è un gusto fresco, raffinato, elegante ed ha un perlage fine e persistente. La sua acidità spiccata, infine, viene perfettamente bilanciata dal tenore zuccherino.

 

profumo erbaceo

Il profumo erbaceo è ricorda quel sentore tipico di erba appena tagliata di un prato, oppure quel profumo estivo che si respira in campagna o in montagna quando i contadini sono indaffarati a preparare il fieno che verrà utilizzato come cibo per gli animali durante l’inverno. Il profumo erbaceo e vegetale può essere legato ai vitigni, per cui è considerato un aroma primario, oppure può essere originato nella fase di fermentazione, ed è quindi un aroma secondario.

Come aroma primario è caratteristico di alcuni vitigni come il Sauvignon Blanc, il Riesling, il Merlot, il  Cabernet Franc e Sauvignon e di molti vitigni semi aromatici. Il suo è un profumo pungente e penetrante che ricorda quello delle essenze vegetali verdi, come l’erba, la felce, le alghe marine, la paglia, l’eucalipto, l’edera, il bosso, la limoncella, la foglia di tè, il mallo della noce, il tabacco, i funghi, il tartufo, le olive verdi e la foglia stropicciata.

Il sentore diventa abbastanza pronunciato nei vitigni che vengono coltivati in zone fresche o quando le uve non sono arrivate a perfetta maturazione: attenzione però, se diventa troppo evidente, allora ci troviamo davanti ad un vino che presenta dei difetti dovuti a vendemmie troppo precoci oppure ad errori in fase di fermentazione. Nei vini rossi giovani il profumo erbaceo è quello di erba tagliata, muschio, fieno, foglie di pomodoro e di peperone verde mentre in quelli bianchi il sentore ricorda invece le erbe aromatiche come prezzemolo, salvia, basilico, menta, timo, ginepro o aneto.

Con un profumo erbaceo la nostra Tenuta produce uno spumante, il Particolare Dolce, che si ottiene da Moscato in purezza ed è spumantizzato con il Metodo Charmat. In questo particolare spumante, la lavorazione del mosto viene eseguita, a temperatura controllata, in autoclave e, attraverso l’azione di lieviti altamente selezionati, si arriva ad avere una presa di spuma perfetta.

Viene fermentato per 120 giorni, subendo poi una filtrazione quasi immediata in modo da preservare la sua freschezza e, dopo essere stato affinato per qualche settimana in autoclave, viene imbottigliato, e qui dove continua il suo affinamento.

Presenta un profumo molto persistente ed intenso con delle note di fiori d’arancio, miele, salvia, noce moscata e frutta esotica mentre al gusto risulta piacevole, morbido, intenso, fresco e floreale, con una persistenza gusto-olfattiva lunga ed un perlage fine. Ha un contenuto zuccherino molto basso di circa 60g per litro, e per questo viene accostato ad un semi-dolce.

Quali sono i profumi del vino?

Conosciamo meglio quali sono i profumi del vino, cercando di approfondire le caratteristiche di quelli primari o varietali, dei secondari o fermentativi e dei terziari o post fermentativi, chiamati anche da invecchiamento.

Mentre un succo di arancia o di ananas ha un odore specifico e ben percepibile che permette di riconoscerlo immediatamente anche a distanza, il succo di uva appena spremuto ha un odore neutro, a meno che non si tratti di un’uva particolarmente aromatica come ad esempio il moscato. E’ con la vinificazione che il vino acquista la sua gamma di profumi che dipendono dalla presenza di sostanze volatili e che hanno la caratteristica, in soluzioni liquide, di evaporare.

Questi appartengono a diverse famiglie chimiche come alcoli, aldeidi, chetoni, acidi, esteri e terpeni; ma cosa succederebbe se si usasse una terminologia chimica per identificare i profumi di un vino?

La maggior parte delle persone ne rimarrebbe disgustata e non ne vorrebbe sapere di assaggiarli. Per questo motivo è stato adottato un criterio di analogia con gli odori di frutta, fiori, spezie e di altri prodotti conosciuti, alimentari e non, che fanno parte della vita quotidiana.

Attraverso una tecnica di analisi quantitativa, ossia di separazione delle miscele complesse, la gascromatografia, è stato possibile individuare alcune delle molteplici sostanze volatili del vino e sono state stabilite delle corrispondenze con gli odori, i cosiddetti profumi. Questa parola richiama una qualità positiva di un vino, il suo odore gradevole, ma queste sostanze, in determinate condizioni, ne possono produrre anche di sgradevoli ed indesiderati. A seconda della loro origine, i profumi di un vino vengono classificati in 3 gruppi: primari, secondari e terziari, di cui andremo ad approfondire le qualità.

Primari o varietali

I profumi primari sono quelli naturali dell’uva. Si accumulano nell’acino durante la sua maturazione e sono legati alla varietà del vitigno. Le essenze si trovano soprattutto nelle cellule interne della buccia che, durante la macerazione ed attraverso la fermentazione, vengono trasferite nel vino.

Prima di approfondire le loro caratteristiche, vogliamo innanzitutto sottolineare che i profumi primari o varietali vengono condizionati sia da fattori naturali come il clima, il terreno, l’esposizione al sole e la maturazione delle uve, sia da quelli messi in essere dall’uomo come le metodologie di coltura e di vinificazione che fanno aumentare o diminuire l’intensità e lo spessore di questi aromi. Per capire meglio quali sono i profumi primari si può procedere ad un facile esperimento in cui si possono macerare delle uve appena spremute in una soluzione di alcol; dopo averle chiuse dentro dei flaconi ermetici per 8 giorni, si annusa il liquido decantato, così da riuscire a percepire la qualità e l’intensità del profumo.

Se in questo esperimento sono state macerate delle uve ben mature e sane, il profumo sarà più intenso, nel caso invece di uve non completamente mature, ne avremo uno meno intenso, più erbaceo e grossolano.

Con questo test riusciremo ad avvertire, pur se solo sommariamente, anche le differenze dei profumi tra i vitigni bianchi e quelli rossi: nei primi predominano quelli floreali mentre nei secondi i profumi fruttati. Sono i terpeni, composti chimici presenti nella buccia dell’uva, a determinare la tipicità olfattiva di un vino ed a conferirgli il suo sentore di fiore e di frutta.

Non tutti i vitigni, comunque, producono uve e di conseguenza vini egualmente profumati: solo alcuni di essi sono particolarmente aromatici, come ad esempio il moscato, ma tutti hanno un aroma che li contraddistingue e ne sottolinea la tipicità. Vogliamo infine ricordare che non fanno parte degli aromi varietali, anche se sono sempre legati all’uva, alcuni profumi, definiti molto complessi, che caratterizzano i vini prodotti con uve botritizzate per l’attacco della “Botrytis cinerea” o marciume nobile. I vari composti aromatici di questi vini, che ricordano il sentore di terra umida e di sottobosco, sono il frutto di una particolare specie di fungo parassita della vite che si diffonde quando si alternano condizioni di clima secco e caldo a fenomeni piovosi ed umidi che ne favoriscono la diffusione, determinando nell’uva un incremento del suo grado zuccherino.

Secondari o fermentativi

I profumi secondari o fermentativi sono quelli che si sprigionano durante il processo di vinificazione, quegli odori “vinosi” che inondano la cantina durante questa fase. Sono il frutto di trasformazioni enzimatiche che si creano quando, con la pigiatura, l’uva inizia la sua trasformazione, e si dividono in profumi prefermentativi, vegetali e propri della pigiatura, e fermentativi, che si generano con la fermentazione.

Le uve pigiate, a contatto con l’aria formano rapidamente aldeidi e alcoli che donano all’uva un caratteristico odore vegetale più o meno intenso a seconda della varietà. I profumi fermentativi si formano durante la fermentazione alcolica degli zuccheri a contatto con i lieviti e nel corso della fermentazione malolattica.

Proprio durante la fermentazione si ha la formazione di:

  • alcol etilico, che funziona come eccipiente delle sostanze aromatiche,
  • anidride carbonica, che si sviluppa in grande quantità durante la fermentazione e che dona al vino una particolare freschezza, esaltando i composti aromatici,
  • esteri, alcoli superiori, aldeidi e acidi
  • ceppi di lieviti per cui ciascuna specie ha il suo modo particolare di elaborare gli zuccheri, di formare prodotti secondari e quindi di produrre sostanze odorose.

In generale si può affermare che l’intensità di un profumo secondario dipende dal contenuto zuccherino delle uve, quindi dal loro grado di maturazione. Invece la freschezza e la raffinatezza dipendono dalle temperature di vinificazione: a basse temperature è più alta la formazione di esteri che migliorano le qualità organolettiche del vino.

Le caratteristiche aromatiche che un vino acquisisce o rinforza durante i processi fermentativi possono essere di frutta matura e saporita, come banana, albicocca, pesca, marasca, mela renetta o melone, di confettura e miele, di fiori più speziati e aromatici come tiglio, acacia o ireos. Inoltre questa fase di lavorazione del vino è molto importante perché ne modifica ma soprattutto ne moltiplica fino anche a 10 volte l’apporto aromatico iniziale, così come la qualità dell’uva e quella del mosto, insieme alle tecniche di cantina, contribuiscono a far conservare ai profumi, sviluppati in questa fase, la loro freschezza.

Durante la duplice fermentazione, infine, si possono formare anche dei sentori sgradevoli come quelli prodotti da alcuni aldeidi che possono generare odori di farina, di lievito, di pasta fermentata e di frutta ammaccata. Ci sono poi gli aromi degli esteri, in particolare l’acetato di isoamile, che richiamano invece il sentore della banana, dello smalto delle unghie e della caramella inglese. Infine con il diacetile, un composto della fermentazione malolattica, si può sentire un odore di burro e di latteria.

Terziari o post fermentativi ( da invecchiamento)

I profumi terziari sono quelli che si formano durante la maturazione e l’invecchiamento dei vini, prima in botte con la fase di lenta ossidazione e successivamente in bottiglia in assenza di ossigeno. Queste sostanze odorose, che costituiscono il bouquet, ossia quell’aroma particolare che sviluppa il vino quando viene messo nelle botti o in bottiglia nei vini maturi e invecchiati, derivano dai vari processi di ossidoriduzione, di acetalizzazione, di esterificazione, di eterificazione e di trasformazione dei tannini, in cui gli alcoli, gli acidi, gli esteri, gli eteri e i composti fenolici svolgono un ruolo fondamentale.

In questa fase, con la maturazione e l’invecchiamento, i profumi primari e quelli di fermentazione vengono trasformati in composti più stabili, con sfumature odorose più pregnanti, meno eteree e mitigate del loro sentore floreale e fruttato ma, allo stesso tempo, si presentano più armoniosi, più omogenei e più compatti. Rispetto alla tecnica di conservazione del vino possiamo distinguere un bouquet di ossidazione e uno di riduzione.

Il primo è caratteristico dei vini conservati a contatto con l’aria che sono molto ricchi di alcol perché provengono da regioni calde oppure perché vi si aggiunge alcol. Hanno profumi di frutta secca, di cotogna o di marsala e sono propri dei vini liquorosi come lo sherry, il Porto o il Vin santo. Il bouquet di riduzione invece è tipico dei vini, prodotti nelle zone temperate, conservati in assenza d’aria in bottiglia o nei fusti in acciaio come i grandi rossi da invecchiamento e i bianchi maturi che vantano un aroma fine e complesso.

