Migliori vini per pranzo di Pasqua

Per scegliere i migliori vini per il pranzo di Pasqua dobbiamo prima di tutto decidere il menù. Finita la quaresima, iniziano i festeggiamenti della Pasqua con una ricca sequenza di piatti di una certa complessità di gusto. A parte le uova, i salumi, i formaggi, anche le torte salate presentano una certa laboriosità di struttura. La carne poi, tipica quella dell’agnello, viene cotta e aromatizzata con spezie ed erbe aromatiche.

Con queste premesse è quindi molto probabile che il tuo pranzo di Pasqua richieda un vino diverso ad ogni portata.

Accostare il giusto vino alla pietanza è una indispensabile componente per ottenere una equilibrata armonia di sapori.

Torte salate, come la pasqualina o il casatiello, uova, salumi, formaggi, paste al forno, carni di agnello glassate, al forno, in umido o alla brace e infine una golosa colomba, fintanto che i bambini aprono le uova di cioccolata e giocano con le “sorprese”, sono le ricette che si ripetono ogni anno nelle case di noi italiani.

Mentre aspettiamo di gustare tutte queste bontà in un pranzo lento e allegro, potremmo iniziare con offrire ai nostri ospiti uno spumante brut da scegliere tra un bianco e un rosé. Nella nostra Tenuta del Buonamico abbiamo due prodotti perfetti per l’occasione, il Particolare Brut e il Particolare Brut Rosé.

Il primo è uno spumante che nasce da uve a bacca bianca di Pinot Bianco, Semillon e Trebbiano Toscano, viene spumantizzato con il metodo Charmat, viene fermentato per 120 giorni ed affinato prima in autoclave e poi in bottiglia per altri 4 mesi. Con una gradazione alcolica di 12 °C ed una temperatura di servizio consigliata tra gli 8 e i 10°C, viene considerato un vino elegante e di facile beva per il suo gusto  secco, di forte acidità, dal tenore zuccherino equilibrato e con dei profumi floreali, fruttati e di pane tostato.

Il Particolare Brut Rosé è invece uno spumante prodotto dalla vinificazione in bianco di Syrah e Sangiovese, spumantizzato in autoclave a temperatura controllata secondo il metodo Charmat e fermentato per 120 giorni. Subisce una filtrazione quasi immediata per preservare la sua freschezza e l’affinamento avviene prima in autoclave, per alcune settimane, e poi in bottiglia per altri 60 giorni.

Con la stessa gradazione alcolica del Particolare Brut, ha dei profumi freschi, fruttati e fragranti, dove l’aroma iniziale di rosa canina lascia il posto al sentore di amarena, lampone e fragola, mentre al palato risulta molto elegante e fresco, con un’acidità che viene bilanciata dal tenore zuccherino.

Con la torta pasqualina

La torta pasqualina è una tipica ricetta ligure, le cui prime tracce documentate sono del XVI° secolo, quando il letterato Ortensio Lando la cita nel suo “Catalogo delli inventori delle cose che si mangiano et si bevano” con il nome di Gattafura, ossia di un cibo talmente gustoso e ghiotto che “le gatte lo furavano”, cioè lo rubavano.

All’epoca era un piatto che veniva mangiato solo nelle grandi occasioni e potevano permetterselo soltanto le persone di un ceto sociale benestante, perché tra i suoi ingredienti ci sono uova e formaggio che all’epoca erano considerati beni di lusso.

La versione originale di questa ricetta ligure prevede che la sfoglia, preparata con acqua, sale, farina ed olio extravergine di oliva ligure, sia costituita da 33 sottilissimi strati, che ricordano gli anni di Cristo al momento della morte.

La farcitura invece è composta da uova intere, simbolo di rinascita, formaggio grattugiato, bietole, prima appassite e poi soffritte in padella con la cipolla, maggiorana, latte e soprattutto dalla prescinseua, un tipico formaggio morbido ligure con una consistenza a metà tra lo yogurt e la ricotta che è quasi impossibile da trovare fuori dalla Liguria, e per questo nelle altre regioni viene sostituito dalla ricotta.

Per la sua bontà è un piatto che ormai viene preparato in ogni periodo dell’anno e in ogni regione d’Italia e quindi ne esistono tantissime versioni alternative, in cui le bietole vengono sostituite da spinaci, carciofi, funghi, zucca o piselli.

Per la ricchezza di sapori è meglio accompagnare la torta pasqualina ad un bianco giovane, secco, sapido, morbido e profumato come un Vermentino.

Alla Tenuta produciamo il Vivi Vermentino IGT Toscana 2021, ottenuto da uve Vermentino in purezza. Il mosto,  che si ottiene con una pressatura soffice, viene lasciato a raffreddare 24 ore in modo da poter rilasciare il suo sedimento naturale. La sua parte limpida viene fermentata, ad una temperatura controllata di 16°C, in serbatoi di acciaio inox, dove è previsto anche l’affinamento. Con una temperatura di servizio di 8-10 °C e una gradazione alcolica di 12,5 °C, è un vino dai profumi intensi, minerali e floreali e un gusto pieno, sapido, fresco e piacevole ma allo stesso tempo di carattere. Ha un’acidità spiccata che lo fa essere perfetto anche se bevuto da solo come aperitivo.

Insieme all’agnello

L’abbinamento alla carne d’agnello, può variare anche in base alla tipologia di cottura usata nella preparazione.

Ci sono vari tipi di agnello, quello da latte o abbacchio che pesa tra i 4 e i 6 kg e viene macellato dopo 25-30 giorni di vita e l’agnello vero e proprio, che può pesare fino a 10 kg.

Vengono allevati soprattutto nell’Italia meridionale, isole comprese, e centrale fino alla Romagna; la loro carne è molto leggera e digeribile. L’agnello è una pietanza tipica di Pasqua perché è un simbolo religioso ed è una carne  stagionale. Si presta ad essere cucinato in vari modi: alla griglia, come ad esempio nella ricetta dell’ Abbacchio Scottadito, sul fuoco, come avviene per l’Agnello in umido, alla brace (ottime ad esempio le Costolette), in forno con le patate o porchettato e infine in ragù per condire una buona pasta artigianale.

Il vino da abbinare cambia a seconda della preparazione usata.  Per un primo piatto condito con il ragù di agnello e per una preparazione come l’Abbacchio Scottadito o quella al forno con le patate, la soluzione migliore è quella di scegliere un rosso di buona struttura e morbido proprio come il Montecarlo Rosso DOC 2019.

Nato da un blend di Sangiovese, Canaiolo, Syrah, Cabernet Sauvignon e Merlot, è un vino dalla fermentazione controllata in acciaio inox dove avviene anche l’affinamento. Con una gradazione alcolica di 12,5°C ed una temperatura di servizio ottimale di 15°C, ha profumi intensi di frutta fresca come amarena e visciola, mentre al palato è un vino ben strutturato, fresco, armonico, morbido e persistente.

Se invece l’agnello viene cucinato in umido, è consigliabile abbinarlo al Fortino IGT TOSCANA 2017, un Syrah in purezza che fermenta in acciaio inox e viene affinato in barriques di rovere francese per circa 18 mesi.

Con una gradazione alcolica di 14 °C e una temperatura ottimale di servizio di 18 °C, presenta degli aromi ampi, intensi e fruttati di frutta rossa, more e sottobosco con delle note balsamiche e speziate. Considerato un vino molto strutturato, elegante, sapido ed equilibrato, quando si assaggia, viene percepito immediatamente un tannino potente, morbido e fitto che si adatta perfettamente alla sua struttura corposa e alla sua acidità.

Con la colomba pasquale

Diamo infine qualche consiglio su quale vino bere insieme alla colomba, lievitato dolce con mandorle e canditi di arancia.

Simbolo di purezza e di pace, questo dolce viene preparato solo a Pasqua e sulla sua nascita circolano da sempre varie leggende.  Una prima risale alla metà del VI° secolo quando, durante l’assedio di Pavia, fu offerto, in segno di pace, al Re longobardo Alboino un dolce di pane a forma di colomba.

Una seconda leggenda riguarda il monaco irlandese San Colombano, che un giorno fu invitato ad un pranzo lussuoso dalla regina longobarda Teodolinda. Tra le varie portate era presente anche la carne, che il santo si rifiutò di mangiare perché era tempo di Quaresima.

La regina si offese e San Colombano decise che le avrebbe mangiato la carne solo dopo averla benedetta. Fece quindi il segno della croce e le carni si trasformarono in bianche colombe di pane.

La terza e ultima leggenda riguarda la battaglia di Legnano del 1176 con l’inaspettata vittoria dei Comuni della Lega Lombarda sull’Imperatore germanico Federico Barbarossa.

Secondo questa versione della storia la colomba sarebbe nata per volontà di un condottiero della Lega che, per omaggiare le tre colombe che nel corso della dura battaglia avevano “vegliato” sulle insegne della Lega dei comuni, fece preparare dei pani a forma dell’uccello simbolico.

Al di là di queste leggende, l’unica cosa certa è che la colomba come la conosciamo oggi nacque negli anni ‘30 e fu un’intuizione di Dino Villani, direttore pubblicitario della Motta, l’azienda milanese già famosa per i suoi panettoni natalizi.

Questo signore mantovano, ideatore tra l’altro anche del concorso di bellezza che diventerà Miss Italia, partorì l’idea di sfruttare gli stessi macchinari, che servivano per preparare il panettone, per realizzare un nuovo dolce da mangiare a Pasqua che avesse i medesimi ingredienti di quello natalizio.

Ecco perché la versione originale della colomba viene preparata con quasi tutti gli stessi ingredienti del panettone, ossia farina, uova, burro, zucchero, lievito, arance candite e una glassatura alle mandorle e all’amaretto. A questa versione classica, nel corso degli anni, come è accaduto per il panettone, ne sono state aggiunte altre con farciture di crema o cioccolato.

Per quanto riguarda il vino da abbinare si può scegliere tra un passito rosso o bianco oppure si può optare per uno spumante dolce che con le sue bollicine stimola la salivazione e pulisce la bocca. Nella nostra Tenuta viene prodotto uno spumante dolce perfetto per accompagnare i  lievitati come la colomba: parliamo del Particolare Dolce.

Prodotto da Moscato in purezza e spumantizzato con il Metodo Charmat, la lavorazione del mosto viene eseguita in autoclave a temperatura controllata e, con l’azione di lieviti altamente selezionati, si arriva ad avere una presa di spuma perfetta. Viene fermentato per 120 giorni, subendo poi una filtrazione quasi immediata in modo da preservare la sua freschezza. Dopo essere stato affinato per qualche settimana in autoclave, continua il suo affinamento in bottiglia.

Con una temperatura di 8/10°C ed una gradazione alcolica di 7 °C, il Particolare Dolce ha un contenuto zuccherino molto basso e per questo viene accostato ad un semi-dolce.

Presenta un profumo molto persistente ed intenso con delle note di fiori d’arancio, miele, salvia, noce moscata e frutta esotica, mentre al gusto risulta piacevole, morbido, intenso, fresco e floreale, con una persistenza gusto-olfattiva lunga ed un perlage fine.

Pranzo di Pasqua: cosa cucinare

Cosa cucinare per il pranzo di Pasqua non dovrebbe mettere in difficoltà: ci sono infatti, in ogni regione, piatti e usanze che non dovrebbero mai mancare.

Un detto dice: Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi. Questo per spiegare quanto sia di uso comune passare la Pasqua tra amici, magari con pranzi informali e anche all’aperto, godendo della compagnia ma anche dei primi caldi primaverili.

Unendo le tradizioni di diverse aree geografiche italiane, abbiamo pensato di consigliarti particolarmente tre portate:

  • antipasto con casatiello napoletano,
  • primo piatto con lasagna al ragù,
  • secondo piatto con abbacchio a scottadito.

Sono tutti piatti da preparare anche il giorno prima per dare la possibilità di passare il giorno di festa con tranquillità anche al cuoco o alla cuoca di casa.

Pasqua è anche il simbolo della Primavera e sulla tavola di Pasqua e di Pasquetta non dovrebbero mancare i prodotti tipici di questa stagione, come: gli asparagi, i carciofi, le fave e i piselli.

Gli immancabili sulla tavola di Pasqua sono i salumi, le uova, sode o ripiene, i formaggi freschi e stagionati, le torte salate farcite di verdure e le focacce dolci, che sono diverse dalle colombe.

Simili al casatiello, puoi preparare anche la Torta Pasqualina oppure delle pizze rustiche, ricche di erbette di campo e ricotta dolce e salata.

Per i primi piatti, in alternativa o in appoggio alle lasagne al ragù, sono sempre molto gradite e pratiche da preparare le crostate di pasta o i timballi di riso, condite con un ragù di agnello o di coniglio.

Anche per i secondi non mancano opzioni diverse: se, per esempio, l’abbacchio non piace, il coniglio o un pollo ruspante alla cacciatora potrebbero essere un’alternativa gradita. Anche i polpettoni di carne ripieni di uova e asparagi sono una pietanza molto apprezzata, oppure, per una Pasqua all’aperto, c’è sempre la carne alla griglia come soluzione.

Antipasti: casatiello

Il casatiello è una ricetta tipica napoletana che si inizia a preparare già il giovedì santo ed arriva in tavola accompagnato da salumi e formaggi. Questo lievitato rustico a forma di ciambella ha un valore simbolico: con il casatiello si festeggia la resurrezione di Cristo. Le strisce di pasta di pane che ingabbiano le uova, riproducono la croce e la corona di spine di Gesù, mentre la loro disposizione ad anello rappresenta il fatto che la resurrezione viene festeggiata ogni anno.

Ha origini antichissime: ne troviamo traccia già nella Napoli della letteratura greca, dove si legge di pani conditi con diversi ingredienti. Nell’epoca romana viene servito durante le feste primaverili in onore di Demetra o Cerere, diventando, infine, il simbolo della Pasqua cattolica.

Il suo nome deriva da “caseus”, formaggio, un chiaro richiamo alla grande quantità contenuta.

Le donne napoletane di un tempo riempivano questa torta salata con tutti gli avanzi di formaggio che avanzavano appositamente. Oggi all’interno dell’impasto ci sono uova, salumi, formaggi e strutto.

Chi non è di Napoli spesso confonde il Casatiello col Tortano, che ha una preparazione simile ma senza uova come decorazione e per questo non è una ricetta tipicamente pasquale.

Del Casatiello esiste anche una versione dolce che viene preparata con uova, zucchero, strutto e decorata con della glassa in superficie.

Primi: Lasagne al ragù

Le lasagne al ragù sono un classico della cucina italiana, vengono preparate in ogni periodo dell’anno e non scontentano mai nessuno.

E’ il piatto del pranzo della domenica e quello dei giorni di festa, soprattutto perché è buonissimo anche il giorno dopo, quindi è perfetto per il picnic di Pasquetta.

Le lasagne hanno origini molto antiche: erano conosciute già in epoca romana. Apicio, considerato il più antico gastronomo italiano, nel suo trattato in dieci libri “De re coquinaria”, parla di una “lagana”, che viene preparata con delle sottili sfoglie di pasta farcite con carne e cotte in forno.

Per trovare invece le prime tracce di quella che viene considerata l’antenata della ricetta odierna, dobbiamo arrivare all’epoca angioina, agli inizi del XIV° secolo, con il “Liber de coquina”, dove si parla di lasagne lessate e poi condite, strato dopo strato, con formaggio e spezie. La prima ricetta delle lasagne, come le intendiamo oggi, cucinate con il pomodoro, è del 1881 ed è contenuta nel “Principe dei cuochi o la vera cucina napoletana” di Francesco Palma.

Oggi le due versioni più conosciute sono appunto quella delle lasagne alla napoletana e quella alla bolognese.

La prima viene condita con il ragù napoletano e viene preparata, alternando gli strati di sfoglia bianca con ricotta vaccina, fiordilatte e polpettine di carne, a cui si possono aggiungere, secondo la tradizione, anche fette di salame napoletano, salsiccia sbriciolata e spicchi di uova sode.

La lasagna bolognese, così come descritto nella ricetta depositata alla Camera di commercio di Bologna, invece, utilizza la sfoglia verde preparata con gli spinaci e viene farcita con ragù bolognese, cucinato con un misto di carne trita, besciamella, burro e parmigiano reggiano.

Ogni regione italiana ne ha comunque una propria versione, aggiungendo o sostituendo ingredienti delle ricette originali, con altri tipici della propria terra.

In Veneto viene fatta la lasagna con il radicchio rosso di Treviso o con gli asparagi, in Liguria con il pesto, in Umbria e nelle Marche si preparano i “vincisgrassi”, dove il ragù viene arricchito con rigaglie di pollo o carne di maiale, in Sardegna al posto della sfoglia viene messo il pane carasau, in Sicilia le lasagne si preparano con il ragù alla norma con le melanzane fritte, mentre nelle zone di montagna si utilizzano i funghi.

Negli ultimi anni sono state create anche delle versioni vegane, preparate con il ragù di seitan, di lenticchie o di soia.

 

Secondi:Abbacchio scottadito

L’abbacchio scottadito, detto anche abbacchio alla romana, è una ricetta tipica del Lazio ed è tradizione prepararla durante il pranzo di Pasqua. Il termine abbacchio e agnello non sono sinonimi: entrambi i termini identificano i  figli di pecora ma si differenziano per peso, età e nutrimento.

L’agnello è più grande di età e viene ucciso prima dei 6 mesi di vita, pesa tra i 7 e i 10 kg e si nutre di erba e fiori.

L’abbacchio, il cui nome corretto è agnello da latte, invece si nutre solo del latte della madre, pesa tra i 4 e i 6 kg, pascola allo stato brado e viene macellato dopo 25-30 giorni di vita, per cui ha una carne molto tenera, dolce e gustosa, soprattutto se viene allevato nel periodo compreso fra marzo e giugno.

La ricetta dell’ abbacchio a scottadito fa parte della cucina povera contadina ed ha origini antichissime. Ne parlano, nei loro scritti, Varrone, Columella e Giovenale e viene chiamata a scottadito perché, per apprezzare la morbidezza della sua carne, è usanza mangiare l’abbacchio molto caldo con le mani, fino a scottarsi le dita.

La parte di carne utilizzata per questa ricetta sono le costolette, prive di filetto a cui però viene lasciato l’osso. La particolarità di questo piatto sta nel fatto che, prima di essere cotta, la carne deve essere lasciata a marinare, per almeno 30 minuti in frigorifero, in un condimento a base di olio, aglio, sale, pepe, limone, timo e rosmarino.

Secondo la ricetta tradizionale, la cottura dell’abbacchio deve essere sulla brace o sulla griglia, ma alcune famiglie romane lo preparano anche in padella o al forno; l’importante è che deve essere tolto dal fuoco solo quando la superficie della carne è del tutto coperta da una patina dorata.

 

Roussanne, caratteristiche del vitigno

In questo articolo approfondiremo la conoscenza del Roussanne e le caratteristiche di questo vitigno ancora poco conosciuto. Ne scopriremo anche, gli aromi e gli abbinamenti a tavola.

Il Roussanne, detto anche Fromenteau, Barbin o Bergeron, è un vitigno a bacca bianca originario di Montélimar, un comune della Valle del Rodano, la cui coltivazione in un secondo momento si è estesa anche in alcune zone della Francia meridionale.

Il nome deriva dal colore rossastro delle sue uve in piena maturazione e le sue prime tracce compaiono in uno scritto del 1781 sui vini della zona dell’Hermitage.

Il Roussanne, insieme al Marsanne con cui spesso è stato confuso, è componente fondamentale dei più importanti vini della Valle del Rodano.

Viene coltivato anche nella Francia meridionale, soprattutto in Provenza, dove c’è l’abitudine di mescolarlo con Chardonnay, Marsanne e Vermentino, mentre nella regione della Savoia è il mono vitigno per la produzione del cru Chignin Bergeron.

Al di fuori della Francia, il Roussanne viene coltivato in Australia, dove sembra sia stato portato per essere miscelato con lo Shiraz, in Sudafrica, in California, nello Stato di Washington e in Texas, in Israele, in Spagna e anche in Italia.

Registrato nel Catalogo Nazionale di Varietà della Vite nel 1971, il vitigno Roussanne ha delle caratteristiche ampelografiche ben precise:

  • foglia orbicolare, pentagonale e pentalobata,
  • grappolo medio, alato, piramidale, compatto o mediamente-compatto,
  • acino piccolo e sferoidale,
  • buccia pruinosa, sottile e di colore verde-giallo.

È un vitigno dalla maturazione tardiva che avviene verso la metà di settembre ed è fondamentale, affinché conservi i suoi aromi, che le sue uve siano vendemmiate solo quando raggiungono il giusto livello di maturazione perché, in caso di vendemmia anticipata, potrebbero soffrire di un’elevata acidità.