Esercitano infine un ruolo importante nel determinare i profumi terziari, tutti gli aromi che si sprigionano nel contatto con il legno delle botti, fusti o barrique, in cui il vino viene affinato, tra cui spicca il sentore di vaniglia che molti ritengono essere il frutto della tostatura delle barriques.

Come capire se il vino sa di tappo

Cerchiamo di capire se un vino sa di tappo, in che modo bisogna annusare e quali sono gli odori che ce lo fanno riconoscere ma soprattutto cosa è necessario fare, una volta che  si abbia avuto la conferma di questo spiacevole inconveniente.

Prima di aprire una bottiglia, è impossibile prevedere questo difetto, anche perché è un guaio che può colpire tutti i vini, anche quelli più pregiati. 

Un turacciolo ammuffito o trovato bagnato non è necessariamente sintomo di un vino alterato, così come un sughero intatto non è sintomo di vino perfetto.

L’olfatto è il primo senso che avverte il sentore di tappo, perché percepisce un odore amarognolo di tannini, un olezzo di muffa che risulta molto più intenso dell’aroma naturale. Se invece il difetto olfattivo non è eccessivo, ce ne possiamo accorgere soltanto quando lo si assaggia. 

La causa di questo fenomeno sono i funghi, tra cui il cosiddetto Armillaria Mellea, che si sviluppano sulle cortecce delle piante da sughero, rilasciando una molecola particolare, il TCA, acronimo di tricloroanisolo. I funghi fanno parte della flora dei boschi di querce da sughero e capita che rimangano nel sughero dopo la raccolta della corteccia. D’altronde il sughero è il materiale più usato per chiudere le bottiglie di vino, anche quelle più pregiate, in quanto, con il suo essere elastico e traspirante, aiuta il vino nel suo continuo evolversi, anche una volta imbottigliato. Questo attacco del fungo può avvenire in qualsiasi momento e, quando lo si scopre, purtroppo è impossibile sapere come, quando e perché il difetto abbia avuto origine. 

Questo contagio può avvenire nel sugherificio, quando viene creato il tappo, oppure per la cattiva conservazione, in ambienti non idonei. I funghi possono attaccare anche quando la bottiglia è già tappata e viene lasciata in ambienti poco puliti o che sono soggetti a sbalzi di temperatura e di umidità. Purtroppo, come dicevamo prima, questo fenomeno è impossibile da prevenire e l’unico consiglio che si può dare in questi casi è quello di non conservare le bottiglie di vino troppo a lungo in frigorifero, perché questo batterio ama il freddo e l’umido.

Come annusare il vino

Annusare un vino significa instaurare un rapporto ed interagire con esso, cercando di comprenderne la natura. Per fare questo, oltre a seguire alcune regole, è necessario essere concentrati, perché bisogna scavare nella propria esperienza di degustatore per ricordare gli aromi dei vini già testati, mettendoli a confronto tra di loro. 

Quando gli enologi ci descrivono gli aromi di un vino, li sentiamo parlare di odore di gomma bruciata e pane grigliato oppure di sentori di frutta matura e fiori bianchi e ci chiediamo come facciano a trovare questi profumi e quali analogie olfattive ci possono essere con l’aroma dei vini. 

La prima olfazione di un vino, il cosiddetto “primo naso”, e che serve a verificare lo stato evolutivo del suo bouquet, viene effettuata senza far roteare il bicchiere; solo con la seconda si procede con la rotazione leggera, prima di avvicinarlo al naso ed odorarlo per valutarne l’apertura aromatica. 

Questa operazione è molto importante perché solo in questo modo i profumi, che sono sostanze volatili, si liberano più facilmente nell’aria. Allo stesso tempo è importantissimo che le inalazioni siano molto rapide, al massimo di un paio di secondi, per evitare che il naso si possa abituare all’alcol. 

Gli aromi, che si sprigionano in un vino, possono essere raggruppati in: 

  • aromi primari o naturali che sono quelli connessi alla varietà dell’uva sulla cui buccia si trovano delle sostanze aromatiche come i terpeni che donano ai chicchi grande profumazione.
  • Aromi secondari o indotti che si formano durante la fermentazione e, grazie all’azione dei lieviti che trasformano gli zuccheri negli esteri, possono essere fruttati di mela, banana, frutta candita o frutti  di bosco o floreali, di gelsomino, rosa o biancospino che sono tipici dei bianchi di buona qualità e dei rossi giovani.
  • Aromi terziari, anch’essi indotti, che si sviluppano nella fase dell’invecchiamento, che può essere in acciaio o in legno, e nell’affinamento in bottiglia. Questi sentori formano il bouquet di un vino: gli aromi primari e secondari infatti tendono a modificarsi, diventando balsamici, speziati e di legno, soprattutto per i vini affinati in barrique, dove a risaltare è l’aroma di vaniglia.

Affinché la degustazione olfattiva venga effettuata in maniera perfetta, il degustatore deve osservare alcune regole che riguardano sia il vino che la propria postura. 

Prima di degustare un vino invecchiato, specialmente un rosso, bisogna portarlo alla temperatura di servizio ideale ed aprirlo in anticipo (si arriva anche a 2 ore prima per un vino di vecchia annata) per lasciare che respiri, facendolo ossigenare, in una caraffa o in un bicchiere. Quest’ultimo deve essere di vetro o di cristallo, liscio e trasparente, e varia a seconda del vino : ad esempio per un bianco sarebbe opportuno utilizzare un calice medio che abbia la parte superiore più stretta per riunire i profumi, mentre per un rosso  sarebbe preferibile un calice più largo per permettere al vino di ossigenarsi.

Anche il degustatore deve rispondere ad alcuni requisiti e sottostare a piccoli accorgimenti prima di compiere la degustazione: non deve essere raffreddato, non deve aver fumato né utilizzato profumi intensi, mani comprese, non deve mangiare cioccolato, liquirizia né altri cibi dai sapori intensi e deve evitare di bere caffè.  

Quali odori portano a dire che il vino sa di tappo

Vediamo ora di approfondire quali sono gli odori che portano a dire che un vino sa di tappo. L’odore non sempre viene percepito subito dal naso, buona regola è quella di annusare il tappo prima di versare il vino. L’odore sgradevole tipico del tappo può essere simile alla muffa, a quello del cartone bagnato, alla terra umida o ad un cane tornato a casa bagnato dopo una bella passeggiata sotto la pioggia.

E’ lo stesso che si potrebbe creare quando si dimenticano dei panni umidi in lavatrice o in una cantina lasciata chiusa per troppo tempo, dove hai dimenticato un capo in pelle. Oppure l’odore che senti quando entri dopo mesi di chiusura nelle case al mare o in montagna, o l’odore della segatura bagnata lasciata nell’angolo dei negozi. Nel caso l’odore sia poco pregnante è possibile riconoscerlo solo dopo aver bevuto il primo sorso di vino in cui verrà percepito un sapore acre, amaro, duro e legnoso.

Che siano l’olfatto o il gusto ad avvertire questa alterazione, sentirai come una  sensazione di marciume che coprirà i profumi del tuo vino. Anche se non è nocivo alla salute, non è piacevole, quindi e ricreare artificialmente l’odore ed  il sapore può esserti utile per riconoscere e prevenire questa esperienza. Per realizzare l’odore di tappo basterà mettere in un contenitore di vetro della segatura o un sughero umido, lasciandoli chiusi per una settimana. L’odore, che sentirai una volta aperto il vasetto, sarà uguale a quello di tappo nel vino. Infine, se vuoi ricreare anche il sapore di tappo, basterà chiudere in un contenitore ermetico, del vino con dei pezzi di sughero e assaggiarlo dopo 12 ore.

Cosa fare quando il vino sa di tappo

Dopo aver aperto la bottiglia e annusato il sughero, hai realizzato che il vino sa di tappo e quindi devi sapere cosa fare e cosa non fare. Questa è una situazione che capita non molto spesso, visto che la percentuale è di due bottiglie su cento, ma che può accadere sia al ristorante che a casa.

Anche se qualcuno consiglia di far arieggiare la bottiglia per un po’ di tempo affinché l’odore svanisca per poi consumare il vino, e non si otterrebbe comunque un prodotto godibile, quindi è sempre preferibile aprire un’altra bottiglia. Se questo problema si verifica al ristorante, bisogna chiamare il sommelier per fargli notare che il vino non va bene; a questo punto lui o il proprietario verificheranno la veridicità delle tue affermazioni, che dovrai difendere  in maniera ferma e senza presunzione, e dovranno sostituire la bottiglia con un’altra dello stesso tipo o di un’altra etichetta secondo il tuo gradimento.

E’ importante sostituire anche il bicchiere che sarà inquinato dall’odore del tappo. Ricorda che la bottiglia dovrà arrivare chiusa al tavolo ed essere aperta solo in tua presenza. Se invece questo imprevisto dovesse capitare a casa, è d’uopo ritornare nel negozio dove l’hai comprata, se non è passato troppo tempo, per fartela sostituire; la stessa cosa puoi farla anche se l’hai acquistata on line, contattando il servizio clienti.

Quando succede questo inconveniente, molte persone, prese dal cattivo umore, svuotano la bottiglia nel lavandino. In realtà è possibile utilizzare questo vino, ad esempio come detergente. Erroneamente qualcuno lo utilizza per preparare piatti a lunga cottura come il brasato, ma non c’è nessuna sicurezza che nel tempo possa perdere il suo odore di tappo.

E’ ottimo invece come disinfettante, mischiato all’acqua, per eliminare, grazie all’alcol, alcuni batteri da frutta e verdura; il vino bianco è utilissimo per pulire il piano di lavoro della cucina, oppure, grazie alle sue componenti acide, miscelato al bicarbonato o al borotalco, è ottimo per smacchiare i tessuti, soprattutto se si tratta di macchie di vino rosso. Infine, mentre un bianco può essere un tonico per il viso delle donne, il vino rosso, per la sua ricchezza di sali minerali, è un ottimo fertilizzante per far diventare le piante più rigogliose e forti.

 

Vini per cena a base di verdure

Scegliere i vini per una cena a base di verdure può non essere una scelta facile. Questo perché molte verdure entrano in conflitto con alcune tipologie di vino.  La scelta quindi non può essere casuale, ma dipende da quali verdure verranno utilizzate e se saranno l’ingrediente predominante nella preparazione del piatto.

Il finocchio è una delle verdure che non ama proprio il vino, qualunque esso sia, poiché l’aroma un po’ da anice, sovrasta quello del vino, come accade anche con le verdure sotto aceto o con i carciofi.

La cosa importante, quindi, quando facciamo un abbinamento cibo-vino è trovare un equilibrio tra gli odori e i sapori di entrambi. Questo può avvenire abbinandoli per analogia o per contrasto: nel primo caso si abbina, ad un cibo  preparato in modo semplice e delicato, un vino che abbia le stesse caratteristiche, in modo tale che si possa avere la giusta armonia senza prevaricazioni di gusto ed entrambi possano essere complementari l’uno dell’altro.

Nel caso, invece, in cui si sceglie il contrasto tra i due elementi, anche se l’obiettivo finale è sempre quello di raggiungere la perfetta armonia tra cibo e vino, si cerca di compensare ognuno la caratteristica dell’altro attraverso il contrasto delle loro qualità.

Ad esempio per le verdure sott’olio e per i legumi è consigliabile preferire un vino morbido, ad esclusione di verdure e legumi dolci come i piselli, le carote o la zucca, ai quali è consigliabile abbinare un vino che abbia una discreta acidità.

Vino rosé

Ve la ricordate la favola del brutto anatroccolo che si trasforma in cigno? Quando ci penso, mi viene immediatamente in mente l’evoluzione del vino rosé sulle nostre tavole. E’ stato considerato per anni un vino femminile e inferiore rispetto agli altri, ottimo solo per accompagnare un aperitivo. Negli ultimi tempi c’è stata una rivalutazione di questo vino, ci si è accorti di quanto poteva essere gustoso e fresco e che sul mercato se ne potevano trovare di ottima qualità.

E’ stata premiata la versatilità di questo vino, figlia del fatto che il vino rosé riassume in sé le caratteristiche migliori dei vini rossi e di quelli bianchi.

Rispetto ad un vino rosso, ha un minore contenuto di tannini ed è meno astringente e strutturato, mentre rispetto ad un bianco risulta essere più morbido, vellutato e meno acido, e, in più, ha un profumo delicato di frutta fresca come frutti di bosco, fragole e ciliegie. Del bianco prende anche la gradazione alcolica tra i 12 e i 13,5°C e la temperatura di servizio che deve essere tra i 10 e i 12 °C; per questo motivo a tavola viene impiegato con alimenti delicati come le verdure.

Caratteristiche come morbidezza, bassa acidità e tasso alcolico moderato rendono un vino rosato perfetto con delle ricette a base di verdure. Primi piatti, come una Pasta alla Norma o una coi broccoli, oppure sformati e verdure grigliate vengono esaltati dalla freschezza di un vino rosato.

Ci sono poi alcune verdure che, per il loro gusto amaro, possono essere abbinate solo ai rosé come i carciofi, gli asparagi e i cavoli e un esempio lampante è una ricetta tipica della nostra città, Lucca, La Garmugia lucchese, dove sono presenti gli asparagi.

Noi della Tenuta del Buonamico produciamo un rosato, il Dea Rosa IGT Toscana 2021, che è particolarmente adatto a dei piatti dove sono presenti queste verdure. E’ un vino che nasce dalla vinificazione in bianco delle uve rosse di Sangiovese, Canaiolo e Syrah e, per questo, unisce la freschezza di un bianco con il gusto fruttato di un vino rosso. Subisce in acciaio inox sia la fermentazione a temperatura controllata sia l’affinamento. Con una temperatura di servizio tra i 10 e i 12°C e una gradazione alcolica di 12°C, il Dea Rosa ha un gusto fresco, ampio, piacevole e vivace e dei profumi molto intensi di ciliegia e marasca che è molto riconoscibile e ben equilibrata anche al palato.

Vino bianco

Quando dobbiamo scegliere un vino bianco per piatti vegetariani, dobbiamo innanzitutto capire se le verdure usate hanno un gusto dolce oppure amaro.

Zucca, patate, carote, piselli e fave hanno un sapore dolce e quindi si esaltano e si armonizzano se accompagnati da bianchi freschi, sapidi, di buona acidità e aromaticità.

Se invece la nostra cena prevede delle verdure dal gusto amarognolo come melanzane, radicchio, sedano o cetrioli, i vini ideali dovranno essere morbidi e di buona struttura che hanno la capacità di attenuare l’amaro della verdura.

Qui in Tenuta produciamo alcuni vini bianchi che hanno le caratteristiche giuste per poter accompagnare una cena a base di verdure. Un primo vino che vi vogliamo consigliare per abbinare gli antipasti di verdure è  il Montecarlo Bianco Etichetta Bianca DOC 2021.

Si ottiene da un blend di Trebbiano Toscano, Pinot Bianco, Sauvignon Blanc, Semillon e Malvasia e, per l’alta concentrazione di Pinot Bianco, viene considerato un vino innovativo, perché quasi aromatico, sempre nel rispetto del disciplinare della zona di Montecarlo. La vinificazione e fermentazione delle uve dei singoli vitigni avviene separatamente in contenitori di acciaio inox a temperatura controllata, così come l’affinamento in bottiglia, e vengono assemblate solo nella fase di pre-imbottigliamento. Con una gradazione alcolica di 12,5°C ed una temperatura di 8-10°C, è un vino dal gusto fresco, fruttato e, anche se equilibrato, sapido al palato. I suoi profumi invece sono freschi, intensi, floreali e fruttati, di frutta a bacca bianca e fiori d’arancio.

Se invece per la nostra cena abbiamo deciso di preparare dei fritti di verdure, allora il loro compagno ideale sarà il nostro Vivi Vermentino IGT Toscana 2021. Prodotto con Vermentino in purezza, è un vino il cui mosto viene ottenuto con una pressatura soffice e viene lasciato raffreddare 24 ore, in modo da poter rilasciare il suo sedimento naturalmente. La fermentazione della sua parte limpida viene effettuata ad una temperatura controllata di 16°C in serbatoi di acciaio inox dove avviene anche l’affinamento. Con una temperatura di 8-10°C ed una gradazione alcolica di 12,5°C, presenta una forte acidità, dei profumi intensi, minerali e floreali ed un gusto pieno, sapido, fresco e piacevole ma allo stesso tempo di carattere.

Un’ultima alternativa, perfetta per essere abbinata a degli antipasti delicati di verdure come delle polpettine di zucchine o di melanzane, è il Montecarlo Bianco DOC 2020. Prodotto da un blend di Trebbiano Toscano, Pinot Bianco, Sauvignon, Semillon, Roussanne e Chardonnay. E’ un vino che ha un gusto equilibrato e delle gradevoli note fruttate, oltre ad un profumo fresco, intenso e floreale, proprio grazie alla presenza di questi 6 tipi di uve. Si serve ad una temperatura ottimale di 8-10 °C ed ha una gradazione alcolica di 12°C.

Vino rosso

Il vino rosso da sempre viene considerato il partner perfetto della carne e di tutte i piatti con sapori forti ed intensi. Quando si sceglie un vino, una buona norma da considerare è il tipo di cottura usata nella preparazione del piatto che si vuole abbinare e questo vale anche con le verdure, che non fanno eccezione a questa regola: è meglio preferire un vino rosso, se vengono cucinate con cotture lunghe e complesse e con sughi succulenti.

Piatti come la parmigiana di melanzane o delle verdure in pastella, così come le zuppe di legumi, le possiamo tranquillamente accompagnare ad un vino rosso di buona tannicità e aromaticità, mentre le verdure dal gusto amarognolo, se non vogliamo bere un bianco, possiamo abbinarle ad un vino rosso giovane, con tannini non aggressivi e con una tendenza aromatica delicata.

Un altro motivo per scegliere un vino rosso è quando le verdure in una ricetta non sono l’elemento principale ma uno dei tanti che la compongono come, per esempio, un Risotto al radicchio dove ci sta bene un bel rosso fermo, oppure dei peperoni ripieni dove è meglio uno leggero, se la carne è delicata, altrimenti meglio un vino più corposo.

Se invece vogliamo preparare delle torte salate con carne rossa e verdura, la caponata, delle focacce ripiene oppure dei fagioli all’uccelletto scegliamo un bel rosso di buon corpo e spessore.

Se infine siete interessati a preparare un piatto di carne, come l’agnello, con un contorno di verdure fresche di stagione e un succulento purè di patate, vorremmo consigliarvi il nostro Cercatoja IGT Toscana 2017.

E’ un vino che si ottiene da un blend di Sangiovese, Syrah, Cabernet Sauvignon e che subisce prima una fermentazione in acciaio inox a controllo termico per almeno 3 settimane, poi una nuova fermentazione malolattica in barriques ed un affinamento di circa 18 mesi. Con una gradazione alcolica di 14,5°C ed una temperatura di servizio ottimale di 18°C, ha dei profumi intensi e complessi, accompagnati da note profonde di frutta nera, fiori, cacao e spezie mentre al palato è un vino elegante, profondo e molto ben strutturato, con una trama tannica subito riconoscibile ma comunque equilibrata e arrotondata.

Vini per cena a base di carne

Per una cena a base di carne non è per forza scontato che la scelta dei vini debba ricadere tra i rossi.

Il miglior abbinamento cibo-vino è quello in cui entrambi si completano armoniosamente e dove nessuno dei due sovrasta l’altro. Non è inoltre vero che mischiare i vini in tavola sia da evitare perché nocivo alla salute, l’importante è moderarsi nelle quantità e scegliere vini di qualità.

È necessario inoltre comporre il menù scegliendo subito il tipo di vino che si vuole abbinare alle singole portate perché la successione di vini portati in tavola dovrebbe seguire un certo ordine, altrimenti sarebbe impossibile apprezzare gusto e aromi.

E’ importante quindi conoscere le regole della consecutio dei vini e seguirle, perché un vino non dovrebbe mai far rimpiangere quello che lo ha preceduto. In quest’ottica, una prima regola basilare è quella che un vino bianco si serve sempre prima di un rosso perché, essendo meno strutturato e tannico, al confronto sparisce.

Per lo stesso motivo bisogna consumare prima i vini meno alcolici e i giovani devono precedere i vecchi, in quanto i primi sono più freschi e fruttati, i secondi invece sono più evoluti e complessi.

Se nella nostra cena è previsto anche il rosato, va bevuto dopo il bianco e prima del rosso. Bisogna, in definitiva, servire i vini sempre secondo un ordine di intensità crescente che può essere nella struttura, nella temperatura e nell’aromaticità, per cui si servono prima i vini poco strutturati, quelli più freschi e quelli meno aromatici.

Vino rosso

Il vino rosso è sempre stato considerato come il compagno ideale della carne, quello capace di esaltarne il gusto.

I rossi non sono tutti uguali, si dividono in 3 categorie:

  • leggeri: poco tannici, di bassa acidità, poco zuccherini, non molto alcolici e per questo di beva immediata;
  • mediamente strutturati: eleganti, facili da degustare, versatili e di buon corpo;
  • strutturati: buona acidità, ricchezza di zucchero e tannini, subiscono la fermentazione malolattica, maturano in legno e vengono affinati per periodi medio – lunghi in bottiglia.

Ognuna di queste categorie può essere abbinata alla carne, ma la scelta di una categoria rispetto ad un’altra dipende da come questa carne viene cucinata e dal suo condimento. Ad esempio, per un primo piatto con un ragù di carne come le Tagliatelle alla bolognese è sufficiente un rosso leggero, mentre per una pasta ripiena con la carne, occorre un rosso giovane e di medio corpo.

Per Pappardelle al ragù di Lepre o qualunque pasta al forno con un ragù di selvaggina dobbiamo scegliere invece un rosso più robusto. La stessa regola è valida anche per i secondi piatti e, mentre con un pollo arrosto o una carne ai ferri può andar bene un rosso giovane ed elegante, con uno spezzatino ci vuole un rosso di media struttura e con una bistecca alla fiorentina o degli umidi di selvaggina ci vuole invece un vino robusto. Se invece la selvaggina la cuciniamo arrosto oppure dobbiamo accompagnare l’agnello, allora un rosso dal sapore armonico, pieno e mediamente invecchiato è la soluzione perfetta.