Richiede un clima caldo e soleggiato per maturare, e senza queste condizioni, l’uva può facilmente sviluppare muffe o marciumi. Cresce molto bene sui terreni calcarei, magri e sassosi ma ha una produzione irregolare così come le rese.

Soffre la mancanza di acqua, il marciume, l’oidio, la botrite e gli acari, per cui viene definita come una vite difficile da coltivare. Per questo motivo, per molti anni, questo vitigno è stato quasi dimenticato fino a quando non sono stati sviluppati dei cloni che hanno notevolmente attenuato queste sofferenze.

In Italia la coltivazione del Roussanne non è molto estesa, è limitata a poche regioni e non si producono vini in purezza ma sempre in blend con altri vitigni, ai quali dona aromaticità e acidità. In Toscana un gruppo di viticoltori lungimiranti ha voluto impiantare dei vitigni internazionali come il Roussanne accanto a quelli autoctoni per conferire ai propri vini sapori e profumi nuovi e particolari.

Da questo assemblaggio è nato un vino ormai conosciuto in tutto il mondo come il Montecarlo bianco.

La nostra Tenuta del Buonamico che si trova proprio a Montecarlo in provincia di Lucca ne ha prodotto una sua versione, il Montecarlo Bianco DOC 2020 che rappresenta il fiore all’occhiello della nostra cantina.

E’ un vino che nasce come blend di Trebbiano Toscano, Pinot Bianco, Sauvignon, Semillon, Roussanne e Chardonnay. Tutte queste varietà vengono vinificate e fermentate separatamente in acciaio Inox a temperatura controllata ed assemblate insieme solo nella fase di pre-imbottigliamento. Grazie all’assemblaggio di queste 6 varietà di uva, il Montecarlo Bianco si presenta con un gusto complesso ed equilibrato, accompagnato da gradevoli note fruttate e con profumi intensi, freschi e floreali.

Caratteristiche organolettiche

Prima di analizzare nel dettaglio quali siano le caratteristiche organolettiche del Roussanne, proviamo a spiegare soprattutto a chi si avvicina per la prima volta al mondo del vino, cosa si intende per caratteristiche organolettiche.

Si tratta di quei caratteri come colore, odore e sapore che possiamo percepire attraverso i nostri sensi, vista, olfatto e gusto. Ogni vino ha i propri tratti distintivi che lo contraddistinguono da tutti gli altri e che rappresentano la sua scheda tecnica, la sua carta di identità. Il vino che viene prodotto dalle uve Roussanne è di colore giallo paglierino chiaro e al gusto risulta fresco, leggero e fruttato.

Se viene coltivato nei climi caldi il Roussanne produce vini di ricchezza e corpo pieno, con sapori di miele e pera mentre nei climi più freddi i vini risultano più floreali e più delicati e con una maggiore acidità.

I vini prodotti dal Roussanne possono essere piuttosto ricchi e sviluppano una consistenza oleosa, setosa ed esotica e, secondo gli esperti, si apprezzano meglio nei primi anni di imbottigliamento o dopo un invecchiamento di 15-20 anni perché il gusto di questo vino migliora con l’età, mentre nel periodo intermedio i suoi sapori ed aromi sono difficili da trovare.

Durante la vinificazione è importante che ci sia attenzione da parte dell’enologo perché è un vino soggetto ad ossidazione.

Aromi

Per conoscere gli aromi di un vino quando partecipiamo ad una degustazione o semplicemente apriamo una bottiglia a casa con degli amici, non dobbiamo fare altro che prendere il bicchiere in mano, ruotarlo leggermente ed annusarlo. E’ molto importante fare questa leggera rotazione del calice perché solo in questo modo i profumi, che ricordiamo essere sostanze volatili, si possono liberare più facilmente nell’aria.

Allo stesso tempo è fondamentale che le inalazioni siano molto veloci, al massimo di due secondi, per evitare che il nostro naso si possa assuefare all’alcol.

Gli aromi, che potremmo percepire, possono essere di tre tipologie:

  • aromi primari o naturali che sono quelli connessi alla varietà dell’uva,
  • aromi secondari o indotti che si formano durante la fermentazione, grazie all’azione dei lieviti che trasformano gli zuccheri negli esteri e che possono essere fruttati o floreali,
  • aromi terziari, anch’essi indotti, che si sviluppano nella fase dell’invecchiamento, che può essere in acciaio o in legno, e nell’affinamento in bottiglia. Sono soprattutto questi gli aromi che formano il bouquet di un vino e che noi sentiamo quando lo annusiamo.

Questi aromi indotti molto spesso vengono stabiliti preventivamente dal viticoltore che vuole che il suo vino abbia il gradimento del pubblico e quindi decide solitamente di conferirgli aromi fruttati, floreali o erbacei.

Il profumo dei vini Roussanne è elegante, persistente e ricorda i sentori di tè alle erbe e, se viene degustato in purezza, diventa fine e raffinato con note di  iris, peonia, biancospino, caprifoglio, miele, frutta esotica, albicocca e pera.

Nel caso invece di vini invecchiati in legno, l’aroma diventa ancora più penetrante e i sentori, grigliati e tostati, sono quelli di cacao, nocciole e noci.

Abbinamenti

E’ stata superata da un po’ di anni la vecchia regola degli abbinamenti a tavola che recitava “vino rosso con la carne e vino bianco con il pesce”.

Oggi è opinione comune che, al di là delle varie teorie sull’analogia, sul contrasto o territoriale, gli abbinamenti migliori siano quelli che, nello stesso tempo, hanno la capacità di valorizzare le qualità di cibo e vino e di non far prevalere nessuno dei due sapori.

Come abbiamo appena visto, i vini prodotti da uve Roussanne hanno aromi fruttati e floreali e sapori freschi e leggeri e per questo si sposano perfettamente con un’ampia varietà di piatti a base di pesce: dagli antipasti con crostacei e frutti di mare, ai primi piatti come gli spaghetti con le vongole e ai secondi come aragosta, granchio e merluzzo.

Il loro abbinamento però non si conclude con il pesce, perché la loro struttura li porta ad essere compagni ideali anche di carni bianche, salumi, verdure, patè e formaggi a pasta molle e a pasta dura.

Il nostro Montecarlo Bianco DOC 2020, oltre ad essere compagno fedele degli esempi appena fatti, viene anche scelto da alcuni ristoranti per accompagnare ricette più elaborate come avviene nel Ristorante Gatto Nero di Torino dove è abbinato al “Tortino di alici al forno con pomodori, capperi e origano” oppure Ristorante Amici Miei del Principato di Monaco dove viene servito con gli “Spaghetti alla Jacques Cousteau” o nel The Black Faced Sheep ad Aboyne, in Scozia, dove accompagna il “Pane ai semi di zucca di Iona con salmone affumicato scozzese e burro”.

Diamo infine un’occhiata anche agli abbinamenti della cucina francese, patria dei vini Roussanne in purezza: oltre ai cibi italiani sopra citati, li troviamo associati anche a ricette orientali e speziate come il tajine all’albicocca secca, il curry di madras oppure a piatti a base di latte di cocco.

Quando invece le uve Roussanne vengono impiegate nella produzione di vini bianchi dolci come l’AOC Vin de Savoie Chignin Bergeron Blanc, li troviamo in abbinamento a torte al cioccolato, alla frutta, alle noci, alla Crème Brûlée, alle Frittelle e al Crumble.

 

 

Spumante brut, come servirlo

Come tutte le altre tipologie di spumante, il Brut segue delle regole molto precise su come deve essere servito, che riguardano la sequenza, la temperatura e il bicchiere.

E’ importante e utile conoscere quali siano le procedure di servizio giuste sia quando si hanno degli ospiti importanti sia durante delle cene con gli amici, perché servire uno spumante correttamente è segno di eleganza ma conferisce anche alla bottiglia un maggiore pregio.

Gli spumanti non sono tutti uguali: le differenze possono riguardare le tempistiche di produzione, per cui si distinguono in millesimati e non, se sono prodotti con uve che per l’85% sono dello stesso anno oppure sono di annate diverse; un’altra differenza riguarda la tipologia di uva utilizzata per la produzione, per cui si dividono in Blanc des blancs, che sono gli spumanti prodotti solo da uve bianche, in Blancs des noirs cioè gli spumanti che nascono da uve rosse vinificate in bianco senza buccia e infine in rosé che sono quelli ottenuti dai vini rosati.

Altre differenze riguardano il metodo di fermentazione, che può essere in bottiglia (metodo Champenoise) o in grandi contenitori di acciaio (metodo Charmat) e il contenuto zuccherino che può variare da 0 a 50 g/l.

Gli spumanti brut sono tutti quelli che hanno una quantità di zucchero inferiore a 12 g/l e nella cantina della nostra Tenuta Buonamico ne produciamo 4 per cercare di accontentare tutti i gusti dei nostri clienti:

  • Spumante Particolare Brut: è ottenuto da Pinot Bianco, Semillon e Trebbiano Toscano, tutte uve a bacca bianca coltivate a Montecarlo, in provincia di Lucca.  E’ realizzato secondo il metodo Charmat, con un processo di fermentazione di 120 giorni, e viene affinato prima in autoclave e poi in bottiglia per altri 4 mesi. Viene considerato un vino elegante e di facile beva per il suo gusto secco, di forte acidità, per il  tenore zuccherino equilibrato e per i suoi profumi floreali, fruttati e di pane tostato.
  • Spumante Inedito Particolare Brut Rosé Nature: nasce da uve dei vitigni Sangiovese e Syrah di annate diverse, e viene parzialmente affinato in botti di rovere  per 8 mesi. Viene spumantizzato con il Metodo Charmat in autoclave orizzontale dove viene fermentato ad una temperatura costantemente controllata per sei mesi. Presenta dei profumi di frutti a pasta rosa come fragolina di bosco, pesca e mela. Al gusto si mostra strutturato e complesso, e il contenuto zuccherino e la spiccata acidità sono ben bilanciati. Sono presenti anche delle note amarognole dovute alla permanenza nelle botti di legno.
  • Spumante Particolare Brut Rosé: viene ottenuto dalla vinificazione in bianco di uve rosse dei vitigni Syrah e Sangiovese. Viene spumantizzato secondo il metodo Charmat a temperatura controllata in autoclave, dove è fermentato per 120 giorni. E’ considerato uno spumante molto raffinato ed elegante, dal perlage fine e persistente. Presenta profumi freschi, fragranti e fruttati, in cui il sentore iniziale di rosa canina viene sostituito dall’ aroma di lampone, amarena e fragola. Al palato, si presenta fresco e la sua acidità spiccata e il tenore zuccherino si bilanciano.
  • Spumante Inedito Particolare Brut Nature: nasce da uve al 100% di Pinot Bianco. Subisce la spumantizzazione con il Metodo Charmat in autoclave orizzontale a temperatura controllata, viene fermentato per circa 6 mesi e viene filtrato quasi immediatamente, in modo da salvaguardare la sua naturale freschezza. E’ uno spumante dal gusto strutturato e complesso, dove si contrappongono una forte acidità ed un tenore zuccherino equilibrato. Ha profumi molto intensi di frutta a pasta gialla come pesca e mela, che lo rendono perfetto sia per i pranzi di pesce che per quelli di carne bianca.