Nella nostra Tenuta del Buonamico produciamo 4 vini rossi di grande qualità che sono l’ideale per accompagnare una cena di carne:

  • Montecarlo Rosso Doc 2019;
  • Etichetta Blu Doc 2018;
  • Il Fortino IGT Toscana 2017;
  • Cercatoja IGT Toscana 2017.

Il Montecarlo Rosso Doc 2019 è uno dei vini storici della nostra cantina e nasce dal blend di Sangiovese, Canaiolo, Syrah, Cabernet Sauvignon e Merlot. Fermentato a temperatura controllata in acciaio inox, ha una gradazione alcolica di 12,5°C ed una temperatura di servizio ottimale di 18°C. Ha profumi intensi di frutta fresca come visciola e amarena, mentre al palato si presenta come un vino fresco, armonico, morbido, persistente e ben strutturato. Questo vino lo possiamo abbinare sia a dei primi piatti saporiti con sughi di carne come una pasta ripiena sia ad un brasato o ad uno spezzatino.

Il Montecarlo Rosso DOC Etichetta Blu 2018, perfetto per piatti come le Tagliatelle al ragù di lepre e l’anatra con la polenta, viene prodotto da un blend di Sangiovese, Canaiolo, Syrah, Merlot e Cabernet Sauvignon.

Fermentazione e macerazione sono termo-condizionate in acciaio inox e, mentre una parte dei mosti effettua la fermentazione a basse temperature per conservare maggiormente gli aromi varietali, un’altra viene messa in barriques per 7 mesi dove effettua quella malolattica. Dal colore intenso rosso rubino, con una temperatura di servizio ottimale di 15-18°C ed una gradazione alcolica di 13,5°C, è un vino ben strutturato, grazie all’invecchiamento in legno. Al palato ha un gusto vellutato, ampio e denso con dei profumi decisi, delle note molto cariche di frutta scura, fiori, vaniglia, cacao e spezie che gli conferiscono grande complessità.

Il Fortino IGT TOSCANA 2017 viene prodotto da Syrah in purezza della vigna più vecchia d’Italia; fermentato in acciaio inox e affinato in barriques di rovere francese per circa 18 mesi, è un vino elegante, molto strutturato, sapido ed equilibrato e, assaggiandolo, si può notare un tannino potente, morbido e fitto che si adatta perfettamente alla sua struttura corposa e alla sua acidità. Con una gradazione alcolica di 14°C e una temperatura ottimale di servizio di 18°C, ha profumi ampi, intensi, fruttati di frutta rossa, more e sottobosco con delle note balsamiche e speziate, ed a tavola viene abbinato sia ad un primo piatto condito con un ragù di maiale sia a degli arrosti delicati o a carni bianche al sugo e alla griglia.

Il quarto rosso della nostra cantina è il Cercatoja IGT Toscana 2016 che nasce da un blend di Sangiovese, Syrah e Cabernet Sauvignon. Subisce prima una fermentazione in acciaio inox a controllo termico per almeno 3 settimane, poi una nuova fermentazione malolattica in barriques e un affinamento di circa 18 mesi. Con una gradazione alcolica di 14,5°C e una temperatura di servizio ottimale di 18°C, al palato si presenta come un vino elegante, profondo e molto ben strutturato, con una trama tannica molto ben riconoscibile ma comunque equilibrata e arrotondata e con dei profumi intensi e complessi, accompagnati da note profonde di frutta nera, fiori, cacao e spezie. Con questo vino si possono mangiare la selvaggina e le carni rosse sia alla griglia che in arrosti.

Vino rosé

Accompagnare una cena di carne con un vino rosé qualche anno fa non sarebbe stato possibile, o meglio, nessun esperto del settore lo avrebbe consigliato. Il rosato infatti veniva abbinato ad un aperitivo, mentre da qualche anno è stato rivalutato come un vino a tutto pasto; gli è stata riconosciuta la sua caratteristica principale, ovvero: la versatilità, cioè l’aver riassunto in sé le caratteristiche migliori dei vini rossi e di quelli bianchi.

Un rosato, rispetto ad un rosso, ha un minore contenuto di tannini, è meno astringente e strutturato mentre, rispetto ad un vino bianco, risulta essere più morbido, vellutato e meno acido, ed in più ha un profumo delicato di frutta fresca come frutti di bosco, fragole e ciliegie.E’ un vino che per la sua gradazione alcolica tra i 12° e i 13,5°C e una temperatura di servizio tra i 10° e i 12°C è più vicino ai bianchi e per questo a tavola viene abbinato sia alle carni che alle verdure.

Se nella nostra cena a base di carne sono previsti degli antipasti di salumi toscani come la finocchiona o dei crostini neri con i fegatini, allora potremmo sorseggiare un vino rosé come il Dea Rosa IGT Toscana 2021.

E’ un vino che nasce dalla vinificazione in bianco delle uve rosse di Sangiovese, Canaiolo e Syrah, e per questo motivo coniuga il gusto fruttato di un vino rosso con la freschezza di un bianco. Subisce in acciaio inox sia la fermentazione a temperatura controllata sia l’affinamento, ha una temperatura di servizio tra i 10 e i 12°C e una gradazione alcolica di 12°C. Ha un profumo molto intenso di ciliegia e marasca che è molto riconoscibile e ben equilibrata anche al palato: qui il gusto di questo rosé si presenta fresco, ampio, piacevole e vivace.

Se invece abbiamo intenzione di preparare un secondo piatto di carni bianche e al vino preferiamo uno spumante, vogliamo proporti lo Spumante Inedito Particolare Brut Rosé Nature.

Nato dalle uve di Sangiovese e Syrah di annate diverse, viene parzialmente affinato per 8 mesi in botti di rovere. Di gradazione alcolica di 13°C e temperatura di servizio ottimale di 8/10°C, la sua spumantizzazione avviene con il Metodo Charmat in autoclave dove fermenta per sei mesi e, dopo aver subito la quasi immediata filtrazione, ha, prima di essere imbottigliato, un primo affinamento in autoclave per qualche settimana e un ulteriore affinamento in bottiglia di 90 giorni.

Vino bianco

Se è vero che in genere con la carne stanno benissimo i vini rossi, è altrettanto vero che per determinate ricette di carne, è preferibile scegliere un vino bianco. Anche questi vini si dividono in 3 macro categorie: leggeri, strutturati e aromatici. Di queste 3 categorie, gli unici bianchi, che possono accompagnare la carne, sono quelli strutturati, in quanto i bianchi leggeri, essendo dei vini di facile beva, di spiccata acidità e con dei profumi fruttati e floreali, sono adatti agli aperitivi e ai piatti di pesce, mentre gli aromatici che hanno una profumazione intensa e si dividono in passiti, spumanti e frizzanti, si abbinano rispettivamente a formaggi erborinati e pasticceria, oppure a dolci lievitati. I vini bianchi strutturati hanno la caratteristica di essere corposi, con profumi intensi, di avere un maggiore tasso alcolico, una fermentazione lunga, sovente quella malolattica che ne abbassa l’acidità e ne accresce la morbidezza, ed un affinamento in barriques.

Questa categoria si sposa magnificamente con tutta la carne bianca e gli esempi perfetti di questo connubio sono un’insalata o un bollito di pollo e del roast-beef. Se tra gli antipasti che abbiamo deciso di preparare per cena sono compresi anche i salumi e non vogliamo prendere in considerazione un vino rosé, possiamo trovare una soluzione perfetta nel nostro Montecarlo Bianco Etichetta Bianca DOC 2021 che nasce da un blend di Trebbiano Toscano, Pinot Bianco, Sauvignon Blanc, Semillon e Malvasia. Ognuna di queste varietà viene vinificata e fermentata separatamente in acciaio Inox a temperatura controllata, e vengono assemblate solo nella fase di pre-imbottigliamento. Con una gradazione alcolica di 12,5°C ed una temperatura di servizio di 8-10°C, è un vino dai profumi freschi, intensi, floreali e fruttati, con frutta a bacca bianca e fiori d’arancio, mentre al palato ha un gusto fresco, fruttato e, anche se equilibrato, sapido.

Se invece la carne bianca è prevista nel nostro menù come secondo piatto, allora vogliamo consigliare due vini bianchi diversi, a seconda che questa carne venga cucinata arrosto e sulla brace oppure con un sugo leggero. Nel primo caso la soluzione ideale è il  M.i.o. Viognier IGT Toscana 2021 che viene prodotto da uve Viognier in purezza. Viene considerato un vitigno delicato sia nella crescita perché tende ad ammalarsi sia nella vinificazione perché può diventare acido.

Viene detto M. i. o. perché è l’acronimo di Minerale, Intenso e Originale. Subisce una pressatura soffice a bassa temperatura e in atmosfera inerte per non alterare le sue qualità organolettiche, per poi venire fermentato ed affinato in acciaio inox. Questo suo invecchiamento solo in acciaio dona al vino una grande freschezza e dei profumi intensi, floreali e fruttati di albicocca, pesca e agrumi, che appaiono evidenti anche al palato, dove vengono però bilanciati da note minerali e da un retrogusto amarognolo. E’ un vino semi-aromatico che ha una gradazione alcolica di 14°C, e una temperatura di servizio ideale di 8/10°C.

In caso, infine, di carne bianca preparata con un sugo leggero, il vino che vogliamo consigliare è il Vasario IGT Toscana 2019 che si ottiene da Pinot Bianco in purezza, la cui vendemmia viene fatta nelle prime due settimane di settembre. Subisce fermentazione e affinamento in barriques di rovere d’Allier, dipartimento francese, e per 8 mesi rimane sulle fecce leggere. E’ un vino storico della Tenuta che, nel corso degli anni, per avere un prodotto sempre al passo coi tempi, ha subito delle trasformazioni. Il suo nome gli è stato dato in onore dello storico rinascimentale Giorgio Vasari che in un suo libro fu il primo a parlare della città di Montecarlo. Con una temperatura ottimale di 12°C ed una gradazione alcolica di 13,5°C, questo vino ha dei profumi molto intensi e complessi con aromi floreali e di frutta a pasta gialla e tropicale che si fondono con note di burro, vaniglia e miele. Ha un gusto molto equilibrato, ampio, ben strutturato e con un finale morbido e persistente, frutto del suo invecchiamento in rovere per 8 mesi.

Come conservare il vino rosso?

E’ molto importante conoscere quali sono i criteri per conservare correttamente un vino rosso, per cui scopriremo insieme la temperatura e il tipo di ambiente ideali, qual è la cosa giusta da fare se una bottiglia rimane aperta ma soprattutto quali sono gli errori da evitare per non comprometterne il gusto e il profumo. 

Un vino, continua ad evolversi anche dopo l’imbottigliamento, per questo la conservazione dopo l’apertura richiede delle attenzioni che ti aiuteranno a preservarne le caratteristiche fino all’ultima goccia. 

Prima di aprire la bottiglia un vino rosso di media struttura generalmente si può conservare per 3 o 4 anni mentre, per un rosso da invecchiamento, il tempo di conservazione può essere di oltre 10 anni senza che perda le proprie caratteristiche. 

Questi tempi ce li abbiamo solo  se vengono osservate alcune regole base di conservazione per entrambi i vini. 

Dopo aver comprato un vino, il primo accorgimento è quello di riporlo su uno scaffale in posizione orizzontale, inclinandolo di circa 5°. 

La posizione orizzontale è fondamentale affinché il vino rimanga a contatto col tappo di sughero, così da rimanere umido ed elastico rendendo così impossibile l’entrata di ossigeno nella bottiglia. 

L’inclinazione è inoltre necessaria perché permette di depositare sul fondo della bottiglia degli eventuali residui solidi, il cosiddetto fondo, rilasciati nel corso del tempo dal vino. 

Per il medesimo motivo ricordiamoci di mettere il vino in posizione verticale almeno un paio di ore prima di consumarlo. 

Un altro accorgimento è quello di posizionare le bottiglie con l’etichetta rivolta verso l’alto, in modo tale che la data dell’imbottigliamento possa essere letta facilmente, evitando così di maneggiarle, se non al momento della degustazione.

Temperatura

Per una conservazione senza difetti di un vino, la temperatura giusta e il grado di umidità corretto sono due fattori fondamentali ed imprescindibili. Se vogliamo che un rosso possa  mantenere intatte le caratteristiche organolettiche fino al momento del consumo, dobbiamo custodirlo seguendo alcune regole inderogabili. Sarebbe importante dotarsi di un strumento come l’igrometro per poter misurare temperatura e umidità dell’ambiente in cui verrà conservato il vino.

Per quanto riguarda la corretta temperatura per un vino rosso dovrebbe oscillare tra i 12° e i 16°C, I vini giovani avranno la temperatura più bassa di un paio di gradi rispetto ai maturi. La temperatura del vino rosso, comunque, non deve mai andare oltre i 18/20°C e non dovrebbe mai scendere sotto gli 11°C, poiché temperature diverse potrebbero alterarne le qualità.

Con le temperature più alte velocizziamo l’evoluzione del vino e ne determiniamo l’invecchiamento precoce, provocando l’evaporazione dell’alcol e patologie ossidative che porterebbero ad aumentare il volume causando la fuoriuscita del liquido dalla bottiglia. Inoltre anche i tappi potrebbero deteriorarsi perché il calore tende a seccarli, quindi a restringerli e a farli saltare.

Di contro temperature più fredde ne rallenterebbero l’evoluzione e determinerebbero, sul fondo della bottiglia, la formazione di piccoli cristalli che, anche se lasciano il sapore invariato, non sono esteticamente gradevoli da vedere nel bicchiere. La temperatura, infine, deve essere costante, nel senso che un vino non deve mai subire sbalzi termici, perché sono una continua minaccia alla sua definitiva maturazione.

Il nostro consiglio, quando si acquista un vino soprattutto d’estate, dove le temperature si alzano in maniera esponenziale, è quello di lasciarlo qualche ora in una stanza con una temperatura intermedia rispetto alla cantina. L’altro fattore fondamentale, forse anche più importante della temperatura, è il grado di umidità che deve esserci nell’ambiente in cui abbiamo deciso di conservare il vino.

Questo parametro deve oscillare tra il 65% e il 75%, perché, un’umidità maggiore, oltre a rendere illeggibili le etichette, genera muffe, funghi e marciume all’esterno del tappo che potrebbero penetrare anche all’interno. Con un minore grado di umidità l’ambiente esterno risulterebbe troppo secco ed il tappo di sughero, che con il passare del tempo diventa sempre meno ermetico, tenderebbe a rimpicciolirsi, creando così un passaggio dell’ossigeno molto dannoso per il vino.

In casi come questo, far installare un deumidificatore o semplicemente avere nella stanza un paio di sacchi di sabbia bagnati potrebbero risolvere il problema.

Tipo di ambiente

L’ambiente adatto dove conservare il vino, dovrebbe avere una scaffalatura in legno, perché questo materiale ha due proprietà importanti:

  1.  mantiene costante la temperatura delle bottiglie, così da fargli rimanere intatte le sue caratteristiche organolettiche,
  2. assorbe le vibrazioni che danneggiano il tappo, che gli farebbero perdere elasticità ed aderenza alla bottiglia e determinerebbero il passaggio di aria all’interno, favorendo così l’ossidazione e provocando il deterioramento del vino.
    In questa scaffalatura  i vini rossi vanno posizionati nei settori più alti, dove la temperatura è superiore, rispetto ai bianchi e ai rosati che invece hanno bisogno di meno gradi e, come è noto, l’aria calda tende a salire perché più leggera.

Tra i rossi, quelli più giovani vengono messi negli scaffali più bassi, a seguire quelli più corposi ed infine i rossi da invecchiamento.

Le pareti su cui appoggiare questi scaffali devono essere preferibilmente in pietra o di mattoni e non piastrellate perché non permettono la traspirazione.

Il pavimento dovrebbe essere  in terra battuta a cui è stata messa sopra della ghiaia; se questo non è possibile, può andar bene anche una pavimentazione in cemento o in cotto. Le vibrazioni sono molto dannose per i vini e quindi è sconsigliato conservarli in stanze dove ci sono elettrodomestici. L’ambiente ideale deve essere ben areato, fresco, lontano dal rumore e dalla luce.

La frescura si ottiene eliminando all’interno qualunque fonte di calore, come tubi di riscaldamento o caldaie e rivolgendo il locale verso nord-est, evitando così i raggi del sole delle ore più calde che riscaldano le pareti esterne.  L’assenza di rumore si può ottenere isolando l’ambiente.

Per quanto riguarda la luce è necessario che la stanza sia completamente al buio perché la luce accelera l’invecchiamento e l’ossidazione del vino.

Qualora non fosse possibile avere una stanza senza luce, si possono conservare i vini in scatole di cartone o di legno, sempre in posizione orizzontale. Il vino, come si sa, assorbe tutti gli odori quindi è necessario che non stia nella stessa stanza dove vengono conservati generi alimentari come salumi e formaggi o altri odori molto forti come quelli di detersivi e vernici.

Se non si possiede una cantina con queste caratteristiche  si possono trovare delle soluzioni alternative come un ripostiglio, da cui sono state eliminate tutti gli elementi dannosi, oppure un vecchio armadio rivestito di un materiale isolante come il polistirolo.

Esistono alternative sul mercato pensate esclusivamente per il mondo del vino, come le cantinette frigo e gli armadi climatizzati.

Se la necessità  è quella di conservare solo qualche bottiglia di rosso, possiamo riporre le bottiglie orizzontalmente in una scatola, all’interno di una stanza che abbia una temperatura costante, che non superi i 18°C.

E se la bottiglia è aperta?

Cerchiamo infine di capire cosa fare qualora ci trovassimo di fronte ad una bottiglia aperta ma non terminata durante un pasto, oppure trovata aperta in cantina.

E’ possibile che durante un pranzo o una cena la bottiglia di vino che abbiamo aperto non finisca del tutto: in questo caso è necessario conservarla nella maniera corretta, applicando delle semplici regole che ci faranno gustare il vino rimasto come se la bottiglia fosse stata appena stappata. Innanzitutto un vino aperto  va consumato non oltre i 3 o 5 giorni dall’apertura e va sempre conservato in posizione verticale, perché in questo modo si riduce il contatto con l’aria con e si evitano le oscillazioni della bottiglia. Un primo controllo da fare sarà verificare quanto vino è rimasto nella bottiglia e, se la parte vuota è maggiore di quella occupata, sarà necessario travasarlo in una più piccola.

Un’altro riscontro sarà quello di appurare che la bottiglia sia ermeticamente chiusa perché, come sappiamo, il vino a contatto con l’aria si ossida, quindi è necessario accertarsi che il tappo originale non si sia ristretto e, in caso contrario, lo si dovrà sostituire con un’altro nuovo in sughero oppure utilizzare quelli universali in metallo. Si trovano in commercio anche dei tappi speciali con una valvola che aziona una piccola pompa che, aspirando l’ossigeno dalla bottiglia, rallenta l’ossidazione e ricrea uno status simile all’originale. Una volta superato il problema tappo, dobbiamo pensare alla temperatura e conservare il vino avanzato in un luogo fresco, non esposto direttamente alla luce o a fonti di calore; questo luogo potrebbe essere anche il frigorifero se viene tenuto a temperature non troppo basse e siamo nei mesi estivi.

In questo caso, prima di poterlo degustare, sarà necessario che il vino torni alla sua temperatura di servizio ottimale e sarà importante anche verificare che non si siano formati detriti sul fondo della bottiglia, il cosiddetto cremor tartaro.

All’occorrenza, meglio non versare l’ultimo bicchiere. Nel caso in cui invece la bottiglia aperta la trovassimo in cantina, prima ancora di aprirla, dobbiamo necessariamente assaggiare il vino e solo se gusto e profumi sono quelli originari, possiamo berlo altrimenti andrà buttato.

Questo caso si verifica quando l’ambiente in cui lo abbiamo conservato ha una temperatura troppo alta oppure c’è poca umidità e quindi il locale è secco; in questi casi il tappo si restringe e il liquido fuoriesce dalla bottiglia.

Come conservare il vino rosé?

Ti spiegherò come conservare il vino rosé: parleremo dell’importanza della temperatura, dell’ambiente e cosa fare quando ci rimane una bottiglia aperta, ma soprattutto quali sono gli errori da non commettere per non comprometterne la bontà.

Il vino è un prodotto vivo, in costante maturazione, anche quando viene imbottigliato. 

Per questo è molto importante che venga conservato correttamente, altrimenti, può perdere le sue caratteristiche organolettiche in brevissimo tempo. Il vino rosé in questi ultimi anni è stato riabilitato dai tanti esperti del settore e dal pubblico degli appassionati .

I dati della Coldiretti, che ne ha registrato un notevole aumento di consumi, ne è stata un’ulteriore conferma. Ci si è accorti della sua versatilità e della sua freschezza. Gli è stata riconosciuta la sua peculiarità principale, quella di aver riassunto in sé le caratteristiche migliori dei vini rossi e di quelli bianchi.

Per questo in una collezione di vini, un rosé non dovrebbe mai mancare.  Una prima regola per una buona conservazione di un vino è di custodirlo in una stanza buia; una buona alternativa potrebbe essere metterlo in una scatola di cartone o di legno, perché un qualunque contatto con la luce ne accelera l’ossidazione e l’invecchiamento. Oltre alla luce, il vino soffre anche il caldo, quindi sarebbe meglio metterlo in una stanza dove i raggi del sole battono solo nelle prime ore del mattino.

Anche una temperatura interna elevata è dannosa, quindi la bottiglia deve essere conservata lontano da fonti di calore. Altra regola valida per tutte le tipologie di vino è quella di mantenerli in posizione orizzontale con una inclinazione di 5 gradi.

La posizione orizzontale è importante per il tappo che, a contatto col vino, rimane umido e non perde elasticità evitando di restringersi causando la fuoriuscita del vino.