Sequenza

Quando portiamo a tavola una bottiglia di spumante brut, la sequenza con cui viene servita deve seguire una procedura ben precisa. Sia che si tratti di una cena informale con degli amici sia che si ospitino dei commensali illustri, è sempre buona norma che il padrone di casa faccia vedere l’etichetta e dia qualche informazione sulla gradazione alcolica, la cantina e l’anno di produzione.

E’ importante, prima di essere stappato, che lo spumante non venga agitato e venga asciugato con un tovagliolo, visto che, per mantenerlo fresco, deve essere tenuto in frigorifero o nel secchiello del ghiaccio.

Dopo aver appoggiato lo spumante su un piano di servizio, con un coltellino si procede prima a togliere la capsula di stagnola e poi a svitare con molta cura la gabbietta, mantenendo la bottiglia dal collo con il pollice premuto sul tappo per evitare che salti. Secondo le regole del galateo, il botto non sarebbe molto educato a meno che non si stia festeggiando il Capodanno.

A questo punto si pulisce il collo esterno con il tovagliolo, per eliminare eventuali impurità, e si procede all’estrazione del tappo.

Una mano mantiene la bottiglia per la base, la solleva e la inclina di 45° nella direzione opposta ai commensali, l’altra fa ruotare il tappo fino a quando non si sarà sollevato.

Se si ha difficoltà ad estrarlo solo con la mano, ci si può aiutare con una pinza da spumante oppure si può utilizzare uno schiaccianoci.

E’ molto importante in questa fase che la bottiglia venga inclinata affinché l’anidride carbonica si possa propagare al meglio all’interno e non fuoriesca fuori. Una volta aperta la bottiglia, si procede ad annusare il tappo che non deve avere odori cattivi ed a pulire con il tovagliolo il collo nel suo interno per eliminare polvere o residui di sughero.

Lo step successivo sarà la verifica dello stato dello spumante da parte del padrone di casa o dell’intenditore tra i commensali, che ne verserà un sorso in un bicchiere per osservare la brillantezza del colore e se le bollicine salgono piccolissime, regolari e soprattutto rapidamente.

Solo a questo punto, tenendo la bottiglia avvolta in un tovagliolo, si potrà procedere con la mescita: a meno che non si stia festeggiando la ricorrenza di qualcuno, e in quel caso sarà il festeggiato ad essere il primo, lo spumante si inizia a servire alle donne, da quelle più anziane a quelle più giovani, e, con lo stesso meccanismo, si continua servendo gli uomini; l’ultimo sarà il padrone di casa o chi ha provveduto a fare l’assaggio.

Il bicchiere, per favorire lo sviluppo della schiuma, sarà riempito prima per un terzo e solo dopo si potrà aggiungere dell’altro spumante per arrivare ai due terzi consentiti.

Quando tutti gli ospiti a tavola saranno serviti, lo spumante verrà messo in un contenitore termico che gli consentirà di mantenere la giusta temperatura. Nel caso in cui gli spumanti brut da servire fossero più d’uno, la sequenza di servizio corretta prevede che si parta con gli spumanti Charmat meno intensi e strutturati e poi si passi a quelli Champenoise con quest’ordine: non millesimati, millesimati e Grand Cuvée.

Bicchiere

Per esaltare gusto e profumi di uno spumante brut, è importante che anche il bicchiere sia quello giusto e deve avere determinate caratteristiche di materiale, pulizia, temperatura e tipologia.

Il bicchiere ideale per sorseggiare uno spumante è in cristallo oppure in vetro sottile, l’importante è che sia trasparente e non colorato, liscio, senza rilievi o incisioni.

Quello in cristallo è un bicchiere che deve essere lavato a mano con acqua calda e sapone di Marsiglia mentre quello in vetro può essere messo in lavastoviglie, avendo cura, però, di toglierlo immediatamente finito il lavaggio per evitare che sia avvolto dal vapore; entrambi vanno asciugati con un  tovagliolo affinché non rimangano aloni.

Per quanto riguarda la temperatura del bicchiere, la regola vuole che sia la stessa dello spumante, quindi è consigliabile tenerlo in frigo qualche ora affinché si raffreddi.

Fino a qualche tempo fa, per bere uno spumante brut, sia metodo Classico che Charmat, veniva consigliata una flûte, un bicchiere a forma di cono rovesciato che, con la sua forma allungata e verticalità, valorizza il perlage, le bollicine dello spumante che, in questa maniera, salgono velocemente verso l’alto, per la spinta del fondo stretto e delle pareti quasi parallele di questo bicchiere.

In alternativa si poteva scegliere tra una mezza flûte, solo per gli spumanti secchi a metodo Charmat considerati più semplici e immediati, oppure una flûte con una pancia più larga, utilizzata infine per gli spumanti a metodo Classico più strutturati e per i millesimati.

Accanto a questa teoria tradizionalista, ultimamente si è formata una nuova corrente di pensiero che mette da parte la flûte, considerata scomoda soprattutto se lo spumante accompagna un intero pasto e penalizzante per i suoi aromi.

Il loro consiglio, invece, è quello di utilizzare lo stesso calice a tulipano che si usa con i vini bianchi, la mezza flûte oppure dei nuovi calici studiati appositamente dai produttori specializzati nei bicchieri da degustazione che, aumentando la superficie di contatto con l’aria e lasciando invariata la loro verticalità, danno modo allo spumante di sprigionare maggiormente i propri aromi.

 

 

Migliori vini per i dolci di Carnevale

Vogliamo darti qualche suggerimento sui migliori vini da abbinare ai dolci di Carnevale, quantomeno suggerirti le regole da seguire per gustare i più famosi dolci di Carnevale con il corretto vino abbinato.

Carnevale, può essere considerato il periodo dell’anno in cui le ricette dolci fritte, la fanno da padrone.

Chef ed enologi sono concordi nel prediligere gli abbinamenti regionali che prevedono che un vino e un piatto siano della stessa zona. Sono rigorosi inoltre nell’affermare che un  dolce deve essere abbinato ad un vino dolce, perché solo così le caratteristiche di entrambi potranno essere esaltate.

Oltre alle chiacchiere, le frittelle e le castagnole, diffusi in tutta Italia, ogni regione ha i suoi dolci tipici.

Ecco qui qualche esempio, visto che sarebbe impossibile citarli tutti:

  •  Alto Adige: ci sono i krapfen, che ormai si trovano tutto l’anno ma che nascono come un dolce di Carnevale;
  • Veneto: troviamo le “fritole” la cui ricetta originale prevede la presenza di pinoli e uvetta ma che si trovano anche farcite con marmellate o creme e con mele e rum o grappa.
  • Liguria: i Quaresimali, il Latte fritto e le Sciumette, una ricetta antica, ormai quasi dimenticata.
  • Piemonte: biscotti speziati chiamati Bicciolani e le Mantovane, fagottini di sfoglia cotti al forno e ripieni di marmellata, uva sultanina e mandorle.
  • Lombardia: i “Risulen”, preparati utilizzando farina bianca e quella gialla di mais a cui si aggiunge all’impasto, anche il Sassolino, un liquore tipico a base di spezie ed anice e la Tortionata di Lodi, una torta secca ma morbida a base di mandorle che in origine veniva preparata con il miele al posto delle uova.
  • Marche: gli Arancini dolci che possono avere un ripieno di sola arancia oppure mista con il  limone.
  • Toscana: la Schiacciata fiorentina, il Berlingozzo, una torta a forma di ciambella dove troviamo, tra i vari ingredienti, vin santo, vaniglia e arancia.
  • Umbria: è tipica la Crescionda;
  • Lazio: si mangiano, accanto a Castagnole e Frappe, i Ravioli fritti che possono avere una farcia di cannella, ricotta o cioccolato.
  • Molise e Abruzzo: è tipica la Cicerchiata: palline di pasta fritte che vengono amalgamate con del miele bollente e disposte a corona oppure a forma di piramide.
  • Campania: il Migliaccio, una torta preparata con il semolino, una volta veniva realizzata con la farina di miglio, latte, uova, ricotta e profumata con agrumi e vaniglia.
  • Sicilia: la Pignolata glassata dove la glassa può essere al limone, al cioccolato o col miele.
  • Sardegna: nel periodo carnevalesco si preparano, tra le infinite ricette, i Parafrittus, delle ciambelle fritte ricoperte di zucchero che nelle varie province possono essere aromatizzate con limone, arancia o anice e gli Acciuleddi, delle treccine dolci fritte e ricoperte di miele.

A questo punto è lecito chiedersi quale vino possiamo accompagnare ad ognuna di queste ricette. Nel momento in cui si decide di accompagnare un dolce di carnevale con un vino, bisogna scegliere tra un passito rosso o bianco oppure bisogna optare per uno spumante dolce che con le sue bollicine stimola la salivazione, pulisce la bocca ed equilibra la grassezza dei fritti.

Nella nostra Tenuta del Buonamico di Montecarlo in provincia di Lucca produciamo il Particolare Dolce,  uno spumante perfetto per accompagnare i dolci sia lievitati che non.

Prodotto da uve Moscato in purezza e spumantizzato con il Metodo Charmat, questo nostro spumante ha un contenuto zuccherino molto basso, un profumo persistente ed intenso con delle note di fiori d’arancio, miele, salvia, noce moscata e frutta esotica. Il gusto è piacevole, morbido, intenso, fresco e floreale, con una persistenza gusto-olfattiva lunga ed un perlage fine.