Anche l’inclinazione è importante perché in questa maniera eventuali residui solidi rilasciati dal vino si vanno a depositare sul fondo della bottiglia. Per evitare poi di maneggiare la bottiglia se non quando deve essere consumata, è buona regola posizionarla in modo che l’etichetta sia sempre visibile. 

Temperatura

L’ ambiente corretto per la  conservazione del vino, deve rispondere ad alcune regole basilari. Una prima regola è quella di conservare la bottiglia in una scaffalatura in legno perché questo materiale ha due proprietà importanti:

  • assorbe le vibrazioni che danneggiano il tappo, facendogli perdere elasticità ed aderenza alla bottiglia con il conseguente passaggio di ossigeno all’interno che provoca il deterioramento del vino,
  •  mantiene costante la temperatura delle bottiglie, così da lasciare intatte le sue qualità.

 

I vini rosati vanno posizionati sui piani bassi degli scaffali, subito dopo quelli bianchi, perché hanno bisogno di temperature più basse e quindi devono stare vicini al pavimento dove l’aria è più fredda.

Il pavimento è preferibile averlo in cotto o in cemento, anche se la soluzione migliore è sicuramente la terra battuta ricoperta da uno strato di ghiaia.

Le pareti su cui adagiare questi scaffali devono essere in mattoni o in pietra e non in piastrelle che non lasciano traspirare l’ambiente.

Altre caratteristiche che dovrebbe avere un ambiente ideale sono l’assenza di rumori e soprattutto quella di odori.

Come è ben noto, tra le varie proprietà del vino c’è anche quella di assorbire gli odori, quindi va evitato ogni vicinanza con vernici e detersivi ma anche con altri generi alimentari come formaggi e salumi.

Tutti questi requisiti che abbiamo descritto su come deve essere l’ambiente perfetto per una conservazione ideale del vino, altro non sono che l’identikit di una cantina, ma sappiamo bene che la maggioranza delle persone non ne sono in possesso, quindi, come soluzioni alternative, dobbiamo pensare ad un ambiente che abbia più o meno le stesse caratteristiche.

Una prima soluzione potrebbe essere un ripostiglio, oppure si potrebbe rivestire, un vecchio armadio in legno con del polistirolo che fa da isolante il vino.

Ci sarebbero anche altre due alternative per veri appassionati: una cantinetta frigo o un armadio climatizzato. Per chi infine deve acquistare una o due bottiglie di rosé solo per una cena tra amici, allora il consiglio è di conservarle in una scatola in una stanza, che non sia la cucina, con una una temperatura che non superi i 18°C e di metterle in frigorifero solo per raggiungere la temperatura di servizio, tra i 12 e i 14°C.

E se la bottiglia è aperta?

Scopriamo cosa fare se ci rimane una bottiglia aperta e quanto tempo può durare.

Durante un pranzo o una cena in compagnia può capitare di non finire un vino rosé che abbiamo aperto e, per conservarlo nella giusta maniera, abbiamo bisogno di seguire delle semplici regole.

Come ben sappiamo, nel momento in cui il vino entra in contatto con l’aria subisce un processo di ossidazione che deteriora piano piano il suo gusto e il suo aroma, trasformandolo alla lunga in acido acetico e, più aria c’è nella bottiglia, più veloce è questo processo.

La prima cosa da fare è verificare quanto vino è rimasto e, se la bottiglia è mezza vuota, vuol dire che l’aria e il vuoto sono maggiori rispetto al liquido e quindi il vino va travasato in una bottiglia più piccola.

Il secondo accorgimento riguarda il tappo di sughero che deve essere perfettamente ermetico, quindi, se non possiamo utilizzare l’originale, lo dobbiamo sostituire con uno nuovo in sughero oppure con uno universale in metallo.

Esistono anche dei tappi particolari che hanno una valvola collegata ad una piccola pompa che aspira l’aria.

Un altro accorgimento è quello di conservare la bottiglia in posizione verticale in un luogo che non abbia fonti di luce e di calore, quindi buio e asciutto, e che per i vini rosé deve avere una temperatura tra i 10 e i 12°C, perché le basse temperature rallentano  il deterioramento del vino.

Questo luogo appena descritto è il perfetto identikit di un frigorifero dove i vini rosé possono essere conservati al massimo per una settimana.

Nel caso in cui invece la bottiglia non sia stata aperta da noi ma l’abbiamo trovata così in cantina, allora prima di consumarlo, dobbiamo assaggiarlo per capire se è ancora buono e se ha conservato il suo profumo e il suo gusto floreale e fruttato originale.

 

Come conservare il vino bianco?

Esistono criteri per conservare il vino bianco nel migliore dei modi sia prima dell’apertura che dopo, nel caso rimanga del vino.

Il vino è un prodotto vivo, quindi sensibile agli agenti esterni,  e solo una corretta conservazione ne può mantenere inalterate tutte le  caratteristiche organolettiche.

Non è sempre facile soddisfare tutti i requisiti di una corretta conservazione, ma conoscere quali sono, può essere comunque importante per limitare i danni ed evitare brutte sorprese.

Il vino non termina mai la sua maturazione che continua anche dopo l’imbottigliamento.

Un vino bianco solitamente va bevuto giovane e il tempo di conservazione non supera i due anni, a meno che non si tratti di bianchi di medio-lungo invecchiamento.

Una prima regola per una buona conservazione di un vino, bianco o rosso che sia, è quello di tenerlo in posizione orizzontale con un’inclinazione di circa 5°.

Solo i vini liquorosi o i bianchi giovani possono essere lasciati in posizione verticale.

La posizione orizzontale è importante perché in questo modo il vino rimane a contatto col tappo di sughero, lasciandolo umido ed elastico e rendendo impossibile l’entrata dell’ossigeno nella bottiglia.

Anche l’inclinazione è rilevante perché consente al vino di depositare sul fondo eventuali sedimenti come le sostanze coloranti del vino, gli antociani, che, nel tempo, si aggregano, diventano più grandi e pesanti e formano il cosiddetto fondo.

Per lo stesso motivo un vino deve essere messo in posizione verticale almeno un paio d’ore prima di essere bevuto, soprattutto quando si tratta di bianchi strutturati.

Un altro accorgimento è quello di posizionare le bottiglie con l’etichetta in vista così da poter leggere facilmente la data dell’imbottigliamento ed avere sempre la situazione delle bottiglie sotto controllo, evitando così di maneggiarle continuamente e di provocare scossoni.

Temperatura

La temperatura e il grado di umidità sono due parametri importantissimi per la corretta conservazione e devono sottostare ad alcune regole inderogabili.

È’ quindi indispensabile dotarsi di un strumento che possa misurarle nell’ambiente in cui andremo a conservare le bottiglie.

La temperatura deve osservare due principi fondamentali: deve essere medio-bassa e costante.

L’ambiente in cui andremo a conservare un vino bianco dovrà oscillare tra i 10 e i 12°C perché una temperatura diversa ne altererebbe le qualità.

Infatti temperature più alte accelerano l’evoluzione del vino,  causano l’invecchiamento precoce, l’evaporazione dell’alcol, provocano fenomeni ossidativi e possono aumentare il volume, causando la fuoriuscita dalla bottiglia.

Queste stesse alte temperature potrebbero causare danni anche ai tappi che, con il calore, tendono a seccarsi e quindi a restringersi e saltare.

Ma anche le temperature più basse sono dannose al vino perché ne bloccano l’evoluzione e causano la formazione di piccoli cristalli che si depositano sul fondo della bottiglia.

In sostanza è fondamentale avere una temperatura costante ed evitare gli sbalzi termici. Per questo motivo quando si acquista un vino, prima di portarlo in cantina, bisognerebbe lasciarlo qualche ora in una stanza con una temperatura intermedia.

Altro parametro fondamentale è il grado di umidità che deve esserci in cantina e che deve oscillare tra il 65% e il 75% .Con un’umidità minore, l’ambiente esterno risulterebbe più secco ed il tappo di sughero, che con il passare del tempo non è più così ermetico, tende a rimpicciolirsi, creando così un passaggio dell’ossigeno molto dannoso per il vino.

Di contro anche l’umidità eccessiva, oltre a macchiare e rendere illeggibili le etichette, è dannosa perché genera muffe, funghi e marciume intorno al tappo e contribuisce a danneggiarlo.

Per poter controllare la temperatura e l’umidità basta dotarsi di un igrometro professionale che le misura entrambe.

Tipo di ambiente

Cerchiamo ora di scoprire qual è il tipo di ambiente giusto per un vino. La soluzione ideale per una conservazione perfetta di un vino è la cantina o un altro tipo di ambiente che rispetti dei determinati requisiti.

Le pareti non devono essere piastrellate ma in pietra o mattoni per lasciare respirare il muro. Il pavimento può essere in cemento o in cotto o meglio ancora in terra battuta a cui è stata aggiunta sopra della ghiaia.

Il vino va riposto in scaffali di legno perché è il materiale che più di tutti mantiene costante la temperatura e assorbe le vibrazioni molto dannose per il tappo.

I vini bianchi vanno riposti in orizzontale nei piani più bassi degli scaffali. L’ordine deve seguire l’età, da quelli più giovani a quelli meno giovani, perché hanno bisogno di temperature più fredde e, come si sa, l’aria calda sale verso l’alto.

Altri parametri molto importanti sono il caldo e la luce. Il calore viene scongiurato rivolgendo la cantina verso nord-est, così i raggi solari che riscaldano le pareti esterne sono quelli del sole di prima mattina, ed eliminando all’interno dell’ambiente qualunque forma di calore.

Per quanto riguarda la luce, lampade e neon compresi, è fondamentale che non ce ne sia e che l’ambiente rimanga completamente al buio. Se non è possibile avere un ambiente senza luce, meglio conservare il vino, sempre in posizione orizzontale, in scatole di legno o di cartone.

Un’altra cosa da evitare è conservare il vino vicino ad odori molto forti come quelli dei formaggi e dei salumi ma anche di vernici e detersivi perché una delle proprietà del vino è quella di assorbire tutti gli odori.

Quando nella nostra Tenuta del Buonamico un cliente acquista un vino bianco e gli ripetiamo tutte le regole che abbiamo appena descritto, spesso ci confessa di non avere una cantina e ci chiede se ci sono delle soluzioni alternative.

Una prima potrebbe essere quella di conservare il vino in un ripostiglio, dove però ricreare le stesse condizioni di una cantina. Una seconda è rivestire un vecchio armadio con del polistirolo in modo da isolarlo completamente.

Un’ultima alternativa è quella di acquistare una cantinetta frigo o un armadio climatizzato dove far invecchiare i propri vini.

Tutto questo viene consigliato a chi possiede o ama possedere a casa una piccola scorta di vini. Se invece si è abituati a comprare la singola bottiglia per consumarla in un breve periodo di tempo, i consigli che diamo per non rovinare il vino sono:

  •  di conservarlo in una stanza dalla temperatura costante,
  • di riporlo in una scatola,
  • di evitare di lasciarlo in cucina che è la stanza più calda e piena di odori della casa,
  • e di metterlo in frigorifero solo il tempo che serve per arrivare alla corretta temperatura di servizio.

E se la bottiglia è aperta?

Una domanda che spesso ci viene posta dai nostri clienti è cosa devono fare per conservare il vino di una bottiglia aperta.