Vino per le castagnole

Le castagnole sono delle palline a forma di castagna che dalla tradizione culinaria di alcune regioni come le Marche, la Liguria che ha la De.Co. del Comune di Bordighera, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Lazio si sono diffuse in tutto il resto d’Italia.

Le prime tracce documentate certe dell’esistenza della castagnole sono in 4 ricette contenute in un manoscritto di fine ‘700, trovato da Italo Arieti negli Archivi di Stato della città di Viterbo ma si parla di struffoli alla romana, la cui conformazione è identica a quella delle castagnole. Preparate con farina, zucchero, uova e burro, queste palline lievitate vengono fritte e cosparse di zucchero a velo o semolato.

Nella loro ricetta originale hanno un cuore soffice ma vengono realizzate senza farcia. Nel corso degli anni, accanto a questa versione, ne sono state aggiunte altre dove invece possono essere preparate con un ripieno di cioccolato, ricotta o crema e ne esiste anche una al forno.

Possono essere abbinate ad uno spumante dolce, il vino perfetto per accompagnare le castagnole classiche senza ripieno. Se invece vogliamo abbinare il vino alle castagnole ripiene di crema è consigliabile scegliere un vino passito non troppo dolce, profumato e corposo. Ma veniamo ora agli abbinamenti per i più classici dei dolci di Carnevale.

Vino per le frittelle

Le frittelle sono, insieme alle chiacchiere,  sono uno dei dolci più famosi del Carnevale.

Sembra che fossero diffuse già al tempo dei Romani, ma le prime documentazioni certe sono della seconda metà del XIII secolo e la loro ricetta viene considerata il documento più antico di cucina veneziana di cui si ha traccia, ed è conservata nella Biblioteca Nazionale Casanatense di Roma.

Le frittelle, che a Venezia dove sono nate vengono chiamate “fritole”, sono considerate un’evoluzione della Zelbia arabo – persiana portata in quei luoghi da Giambonino da Cremona, e da lì si sono diffuse, prima in tutto al Nord e poi nel resto del nostro Paese.  A quel tempo queste deliziose palline venivano preparate da dei veri e propri cuochi di frittelle costituiti in associazione, i maestri fritoleri, che impastavano le frittelle direttamente nelle strade, friggendole nello strutto in enormi padelle.

Accanto alla ricetta originale, che nel 1700 fu eletta dolce nazionale della Repubblica Serenissima e che allora come oggi prevede che siano preparate con uvetta e pinoli e, ancora calde, cosparse di zucchero a velo, sono nate nel corso degli anni altre versioni: e oggi le più gettonate sono quelle con il ripieno di crema pasticcera, chantilly, zabaione, cioccolato, panna.

Il vino da abbinare alle frittelle deve essere un  vino dolce, uno spumante dolce, fresco e profumato oppure l’abbinamento più opportuno è con un vino prodotto da vendemmia tardiva o un passito.

Vino per le chiacchiere ( frappe o galani)

Scopriamo infine con quale vino possiamo accompagnare le chiacchiere, uno dei dolci simboli del Carnevale. Queste golosissime strisce di pasta fritte sembra siano nate in epoca romana col nome di “frictilia” per festeggiare i Saturnali.

È leggenda che le donne romane le preparassero in grande quantità per la semplicità della ricetta e che venissero offerte alla popolazione per festeggiare quella ricorrenza che corrisponde oggi al nostro Carnevale.

Tra le tante leggende che si tramandano sulla nascita delle chiacchiere, spicca quella napoletana, che racconta che siano nate un giorno in cui la regina Margherita di Savoia, in compagnia di ospiti, chiese al pasticcere di corte, Raffaele Esposito, di prepararle un dolce che potesse accompagnare le loro chiacchierate, e da qui il nome di chiacchiere.

Questo nome, come sappiamo, è solo uno dei tanti con cui queste sfoglie vengono chiamate: solo in Campania e Sicilia rimangono chiacchiere, ogni regione italiana infatti ha il proprio e molte anche più di uno: nel Lazio sono le frappe e sono le sfrappe nelle Marche, a Padova e Vicenza galani e crostoli, a Venezia solo galani mentre in Trentino, Friuli Venezia-Giulia e in provincia di Ferrara sono denominate solo crostoli. In Lombardia troviamo i gali o le gale e in provincia di Mantova, Cremona e Brescia si chiamano lattughe. In Toscana ogni provincia ha una sua denominazione e le più diffuse sono cenci, crogetti o struffoli. In Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria si chiamano le bugie, in Emilia Romagna i rosoni o sfrappole, in Umbria Ciaramiglie, in Molise cunchielli, in Puglia Sfoglie o Cartiddate mentre in Sardegna sono note come maraviglias.

Anche se chiamate in maniera diversa, vengono preparate, più o meno, tutte nello stesso modo e con i medesimi ingredienti. Per quanto riguarda la scelta della bottiglia da abbinare, l’unica regola a cui dobbiamo attenerci è che il vino deve essere dolce.

Possiamo infatti scegliere tra un vino, uno spumante oppure, soprattutto se dobbiamo accompagnare le chiacchiere al cioccolato, un passito.

L’importante è orientarsi su un vino da dessert non troppo strutturato e alcolico, fresco, piacevole e di facile beva, delicato nei sapori e con un bouquet di profumi eleganti, in grado di sostenere, senza esagerare, la dolcezza di questo golosissimo dolce.

Alla scoperta delle Camelie

Non tutti sanno che qui in Lucchesia abbiamo un piccolo angolo di Giappone. Stiamo parlando dei paesini di Pieve e Sant’Andrea di Compito, nel comune di Capannori, conosciuti insieme come il Borgo delle Camelie. È proprio in questa valle infatti che crescono fino a mille tipi diversi di camelie e si trova perfino una coltivazione di Camellia Sinensis, la pianta del tè!
A fine Settecento questo splendido fiore arriva in Lucchesia e trova qui un ambiente e un clima perfetti per crescere e sbocciare e viene quindi coltivato in tutte le residenze più importanti dell’epoca.
Oggi per tutelare il patrimonio botanico che nei secoli si è andato formando è nato il Camellietum, un giardino di 10mila metri quadrati che ospita mille cultivar di camelie, dall’Ottocento ai giorni nostri e provenienti da tutto il mondo.
Il periodo migliore per visitare questo paradiso è durante la fioritura, tra marzo e aprile, quando ogni anno il borgo ospita la Mostra Antiche Camelie della Lucchesia che quest’anno arriva alla 33esima edizione.
È l’occasione perfetta per scoprire i tanti tesori del Borgo delle Camelie, come i giardini di Villa Borrini, Villa Giovanneti, Villa Torregrossa e Villa Orsi. Splendido anche il percorso a piedi che conduce a Capo di Vico, la parte più antica di Sant’Andrea di Compito, dove si trovano le fonti e il ponte sul rio Visona: il sentiero che costeggia il piccolo fiume è abbellito dalla presenza di alberi secolari di camelie. Ovviamente non può mancare una visita a una delle pochissime piantagioni di tè che esistono in Italia e l’unica in Toscana: l’Antica Chiusa Borrini.
Per passare dei giorni di completo relax all’insegna del verde e della natura saremmo lieti di ospitarvi a Montecarlo di Lucca, presso il Buonamico Wine Resort che si trova a soli 20 minuti dal Borgo in questione. In questo caso passereste dai colori delle camelie al verde delle nostre vigne in cui è immerso il resort con il nostro Ristorante Syrah, e dal rilassamento del tè alla spensieratezza dei nostri vini che troverete in degustazione nella nostra cantina.
Il Buonamico Wine Resort ha 11 camere, ciascuna con una terrazza vista vigne oppure vista piscina all’aperto, dove potrete rilassarvi e magari godervi un calice dei nostri vini. Non poteva mancare la SPA, dove rilassarsi sorseggiando una tisana o, ancora una volta, gustando un calice, magari di bollicine. Al ristorante il nostro Maitre Andrea Minuti, insieme allo staff intero, vi saprà accogliere e vi consiglierà sugli abbinamenti tra i vini proposti e i vari piatti, preparati con ingredienti a chilometro zero e rivisitati in chiave gourmet. Un’occasione per un week end fuori dall’usuale, che vi saprà deliziare e soddisferà tutti i vostri 5 sensi!

La Festa della donna

La Festa della Donna si celebra l’8 marzo, per ricordare le lotte politiche e sociali che le nostre antenate hanno dovuto affrontare affinché potessero acquisire gli stessi diritti che una volta erano esclusivo appannaggio degli uomini.

Nel Febbraio del 1909, infatti, negli Stati uniti venne organizzata la prima manifestazione in favore del diritto al voto anche per le donne. Già dalla fine dell’800, comunque, in molti altri paesi ci si batteva per il suffragio universale. Successivamente la celebrazione approdò anche in Europa, dove Austria, Danimarca, Germania e Svizzera furono i primi Paesi ad aderire ai festeggiamenti, a partire dal 1911.

Nel 1921 si decise di scegliere un’unica data internazionale.

In Italia fu nel 1922 che si iniziò a celebrare la festa della donna, e venne scelta la mimosa come suo simbolo ufficiale, in quanto la stagione di fioritura di questo fiore è sempre ai primi di Marzo.

Se volete far felice una donna, perché non proporre alla vostra lei, o ad una mamma, una sorella o semplicemente un’amica una ricetta gustosa per farle sentire il vostro amore?

Vi suggeriamo la Torta Mimosa, che deve il suo nome proprio alla somiglianza con l’omonimo fiore, visto che è ricoperta di un soffice pan di spagna che ricorda la classica infiorescenza gialla.

INGREDIENTI PER 2 PAN DI SPAGNA DEL DIAMETRO DI 20 CM

Zucchero 250 g

Farina 00 140 g

Fecola di patate 120 g

Uova a temperatura ambiente 8

Baccello di vaniglia 2

Sale fino 1 pizzico

PER 850 G DI CREMA PASTICCERA

Tuorli 5

Zucchero 175 g

Latte intero 500 ml

Panna fresca liquida 125 ml

Amido di mais (maizena) 55 g

Baccello di vaniglia 1

PER LA CREMA CHANTILLY

Panna fresca liquida 100 ml

Zucchero a velo 10 g

PER LA BAGNA AL LIQUORE

Acqua 130 g

Zucchero 75 g

Grand Marnier 70 g

PER DECORARE

Zucchero a velo q.b.

PREPARAZIONE DEI 2 PAN DI SPAGNA DA 20 CM

Per preparare la torta mimosa classica come prima cosa occorre preparare i due pan di spagna. Assicuratevi di avere due stampi del diametro di 20 cm. Preriscaldate il forno a 160° in modalità statica. Rompete le uova e ponetele in una ciotola e iniziate a montarla con una frusta. Unite i semi di vaniglia, un pizzico di sale e lo zucchero. Setacciate la farina e la fecola, e incorporatele delicatamente con una spatola per non rischiare di smontare il composto. Imburrate ed infarinate due tortiere e cuocetele a 160° nel ripiano più basso per circa 50 minuti. Lasciateli raffreddare e poi sfornateli.

A questo punto preparate la crema diplomatica, mescolando vaniglia, latte e panna e scaldate il tutto. Nel frattempo sbattete i tuorli insieme allo zucchero, aggiungete l’amido di mais, e alla fine incorporate il tutto al latte caldo senza mai smettere di mescolare, finché la crema sarà addensata. Quando la crema sarà freddata incorporate la panna, precedentemente montata con lo zucchero a velo. Lasciate raffreddare il tutto per circa 30 minuti.

Per preparare la bagna versate in un tegame l’acqua, il liquore e lo zucchero, scaldatelo finché lo zucchero sarà sciolto. Lasciate raffreddare.

A questo punto potete comporre il dolce. Eliminate la crosticina da entrambi i pan di Spagna. Ricavate tre dischi da uno dei due pan di spagna e posizionate il primo strato su un piatto da portata. Utilizzate la bagna, seguita da ¼ della crema, e livellatela con una spatola. Ripetete col secondo strato e con il terzo. Terminate con uno strato di crema, ricoprendo anche le parti laterali. Ricavate dei cubetti dal secondo pan di spagna e spargeteli su tutta la superficie della torta. Alla fine mettete la torta in frigorifero per un paio d’ore, e alla fine spolverate di zucchero a velo al momento di servire.

A questo punto non vi resta altro che scegliere il vino perfetto da abbinare a questo dolce, un po’ complicato da realizzare ma di sicuro effetto. Noi della Tenuta del Buonamico, in provincia di Lucca, vi proponiamo il nostro Spumante Particolare Dolce, che sarà l’ideale per la sua freschezza e il suo tenore zuccherino bilanciato. Si tratta di uno spumante realizzato con 100% uva moscato, realizzato secondo il metodo Charmat. Il mosto viene direttamente messo in autoclave ad una temperatura controllata, affinchè si ottenga un’ottimale presa di spuma. Dopo il periodo della fermentazione, circa 120 giorni, si ha la quasi immediata filtrazione, in modo da preservare la naturale freschezza.. Al naso si presenta intenso e persistente, con sentori di salvia, miele, fiori, frutta tropicale, pesca e noce moscata. Al palato è fresco, morbido, floreale, ed ha un perlage fine ed elegante. Servitelo ad una temperatura di 8-10° e il risultato sarà assicurato.

Non dimenticate, però, che le donne andrebbero festeggiate ogni giorno, e non soltanto l’8 marzo. E ricordatevi, come diceva la celebre Marilyn Monroe,

“La donna é la rovina dell’uomo, ma resta il fatto che l’uomo senza la donna è rovinato”

Vino bianco, come servirlo

Ci sono delle regole precise per servire il vino bianco in modo corretto, una procedura di servizio che riguarda la sequenza, la temperatura e il bicchiere con cui offrire il vino. Servirlo nella maniera giusta significa esaltare le qualità, conferendogli anche una maggiore dignità.

I vini bianchi si dividono in 3 categorie: bianchi leggeri, strutturati e aromatici:

  • vini bianchi leggeri vengono vinificati in bianco eliminando vinaccioli, bucce e vinacce, fermentati a temperatura controllata e fatti affinare per alcuni mesi in contenitori che non possono in alcun modo alterare le loro caratteristiche organolettiche, come l’acciaio, la vetroresina o il cemento. Questi vini sono freschi, leggeri, di facile beva, di spiccata acidità e dai profumi floreali e fruttati.
  • Vini bianchi strutturati hanno invece un maggiore tasso alcolico, una fermentazione lunga, sovente quella malolattica, che ne accresce la morbidezza e ne abbassa l’acidità e vengono affinati in barriques di legno. Sono vini corposi, strutturati e dai profumi intensi.
  • Vini bianchi aromatici nascono infine da vitigni aromatici che hanno una profumazione intensa che viene poi trasferita nei vini ottenuti e sono adatti sia ad essere spumantizzati sia all’appassimento.

Tutte le regioni italiane hanno la propria tradizione millenaria nella produzione dei vini bianchi.

In Toscana, nonostante sia riconosciuta come la patria dei rossi, si trovano le prime coltivazioni di Trebbiano già nel I secolo d.C., come ci narra nelle sue opere Plinio il Vecchio, e i vini bianchi si affermarono sempre più nel corso dei secoli fino a diventare nel Cinquecento i preferiti di Re Federico II di Francia.

La nostra Tenuta del Buonamico a Montecarlo in provincia di Lucca, per venire incontro alle esigenze di tutti i clienti, produce un’ottima varietà di bianchi. Il nostro vino più importante è sicuramente il Montecarlo Bianco DOC 2020 che viene prodotto dal blend di Trebbiano Toscano, Pinot Bianco, Sauvignon, Semillon, Roussanne e Chardonnay; ognuno di questi vitigni viene vinificato e fermentato separatamente e riunito agli altri solo in fase di pre-imbottigliamento.

Con una gradazione di 12 °C e una temperatura di servizio ottimale di 8-10 °C, è un vino dai profumi freschi, intensi e floreali che, grazie al blend dei 6 tipi di uva, ha un gusto complesso ed equilibrato con gradevoli note fruttate.

Un altro bianco DOC della nostra Tenuta è il Montecarlo Bianco DOC Etichetta Bianca 2020 che nasce da un blend di Trebbiano Toscano, Pinot Bianco, Sauvignon Blanc, Semillon e Malvasia. Subisce le stesse fasi di lavorazione del Montecarlo Bianco.

E’ considerato un vino innovativo e quasi aromatico per l’alta concentrazione di Pinot Bianco, Sauvignon Bianco e Malvasia, pur rispettando il disciplinare della zona di Montecarlo. Con una temperatura di servizio ottimale di 8-10 °C ed una gradazione alcolica di 12,5 °C, è un bianco dai profumi freschi, intensi, floreali e fruttati di frutta a bacca bianca e fiori d’arancio. Al palato si presenta equilibrato, fresco, fruttato e sapido.

Il Vivi Vermentino IGT Toscana 2020 nasce da Vermentino in  purezza; il mosto si ottiene con una pressatura soffice, seguita da 24 ore di raffreddamento, così da poter rilasciare il suo sedimento naturalmente.

La fermentazione della sua parte limpida viene effettuata ad una temperatura controllata di 16 °C in serbatoi di acciaio inox dove avviene anche l’affinamento. Servito ad una temperatura di 8-10 °C, ha una gradazione alcolica di 12,5 °C e presenta dei profumi intensi, floreali e minerali mentre al gusto si presenta fresco, sapido e di spiccata acidità.

Il M.i.o. Viognier IGT Toscana 2020 viene prodotto da uve Viognier in purezza. Il Viognier viene considerato un vitigno piuttosto delicato sia nella crescita, perché tende ad ammalarsi, sia nella vinificazione, perché può diventare acido. Viene detto M. i. o. perché è l’acronimo di Minerale, Intenso e Originale. Subisce una pressatura soffice a bassa temperatura e in atmosfera inerte per non alterare le sue caratteristiche organolettiche e poi viene fermentato ed affinato in acciaio inox. E’ un vino semi aromatico che ha una gradazione alcolica di 14 °C e una temperatura di servizio ideale di 8/10 °C. Per questo suo invecchiamento solo in acciaio, ha una grande freschezza e dei profumi intensi, floreali e fruttati di albicocca, pesca e agrumi, che si mostrano palesi anche al gusto, dove vengono però bilanciati da note minerali e da un retrogusto amarognolo.

L’ultimo bianco della nostra Tenuta è il Vasario IGT Toscana 2019 prodotto da Pinot Bianco in purezza. Viene vendemmiato nelle prime due settimane di settembre, subisce sia la fermentazione che l’affinamento in barriques di rovere d’Allier. E’ un vino storico della Tenuta che però, nel corso degli anni, ha subito varie trasformazioni per rimanere sempre attuale. Prende il nome dello storico e artista rinascimentale Giorgio Vasari che fu il primo a parlare della città di Montecarlo in un suo libro. Con una temperatura ottimale di 12 °C ed una gradazione alcolica di 13,5 °C, presenta un gusto molto equilibrato, ampio, ben strutturato e con un finale morbido e persistente, frutto del suo invecchiamento in rovere per 8 mesi. Ha dei profumi molto intensi e complessi, con aromi floreali e di frutta a pasta gialla e tropicale che si fondono con note di burro, vaniglia e miele.

Sequenza

Sapevi che esistono dei criteri molto precisi che riguardano la sequenza con cui portare in tavola un vino bianco? Un bianco, prima di essere aperto e servito, ha bisogno di raggiungere la temperatura ottimale, che deve essere mantenuta anche una volta stappata. Si procede ad aprire la bottiglia togliendo con un coltellino la parte superiore della capsula che preserva il tappo, con un tovagliolo si puliscono il collo della bottiglia e il tappo che deve essere estratto senza essere forato da parte a parte dal cavatappi. Si procede poi ad annusarlo per verificare che non abbia cattivi odori e infine si passa il tovagliolo all’interno del collo per eliminare dei possibili frammenti di sughero. Il passaggio successivo dovrebbe essere, la cosiddetta decantazione, che però per i vini bianchi non è prevista perché hanno aromi molto delicati e la troppa ossigenazione potrebbe farli sparire.

Nel caso, però, che si sentano odori strani, come di fiammifero bruciato o di uova marce, si può farli decantare direttamente nel calice per una quindicina di minuti. Se invece si stanno servendo dei bianchi che hanno vinificato in legno oltre i 5 anni, bisognerà decantarli se presenteranno dei residui sul fondo della bottiglia oppure delle incrostazioni sulle pareti che possono essere scoperti utilizzando una candela o una torcia.

Solo dopo queste operazioni preliminari si possono finalmente servire i commensali, disponendosi sempre alla destra di chi si sta servendo e iniziando sempre da chi ha ordinato il vino. Costui, prima di procedere, dovrà assaggiarlo e dare il suo assenso.