È fondamentale comprendere se si riferisce ad una bottiglia trovata aperta in cantina oppure se riguarda una bottiglia aperta per essere consumato ma che non viene bevuta tutto.

Nella quasi totalità delle volte, le persone sono interessate a quest’ultimo caso ma noi, per completezza di informazioni e per far conoscere sempre di più il mondo del vino, diamo la risposta ad entrambi i quesiti.

Nel primo caso trovare una bottiglia aperta in cantina significa che il tappo si è ristretto e la causa, come abbiamo spiegato prima, è da ricercarsi nella temperatura troppo alta oppure nella scarsa umidità dell’ambiente che lo rende particolarmente secco.

In questo caso bisogna procedere ad una piccola degustazione del vino che, solo nel caso aroma e gusto siano ancora quelli originari, può ancora essere bevuto.

Nel caso invece la domanda si riferisca alla bottiglia aperta ma non finita, il consiglio valido per tutti i vini bianchi è di conservarli in frigorifero purché siano chiusi perfettamente con un tappo di sughero che può essere sia quello originale, nel caso sia rimasto intatto, che uno nuovo.

Visto però che il principale nemico di un vino aperto è la sua ossidazione rapida, una soluzione, per impedire il contatto del vino con l’aria, può essere quella di dotarsi di tappi in metallo universali oppure di acquistare dei tappi particolari che hanno una valvola che aziona una piccola pompa che aspira l’ossigeno dalla bottiglia, rallentando quindi l’ossidazione e ricreando una situazione simile all’originale.

Per i tempi di conservazione in frigorifero bisogna infine fare una distinzione tra un vino bianco leggero e uno più strutturato: il primo, in linea di massima, si conserva in frigorifero tra i 5 e i 7 giorni, l’altro invece al massimo tra i 3 e i 5 giorni.

 

Tipi di bottiglie per i nostri vini rossi

I tipi di bottiglie per i nostri vini rossi sono scelte sulla base delle loro caratteristiche specifiche rispetto alla tipologia di vino che devono contenere.

Esistono in commercio diversi tipi di bottiglie utilizzate per imbottigliare i vini rossi.

Le più importanti e anche le più diffuse al Mondo sono:

  • Bordolese,
  • Borgognotta,
  • Champagnotta
  • Renana,
  • Fiasco,
  • Pulcianella, Albeisa e Astesana tipiche di Toscana e Piemonte.

La produzione industriale delle bottiglie di vetro cominciò alla fine del 1800 e ogni Paese produttore di vini iniziò a fabbricare le sue bottiglie con forme e formati proprie.

Questo è il motivo per cui molto spesso questi contenitori sono chiamati come il loro luogo d’origine.

Anche se il vetro era conosciuto già nell’antico Egitto per trovare le prime bottiglie di vetro utilizzabili per il vino dobbiamo aspettare la seconda metà del Settecento, quando in Inghilterra furono inventate le English Bottles.

Erano bottiglie dalla forma panciuta che avevano un anello rinforzato dove veniva legata una cordicella che serviva a tenere bloccato il tappo di sughero.

Le English Bottles furono il primo esperimento, perché fino al Settecento, il vino veniva conservato in botti di legno dove invecchiava.  Veniva trasportato in otri di cuoio e solo al momento di essere consumato veniva trasferito in anfore e bicchieri.

La bottiglia di vetro segnò una vera e propria svolta per il vino, per la sua integrità e conservazione.

Caratteristiche della bottiglia da rosso

Le caratteristiche comuni a tutte le bottiglie sono la capacità, che nel formato standard oggi è di 75 cl, e una certa anatomia: partendo dal basso, una base, un corpo, una spalla, un collo ed un anello.

La base o fondo ha il compito di tenere in piedi la bottiglia. Può essere più o meno concava e questa sua caratteristica ha due funzioni:

  • dare maggiore resistenza all’intera bottiglia
  • essere un appiglio per la mano durante la mescita del vino.Il corpo è la parte che contiene il vino e può essere più o meno largo o lungo.

La spalla è la parte terminale del collo, è il punto dove la bottiglia comincia ad allargarsi ed ha la funzione di raccogliere eventuali residui del vino durante la sua mescita.

Infine ci sono il collo, che è la parte più sottile della bottiglia, e l’anello, detto anche cercine, dove il vetro è più spesso e serve a dare maggiore consistenza e forza al collo.

Una volta al cercine venivano applicati dei piccoli fili metallici o delle cordicelle che servivano a bloccare il tappo.

Per una buona conservazione del vino è fondamentale che la bottiglia abbia il colore giusto. Il vino è un prodotto vivo ed è molto sensibile alla luce e, quindi, quando ne risulta esposto, perde le sue qualità organolettiche, ossidandosi.

La bottiglia per i rossi giovani che non devono maturare in essa dovrebbe essere di colore verde. Per i vini che subiscono un invecchiamento più o meno lungo,invece, il colore della bottiglia è quasi sempre marrone o nero, così da preservarlo completamente dall’esposizione alla luce.

La bottiglia più utilizzata sia per i vini rossi che per quelli bianchi è sicuramente la Bordolese: di forma cilindrica, ha il collo corto e la spalla accentuata che ha il compito di impedire il deflusso di eventuali residui nel bicchiere.

Ha un’altezza di 30 cm, una capacità di 75 cl ed il colore usato per i vini rossi giovani e di facile beva è verde mentre è color ambra per quelli di pregio che subiscono l’invecchiamento in bottiglia.

Per questi ultimi viene utilizzata una bordolese detta a spalla alta. Un’altra bottiglia utilizzata per i rossi è il fiasco. Originario della Toscana, è stato simbolo per tanti anni del Chianti. I suoi primi esemplari risalgono alla fine del XIII secolo quando nacque e si sviluppò l’arte vetraia fiorentina soprattutto nelle zone di Montelupo Fiorentino e di Empoli.

Di vetro soffiato e di colore verde chiaro, il fiasco ha una forma quasi sferica ed è rivestito di paglia secca che gli permette di avere la stabilità verticale. Negli anni Sessanta la paglia fu sostituita dalla plastica e il fiasco perse tutto il suo fascino.

Simile al fiasco ma originaria della zona di Montepulciano in provincia di Siena è la Pulcianella che, con un’altezza di 20 cm e una capacità di 75 cl, ha la base poco pronunciata, il corpo panciuto, la spalla molto pronunciata e il collo corto.

Questa bottiglia una volta veniva utilizzata dalle famiglie nobili per trasportare il vino allo Stato Pontificio. Oggi in Italia viene usata solo nella Locride per i vini passiti liquorosi mentre continua ad essere la bottiglia di riferimento in Francia per gli Armagnac e in Portogallo per il Vinho Verde e il Mateus.

Negli ultimi anni sono tornate di moda in Piemonte la bottiglia Astesana, tipica del Monferrato, che si distingue per il corpo panciuto e il collo lungo.  In Piemonte vediamo un ritorno anche della bottiglia Albeisa originaria della città di Alba.

Venne coniata nel ‘700 dai produttori della zona di Alba per distinguere i propri vini; oggi viene utilizzata per imbottigliare i grandi vini del Piemonte, come il Barolo e il Barbaresco.

Si caratterizza per la forma conico-cilindrica. Ha  base e spalla poco pronunciate, collo corto e altezza di 30 cm, capacità 75 cl ed è di colore marrone per permettere un migliore affinamento del vino.

Champenoise

La Champenoise detta anche Sciampagnotta o Champagnotta è la bottiglia tipica dello spumante e dei vini frizzanti.

Originaria della regione francese dello Champagne, è una bottiglia che ha il vetro e il collo molto spessi ed anche il fondo più largo e maggiormente concavo, per sostenere la pressione dell’anidride carbonica degli spumanti che può arrivare a 10 atmosfere. Queste caratteristiche sono necessarie per evitare che la bottiglia scoppi quando è a temperatura ambiente o addirittura calda. Altre caratteristiche di questa tipologia di bottiglie sono la spalla snella e slanciata e il collo lungo dove alla fine troviamo il cercine, l’ispessimento del vetro su cui viene inserita la gabbietta di metallo per non far saltare il tappo di sughero.

Per gli spumanti di maggior pregio, viene invece utilizzata la Champenoise prestige cuvée che si presenta leggermente più bassa e con una pancia e il cercine più accentuati.

Accanto alla versione standard che ha una capacità di 75 cl, un peso di 850 grammi, un diametro di 9,4 cm ed un’altezza di 28,5 cm, ne esistono altre versioni sia più piccole, come le Mignonette da 20 cl usate soprattutto in hotel o in aereo, sia più grandi come la Magnum da 1,5 lt o la Jeroboam da 3 lt che noi della Tenuta del Buonamico utilizziamo per imbottigliare i nostri vini rossi così da esaltare le loro qualità organolettiche.

Borgognotta

La Borgognotta o Borgognona è oggi sicuramente una delle bottiglie più utilizzate dai produttori di vino.

Nasce in Borgogna per imbottigliare i notissimi vini della Côte d’Or come Pinot Nero e Chardonnay.

E’ una bottiglia dalla forma cilindrica-conica, una base larga, un collo lungo e delle spalle affusolate che servono ad evitare che possano uscire dei depositi dal vino quando viene decantato.

Utilizzata sia per i bianchi che per i rossi, per questi ultimi viene prodotta di colore verde scuro oppure nera, se deve ospitare dei vini rossi di grande valore e di lungo invecchiamento.

Nella sua versione standard di 75 cl, ha un peso di 457 grammi, un diametro di 7,6 cm ed un’altezza di 31 cm.

La nostra Tenuta utilizza la bottiglia Borgognotta per imbottigliare i quattro vini rossi che produciamo nella nostra cantina:

Il Montecarlo Rosso DOC 2019, fiore all’occhiello della nostra cantina.

Nato da un blend di uve Sangiovese, Canaiolo, Syrah, Cabernet Sauvignon e Merlot, ha una fermentazione controllata che avviene in acciaio inox.  I profumi di questo vino sono intensi, di frutta fresca come visciola e amarena; al palato invece risulta fresco, armonico, morbido, persistente e ben strutturato. Disponibile nei formati Borgognotta Elegance verde da 0,750 lt e Borgognotta verde da 0,375 lt.

L’Etichetta Blu DOC 2018 nasce come blend delle uve Sangiovese, Canaiolo, Syrah, Merlot e Cabernet Sauvignon ed è un vino per il quale la fermentazione e la macerazione sono termo-condizionate in acciaio inox.

Una parte dei mosti effettua la fermentazione a basse temperature affinché si possano conservare maggiormente gli aromi varietali mentre un’altra parte viene messa in barriques per 7 mesi dove effettuerà la fermentazione malolattica. Disponibile in Borgognotta Elegance verde da 0,750 lt , Champenoise verde scura da 1,5 lt  e Jeroboam da 3 lt, è’ un vino che ha un gusto denso, ampio, vellutato, dai profumi netti e con note molto cariche di spezie, cacao, vaniglia, fiori e frutta scura che lo rendono un vino complesso.