Le prime persone servite saranno quelle a fianco a lui, anche se è buona norma dare precedenza alle signore e servire per ultimo chi ha ordinato il vino; la regola vuole anche che il bicchiere non sia riempito mai più della metà. E’ importante infine, nel momento in cui si finisce di versare il liquido nel bicchiere, ruotare la bottiglia, in modo da evitare che cadano delle gocce sulla tovaglia. Se dovesse avanzare del vino, può tranquillamente essere conservato in frigorifero per 2-3 giorni, magari sostituendo il tappo di sughero con uno salvavino. Se durante il pranzo o la cena è previsto che i vini bianchi serviti siano di più tipi, è fondamentale partire da quelli più giovani per arrivare a quelli più strutturati.

Temperatura

Per esaltare le caratteristiche di un vino bisogna servirlo alla temperatura giusta. Questa è una regola che vale per tutti i vini, ma soprattutto per quelli bianchi, i cui profumi, molto delicati, tendono a svanire se non vengono messi nelle giuste condizioni.

Il bianco è un vino, fresco, acido e poco astringente, per cui viene servito ad una temperatura bassa che dipende da quale tipologia di bianco si ha di fronte:

  • vino bianco giovane, fresco, aromatico va proposto a 8-10°C
  •  bianco poco aromatico a 12°C
  • un vino bianco maturo o morbido, perché affinato in legno, a 12-14°C.

Per mantenere il vino alla giusta temperatura esistono dei contenitori termici, detti “glacette”, che tengono isolata la bottiglia, facendole conservare una temperatura costante.

Per sapere  a quale temperatura lo si sta servendo, bisogna possedere un termometro ad immersione, che è quello utilizzato anche dai professionisti del settore perché è il più preciso. Se ci si accorge che il vino non è ancora abbastanza freddo, bisogna metterlo in un secchiello col ghiaccio, che in 10 minuti riesce ad abbassare la temperatura di 5°C, e se c’è bisogno di accelerare questa operazione, è necessario mettere del sale nel ghiaccio per farlo sciogliere prima.

Bisogna evitare invece, se possibile, di mettere la bottiglia nel freezer perché dopo 15 minuti i sapori ne sarebbero alterati.

Bicchiere

Anche il vino bianco, come tutti gli altri vini e spumanti, ha un suo bicchiere che, con le sue caratteristiche, ha il compito di evidenziare gusto e profumi. Ci sono dei requisiti generali che un bicchiere deve avere che valgono per tutti i tipi di vino e che riguardano il materiale, l’igiene e la temperatura.

Il materiale dovrà essere in cristallo o in vetro sottile, perché meno invasivo al gusto; liscio, per vedere eventuali tracce che il vino può lasciare all’interno; e incolore, così l’assaggiatore potrà osservarne ogni sua sfumatura. Deve essere più largo nella parte inferiore in modo che gli aromi possano risalire verso l’alto e, regola fondamentale per i bianchi, avere uno stelo lungo per evitare che la mano vada a contatto con il vino e quindi ne alteri la temperatura, riscaldandolo.

A proposito di temperatura, il bicchiere deve avere la stessa temperatura del vino, quindi, visto che il vino bianco si beve freddo, sarà necessario raffreddare anche il suo bicchiere.

Se si utilizza un bicchiere di cristallo, bisogna lavarlo a mano con acqua calda e sapone di Marsiglia, lasciandolo sgocciolare appeso a testa in giù, mentre quello in vetro può essere lavato in lavastoviglie, con l’accortezza di essere tirato fuori appena finito il lavaggio per evitare di essere avvolto dai vapori; entrambi, se ancora umidi, vanno asciugati con un panno in lino.

Il bicchiere che si utilizza per un vino bianco viene chiamato calice a tulipano, perché ha la forma del fiore ed è utilizzato per i bianchi giovani e freschi che sprigionano immediatamente i loro aromi primari; questo calice ha dimensioni ridotte che serviranno a riunire maggiormente i profumi e a percepire il gusto dolce e fruttato del vino. Per i bianchi più strutturati o invecchiati in legno, si utilizza un calice più grande e panciuto, detto anche calice renano, che assicura al vino un maggiore contatto con l’ossigeno affinché possa ritrovare più velocemente il suo equilibrio.

Per i bianchi spumantizzati, infine, viene utilizzata la flûte che valorizza la qualità delle bollicine, che in questo modo saliranno velocemente verso l’alto, spinte dal fondo stretto e dalle pareti quasi parallele del bicchiere.

Vino rosso, come servirlo

Conoscere quali sono i criteri con cui servire correttamente un vino rosso, significa far apprezzare nella maniera ottimale le sue qualità. Proporlo con la sequenza corretta, la giusta temperatura e il bicchiere adatto vuol dire dare l’oggettivo merito al gusto e all’aroma,  scoprendone così la vera essenza.

Non tutti i vini rossi però sono uguali, e le regole di servizio dipendono da quale tipologia di rosso ci si trova di fronte. Tre sono le macrocategorie in cui si dividono i rossi:

  •  vini rossi leggeri sono di beva immediata, poco zuccherini, non molto alcolici, di bassa acidità e poco tannici.
  • Rossi mediamente strutturati sono eleganti, versatili, di buon corpo e facili da degustare.
  • Vini rossi strutturati subiscono la fermentazione malolattica, maturano in legno, vengono affinati per periodi medio – lunghi in bottiglia e sono di buona acidità, ricchi di zucchero e tannini.

La Toscana, tra le regioni italiane, è quella considerata e riconosciuta ormai in tutto il mondo come la patria del vino rosso, e anche noi, alla Tenuta del Buonamico noi qui a Montecarlo, in provincia di Lucca, produciamo 4 vini rossi di grande qualità, per soddisfare le diverse esigenze dei nostri clienti: il Montecarlo Rosso Doc 2019, il Montecarlo Rosso DOC Etichetta Blu Doc 2018, il Fortino IGT Toscana 2017 e il Cercatoja IGT Toscana 2017.

Il Montecarlo Rosso Doc 2019 si ottiene dal blend di Sangiovese, Canaiolo, Syrah, Cabernet Sauvignon e Merlot, ed è uno dei vini storici della nostra cantina. Fermentato a temperatura controllata in acciaio inox, ha una gradazione alcolica di 12,5 °C ed una temperatura di servizio ottimale di 18 °C. Ha dei profumi intensi di frutta fresca, come visciola e amarena, mentre al palato si presenta fresco, armonico, morbido, persistente e ben strutturato.

Il Montecarlo Rosso DOC Etichetta Blu 2018 nasce come blend di Sangiovese, Canaiolo, Syrah, Merlot e Cabernet Sauvignon. Fermentazione e macerazione sono termo-condizionate in acciaio inox e, mentre una parte dei mosti effettua la fermentazione a basse temperature per conservare maggiormente gli aromi varietali, un’altra viene messa in barriques per 7 mesi dove effettua quella malolattica. Dal colore rosso rubino intenso, con una temperatura di servizio ottimale di 15-18 °C ed una gradazione alcolica di 13,5 °C, è un vino ben strutturato, grazie all’invecchiamento in legno, ha dei profumi decisi, delle note molto cariche di frutta scura, fiori, vaniglia, cacao e spezie che gli conferiscono grande complessità e al palato ha un gusto vellutato, ampio e denso.

Il Fortino IGT TOSCANA 2017 si ottiene dalle uve Syrah in purezza della vigna più vecchia d’Italia; fermentato in acciaio inox e affinato in barriques di rovere francese per circa 18 mesi, è un vino elegante, molto strutturato, sapido ed equilibrato e, assaggiandolo, si può notare un tannino potente, morbido e fitto che si adatta perfettamente alla sua struttura corposa e alla sua acidità. Con una gradazione alcolica di 14 °C e una temperatura ottimale di servizio di 18 °C, ha profumi ampi, intensi e fruttati di frutta rossa, more e sottobosco, con delle note balsamiche e speziate.

Infine il Cercatoja IGT Toscana 2017 nasce da un blend di Sangiovese, Syrah e Cabernet Sauvignon. Subisce prima una fermentazione in acciaio inox a temperatura controllata per almeno 3 settimane, poi una nuova fermentazione malolattica in barriques e un affinamento di circa 18 mesi. Con una gradazione alcolica di 14,5 °C e una temperatura di servizio ottimale di 18 °C, ha profumi intensi e complessi, con note profonde di frutta nera, fiori, cacao e spezie.

Al palato si presenta come un vino elegante, profondo e molto ben strutturato, con una trama tannica ben riconoscibile ma comunque equilibrata e arrotondata.

Sequenza

Ci sono regole ben precise che stabiliscono la sequenza di servizio di un vino rosso e, se vengono eseguite con cura, si possono riprodurre anche a casa con la stessa professionalità e meticolosità di un ristorante.

Per poter fare ciò, bisogna munirsi di alcuni strumenti necessari, come un cavatappi, meglio se professionale, un bicchiere da degustazione, un tovagliolo di stoffa e uno o due piattini.

Il vino, soprattutto se si tratta di un rosso invecchiato, deve essere portato in tavola dentro un cestello, in modo che i sedimenti rimangano nel fondo della bottiglia, facendo molta attenzione a non muoverla.

La stappatura, fatta nello stesso cestello, deve essere anticipata per eliminare gli odori di chiuso e migliorare le sue qualità organolettiche del vino.

L’apertura della bottiglia si effettua prima asportando la capsula con un coltellino e poi, dopo aver pulito la parte superiore con un panno, estraendo il tappo con il cavatappi, che deve essere inserito al centro e senza forzature.

Si passa quindi ad annusarlo per verificare che non abbia cattivi odori; poi, dopo aver pulito il collo col tovagliolo per eliminare eventuali residui di sughero, si effettua un’analisi organolettica del vino, facendolo assaggiare a chi comprato il vino o al padrone di casa, affinché ne possa valutare la qualità e l’assenza di imperfezioni.

A questo punto si può procedere alla decantazione, che nei vini rossi vecchi è necessaria per farli depurare dai loro depositi ed evitare che questi finiscano nel bicchiere, mentre in quelli giovani e ricchi di tannino serve a far sprigionare i loro aromi attraverso l’ossigenazione.

Attenzione: la decantazione, invece, non va assolutamente fatta ai vini molto invecchiati, poiché potrebbero ossidarsi a contatto con l’aria.