Il Cercatoja IGT Toscana 2017 nasce come blend di uve di Sangiovese, Syrah, Cabernet Sauvignon: subisce prima una fermentazione in acciaio inox a controllo termico per almeno 3 settimane, poi una nuova fermentazione malolattica in barriques  e un affinamento successivo per circa 18 mesi. Si presenta al palato come un vino elegante, profondo e molto ben strutturato, con una trama tannica molto ben riconoscibile ma comunque equilibrata e arrotondata. Ha profumi intensi e complessi con note profonde di frutta nera, fiori, cacao e spezie. Disponibile in Borgognotta Liberty nera da 0,750 lt, in Borgognotta nera da 0,375 lt, in Champenoise verde scura da 1,5 lt e in Jeroboam da 3 lt.

Il Fortino IGT TOSCANA 2017 viene prodotto dalle uve della vigna di Syrah più vecchia d’Italia; fermenta in acciaio inox e viene affinato in barriques di rovere francese per circa 18 mesi.  E’ un vino dagli aromi intensi, ampi e fruttati di frutta rossa, more e sottobosco con delle note balsamiche e speziate. È disponibile in formato Borgognotta Liberty nera da 0,750 lt, in Champenoise verde scura da 1,5 lt, oppure in Jeroboam da 3 lt.

Tipi di bottiglie per i nostri vini bianchi

I tipi di bottiglie per i nostri vini bianchi sono scelti in base alle loro caratteristiche generali e in base ad alcune caratteristiche specifiche.  Fino alla metà del ‘700 il vino non era contenuto in bottiglie di vetro, materiale con tempi di lavorazione troppo lunghi, usato quindi solo per profumi ed essenze.

In epoca romana il vino era conservato in botti di legno poi, quando doveva essere consumato, veniva travasato in anfore.

Anche nel Rinascimento veniva commercializzato in anfore e  botti, era poi l’oste a portarlo in tavola direttamente in caraffe e in  bottiglie non adatte al trasporto e alla conservazione.

Il vino veniva lasciato invecchiare nelle botti, cosa che si rifletteva negativamente sulla qualità perché si ossidava velocemente e perdeva il sapore.

Nel 1652 in Inghilterra Sir Kenelm Digby produsse le prime bottiglie di vetro, le English Bottles.  Avevano una forma molto più panciuta rispetto a quelle odierne,  ed un anello di rinforzo intorno al collo a cui veniva legata una cordicella per tenere bloccato il tappo di sughero.

Questo ha rappresentato una svolta per la commercializzazione e la conservazione del vino che poteva così mantenersi integro per più tempo.

Dall’Inghilterra queste bottiglie si diffusero prima in Francia, poi in Italia ed infine in tutto il mondo.

In Italia i primi esemplari di bottiglie in vetro ci furono in Toscana nel XIV° secolo con i fiaschi impagliati.

Lo sviluppo definitivo si ebbe con l’espansione dell’arte vetraria, soprattutto a Murano, nella Repubblica della Serenissima.

Oggi esistono molte tipologie di bottiglie da vino, ognuna con caratteristiche che le rendono specifiche per bianchi, rossi e spumanti.

La scelta del vetro, come contenitore ideale del vino, dipende dal fatto che mantiene intatto il sapore, lo conserva perfettamente evitando l’insorgere di alterazioni e infiltrazioni di microbi nocivi ed inoltre c’è la possibilità di riutilizzo della bottiglia.

Caratteristiche della bottiglia da bianco

Le bottiglie più diffuse per i vini bianchi sono:

  • Bordolese;
  • Renana,;
  • Borgognotta;
  • in alcuni casi, la Champenoise, detta anche Sciampagnotta o Champagnotta.

La Bordolese, nata nella regione di Bordeaux, è la più utilizzata in commercio sia per i bianchi che per i rossi.

È di forma cilindrica, ha una spalla accentuata, che impedisce il deflusso di eventuali residui nel bicchiere e il collo corto.

Ha una capacità di 75 cl, un’altezza di 30 cm e il colore usato per i vini bianchi è il “mezzo bianco”.

Altra bottiglia utilizzata, soprattutto per i vini bianchi aromatici, è la Renana, che è originaria della Valle del Reno.

Alta, affusolata e slanciata, è una bottiglia che manca di spalla, visto che i vini contenuti non lasciano sedimenti.  Ha una base senza rientranza, una forma conico-cilindrica ed un colore trasparente o verde chiaro.

Altra bottiglia che in Francia viene utilizzata per i vini della Provenza e che in Italia, nelle Marche, è usata per il vino Verdicchio è l’anforetta, solitamente di colore verde.

Avrai notato che le bottiglie sono descritte anche in base alle loro parti “anatomiche”.

Il fondo viene chiamato base, il fusto è detto corpo e quella parte, dove il corpo si piega a formare il collo, viene detta spalla.

Poi c’è  il collo, che è la parte più stretta della bottiglia, ed infine c’è l’anello, che è la parte leggermente più larga a contatto con il tappo.

In passato la capacità di una bottiglia standard variava dai 70 ai 78 cl; oggi tutti i paesi produttori di vino si sono uniformati a 75 cl.

Oltre al formato standard che è il più utilizzato, esistono altri 14 formati, partendo da una capacità di 20 cl fino ad arrivare ai 150 litri.

Le bottiglie più grandi vengono utilizzate per vini di maggior pregio ed i francesi, proprio per esaltarne il valore, diedero a queste bottiglie il nome di un Re biblico.

Il colore del vetro, che ha il compito di proteggere il vino dalla luce per evitarne l’ossidazione, può variare dal bianco all’ambrato, dal verde al marrone e dai toni chiari a quelli scuri che sono utilizzati soprattutto per i vini che subiscono un lungo affinamento.

Champenoise

La bottiglia Champenoise viene solitamente utilizzata  per contenere champagne ed i vini spumanti.

Ha una capacità di 75 cl, un’altezza di 28,5 cm, un diametro di 9,4 cm e un peso di 850 grammi.

Ha la base più larga e il il vetro e il collo sono più spessi perché deve sostenere l’urto della pressione dell’anidride carbonica contenuta negli spumanti.

Queste caratteristiche le vengono conferite per prevenire un eventuale scoppio soprattutto quando la bottiglia è calda o è a temperatura ambiente.

E’ di colore verde scuro per fermare i raggi ultravioletti, a meno che non ospiti dei Blanc de Blanc cioè spumanti prodotti solo da uve bianche, la base è più larga, così la pressione è maggiormente distribuita.

La spalla è slanciata in modo da non trattenere depositi e da rendere fluida la mescita del vino nel bicchiere.

Ha il collo lungo che presenta nella parte terminale un rigonfiamento, il cercine, creato dallo spessore stesso del vetro e su cui viene bloccata la gabbietta metallica che si mette sul tappo per evitare che salti.

Accanto a questa bottiglia classica, esiste un’altra versione leggermente più bassa con pancia e il cercine più accentuati. Questa è la champagnotta prestige cuvée e viene utilizzata per gli spumanti di maggior valore.

La Champenoise si può trovare sia nei formati piccoli, come le Mignonette da 20 cl, che in quelli grandi come la Magnum da 1,5 lt, la Jeroboam da 3 lt oppure la Mathusalem da 6 litri.

Per i bianchi della nostra Tenuta del Buonamico oltre al formato Borgognotta, utilizziamo la versione Magnum verde scuro, per esaltare maggiormente le caratteristiche organolettiche ed avere un minore processo ossidativo.

Borgognotta

La Borgognotta, detta anche Borgognona, è una bottiglia originaria della Borgogna dove veniva impiegata per imbottigliare i notissimi vini della Côte d’Or come Pinot Nero e Chardonnay.

Sembra che abbia origini benedettine in quanto furono proprio questi monaci a dedicarsi alla produzione di questi vini.

Viene utilizzata sia per i bianchi che per i rossi e, nella sua versione standard di 75 cl, ha un’altezza di 31 cm, un diametro di 7,6 cm e un peso di 457 grammi.

Ha una forma cilindrica-conica, spalle affusolate che, durante la decantazione, sono adatte ad evitare la fuoriuscita di depositi.

Possiede un collo lungo e una base più larga, può essere trasparente o di colore verde scuro, detto anche color foglia morta.

Noi della Tenuta utilizziamo la Borgognotta per tutti i nostri vini bianchi di cui:

  • Montecarlo Bianco DOC 2020 prodotto dal blend di Trebbiano Toscano, Pinot Bianco, Sauvignon, Semillon, Roussanne e Chardonnay, vinificati e fermentati separatamente e assemblati in fase di pre-imbottigliamento.È’ un vino dai profumi freschi, intensi e floreali, un gusto complesso ed equilibrato con gradevoli note fruttate. Disponibile nei formati Borgognotta Elegance verde da 0,750 lt, e in Borgognotta verde da 0,375 lt.
  • Montecarlo Bianco DOC Etichetta Bianca 2021. Nato da un blend di Trebbiano Toscano, Pinot Bianco, Sauvignon Blanc, Semillon e Malvasia, subisce le stesse fasi di lavorazione del Montecarlo Bianco. Viene considerato un vino innovativo e quasi aromatico per l’alta concentrazione di Pinot Bianco, Sauvignon Bianco e Malvasia, pur rispettando il disciplinare della zona di Montecarlo. È un bianco dai profumi freschi, intensi, floreali e fruttati di frutta a bacca bianca e fiori d’arancio, mentre al palato si presenta equilibrato, fresco, fruttato e sapido.
  • Vivi Vermentino IGT Toscana 2021, nasce da Vermentino in  purezza. Il suo mosto si ottiene con una pressatura soffice e viene lasciato raffreddare 24 ore, così da poter rilasciare il suo sedimento naturalmente.  Ha profumi intensi, floreali e minerali mentre al gusto si presenta fresco, sapido e di spiccata acidità.
  • M.i.o. Viognier IGT Toscana 2021 che viene prodotto da uve Viognier in purezza. Viene detto M. i. o. perché le sue caratteristiche principali sono la Mineralità, Intensità e Originalità. Subisce una pressatura soffice a bassa temperatura e in atmosfera inerte per non alterare le caratteristiche organolettiche e poi viene fermentato ed affinato in acciaio inox. E’ un vino semi aromatico che ha una grande freschezza e dei profumi intensi, floreali e fruttati di albicocca, pesca e agrumi, che si mostrano evidenti anche al gusto, dove vengono però bilanciati da note minerali e un retrogusto amarognolo. Vasario IGT Toscana 2019 prodotto da Pinot Bianco in purezza, viene vendemmiato nelle prime due settimane di settembre e subisce sia la fermentazione che l’affinamento in barriques di rovere d’Allier, rimanendo per 8 mesi sulle fecce leggere. E’ un vino storico della Tenuta che però nel corso degli anni, per avere un prodotto sempre al passo coi tempi, ha subito varie trasformazioni. Prende il nome dallo storico rinascimentale Giorgio Vasari che fu il primo a parlare della città di Montecarlo in un suo libro. Presenta un gusto molto equilibrato, ampio, ben strutturato e con un finale morbido e persistente, frutto del suo invecchiamento in rovere per 8 mesi. Ha dei profumi molto intensi e complessi con aromi floreali e di frutta a pasta gialla e tropicale che si fondono con note di burro, vaniglia e miele. Disponibile in Borgognotta Liberty nera da 0,750 lt, in Champenoise verde scura da 1,5 lt e in Jeroboam da 3 lt.