Questa operazione si effettua travasando il vino in una caraffa, chiamata decanter, utilizzando per i rossi vecchi un imbuto da vino con un setaccio incorporato che tratterrà i depositi. La decantazione nei rossi vecchi si effettua al momento di servirli, mentre nei giovani viene fatta 2-4 ore prima.

Se non si possiede un decanter, basterà semplicemente aprire la bottiglia 2 ore prima.

Solo dopo questa procedura si potrà servire il vino ai commensali e, visto che il padrone di casa lo ha già assaggiato e quindi sarà servito per ultimo, si inizieranno a servire i commensali a fianco a lui, anche se è buona educazione cominciare a versare prima alle signore.

Se dovesse avanzare del vino, bisogna innanzitutto sostituire il sughero con un tappo metallico ed ermetico, e poi si dovrà conservarlo in un posto fresco ma non freddo, evitando di esporlo direttamente alla luce o di metterlo vicino a fonti di calore, per poi consumarlo entro 2-3 giorni.

Temperatura

La temperatura di servizio in un vino ha effetti sulla percezione dei suoi sapori e profumi, aumentando il senso di piacere durante una degustazione, ed è per questo che deve essere quella corretta.

I vini rossi hanno una temperatura più alta rispetto ai bianchi per la loro natura astringente, tannica e poco acida, e differisce a seconda della tipologia di rosso. I vini rossi giovani e freschi vanno serviti tra i 14° e i 16°, per esaltare le loro note floreali e fruttate, mentre per quelli di media struttura, quindi un po’ più corposi e tannici si arriva ai 18°C.

Se invece vogliamo bere un vino affinato per anni in bottiglia o molto tannico, la temperatura giusta è sui 22°C. Infine, se portiamo a tavola un vino novello che è povero di tannini, la temperatura si deve aggirare tra i 13 e i 14°C.

Un consiglio: il vino rosso, come abbiamo appena visto, si serve a temperatura ambiente e quindi va prelevato in tempo utile dalla cantina, dove notoriamente le temperature sono più basse, e va poi portato in casa affinché possa raggiungere la sua ideale; qualora non ci si riuscisse ad organizzare per tempo, basterà immergerlo in acqua tiepida per pochi minuti, tenendo sempre a mente di servirlo due gradi in meno, in quanto ci penserà poi il bicchiere a riscaldarlo velocemente.

Per essere sicuri di servire il vino alla temperatura giusta basterà dotarsi di un termometro ad immersione, che andrà messo nel bicchiere della degustazione.

Bicchiere

Come abbiamo visto, ci sono diverse tipologie di vino rosso, e ognuna di queste ha il suo calice, il cosiddetto Ballon, che deve esaltarne le qualità. Per i vini rossi giovani, leggeri ed eleganti è previsto un calice Ballon non molto largo, a tulipano, con uno stelo lungo simile a quello dei vini bianchi; la sua forma allungata e lievemente ristretta favorirà l’arrivo concentrato al naso del bouquet di aromi. Per i vini rossi di medio invecchiamento, dotati di spiccata personalità, di carattere e bouquet elegante viene utilizzato un Ballon più affusolato e longilineo che permetterà una buona ossigenazione.

Per i rossi importanti e di grande invecchiamento, infine, viene usato un Ballon molto panciuto e dallo stelo lungo che impedirà che il calore della mano ne modifichi la temperatura.

Durante una degustazione, il bicchiere viene fatto ruotare per ottenere una buona ossigenazione e liberare i profumi.

Per quanto riguarda la quantità di vino da versare nei bicchieri, per i vini giovani e quelli di media struttura, il ballon deve essere riempito per metà, mentre per quelli più invecchiati ed importanti deve essere riempito non più di ⅓ della sua capacità.

Ricordiamo infine che anche per i vini rossi vale la regola che il bicchiere deve avere la stessa temperatura del vino, quindi il Ballon dovrà avere una temperatura ambiente. Il materiale migliore per un ballon è il cristallo oppure un vetro molto sottile, liscio ed incolore; entrambi andranno lavati da soli in lavastoviglie con poco detersivo o a mano con sapone di Marsiglia e acqua caldissima e asciugati con un panno.

Prima di servire i vini rossi di una certa importanza, nel bicchiere viene fatto l’avvinamento: si versa una piccola quantità di vino, facendola ruotare per bagnare le pareti, e poi la si butta via. Questa procedura serve per pulire il bicchiere da eventuali residui di polvere o per eliminare odori sgradevoli, soprattutto se è rimasto conservato per molto tempo in una credenza.

Quale spumante scegliere con il dolce?

Quando si organizza un pranzo o una cena, è importante sapere anche quale spumante scegliere con il dolce. L’abbinamento non è scontato come molti pensano e dipende molto se si conclude con un dolce lievitato, oppure con uno al cucchiaio freddo o caldo, o con della pasticceria secca. Le bollicine che caratterizzano gli spumanti si ottengono aggiungendo ad un vino, vinificato in bianco, zuccheri e lieviti selezionati.

Questo passaggio provoca una seconda fermentazione, chiamata “presa di spuma” e genera anidride carbonica che, una volta aperta la bottiglia, fuoriesce e dà origine alla schiuma.

Più persistenti, numerose e fini saranno le bollicine, migliore sarà la qualità dello spumante.

La  seconda fermentazione può essere di due tipi:

  • Metodo Champenoise:  una fermentazione lenta, fatta in bottiglia, per gli spumanti di gran pregio.
  • Metodo Charmat: una fermentazione più veloce, fatta in grandi contenitori di acciaio inox.

Altre classificazioni degli spumanti derivano dall’uva utilizzata. Si hanno così:

  • Millesimati, se le uve sono per  almeno l’85%, dello stesso anno.
  • non Millesimati, se sono di annate diverse.
  • Blanc des blancs, gli spumanti prodotti solo da uve bianche.
  • Blancs des noirs, quelli dove vengono utilizzate le uve rosse vinificate in bianco senza buccia.
  • Crémant, quelli ottenuti con l’aggiunta di una minore quantità di zuccheri durante la seconda fermentazione effettuata con il Metodo Classico
  • Rosé, che sono gli spumanti ottenuti dai vini rosati.

A seconda, infine, dello zucchero presente nella loro composizione, gli spumanti vengono divisi in 3 grandi categorie, secchi, morbidi e dolci, e più precisamente in 7 tipologie diverse, ognuna con le sue caratteristiche:

  • Pas Dosé o Brut Nature dove questo zucchero è inferiore ai 3 gr/l;
  • extra-brut: compreso tra 0 e 6 g/l;
  • brut: inferiore a 12 g/l;
  • extra-dry: compreso tra 12 e 17 g/l;
  • dry o sec-asciutto-abboccato: compreso tra 17 e 32 g/l;
  • demi-sec o medium dry: compreso tra 32 e 50 g/l;
  • dolce: se superiore a 50 g/l.

In Italia lo spumante nacque nel 1865 con Carlo Gancia, che produsse il primo spumante con uve Moscato da abbinare ai dolci.

L’abbinamento perfetto si ha quando le caratteristiche dello spumante e quelle del dolce vengono esaltate dal loro accostamento: questo si ottiene quando il contenuto zuccherino del dolce e quello del vino risultano equilibrati, cioè quando il vino non è meno dolce del dessert.

Con i dolci lievitati

I dolci lievitati sono quei dolci che, prima di essere cotti, hanno bisogno di lievitare, quindi hanno dei tempi di realizzazione più lunghi rispetto agli altri dolci che non richiedono questa fase di lavorazione. Oltre al panettone, al pandoro e alle colombe, in questa tipologia di dolci possiamo trovare anche i croissant, le brioches, il babà, i cinnamon rolls, i bomboloni, le graffe, le ciambelle, le frittelle, le focacce, il pan brioche e tantissimi altri, sia tipici italiani che non.

Qui l’abbinamento con le bollicine è fondamentale per ripulire il palato dal burro che solitamente viene utilizzato durante la preparazione.

Bollicine che devono essere obbligatoriamente dolci, perché accompagnarli con uno spumante brut significherebbe far percepire al palato un gusto metallico e amarognolo.

Per i dolci  lievitati come Pandoro, Panettone e Colomba pasquale, la nostra Tenuta del Buonamico produce uno spumante, il Particolare Dolce.

Viene prodotto da uve Moscato in purezza e spumantizzato con il Metodo Charmat: il mosto viene posto a temperatura controllata in autoclave e, mediante l’azione di lieviti altamente selezionati, si arriva ad avere un’ottima presa di spuma. La fermentazione di questo spumante dura 120 giorni e subisce poi una filtrazione quasi immediata così preservare la sua freschezza. Dopo una fase di affinamento di qualche settimana in autoclave, viene imbottigliato, e qui continua il suo affinamento. Con una gradazione alcolica di 7 °C ed una temperatura di 8/10 °C, il Particolare Dolce ha un contenuto zuccherino molto basso e per questo viene accostato ad un semi-dolce. Ha dei profumi molto intensi e persistenti con delle note di miele, fiori d’arancio, salvia, noce moscata e frutta esotica, mentre al palato risulta essere intenso, piacevole, morbido, fresco e floreale, con una persistenza gusto-olfattiva lunga ed un perlage fine. A tavola questo spumante, oltre ai lievitati, può essere abbinato anche a tutte le altre tipologie di dolci, come le torte a base pan di spagna, la panna cotta, lo zabaione, il tiramisù, i biscotti e i semifreddi sia con frutta che con panna.

Per i dolci secchi

Anche per i dolci secchi l’abbinamento più corretto è con uno spumante dolce che ha un contenuto zuccherino superiore a 50 g/l. Ai dolci secchi che non hanno farcia di creme, marmellate o panna, come per esempio un ciambellone, una sbrisolona, un plumcake o semplicemente dei biscotti non farciti, oltre al nostro Particolare Dolce, possiamo abbinare anche degli spumanti dry o demi-sec che hanno un contenuto zuccherino minore rispetto a quelli dolci ma comunque in linea con il contenuto zuccherino del dolce secco.

Se invece parliamo di dolci secchi preparati con la pasta sfoglia, la pasta brisé o la pasta frolla, l’abbinamento giusto dipende dal tipo di farcia impiegata.

Se la farcia è a base di frutta secca o candita, il vino può anche essere bianco liquoroso, oppure un passito molto profumato; se invece è con frutta bianca o fragole, allora il vino deve essere profumato e dolce con bollicina morbida.

Con una farcia di frutti rossi, il vino indicato è un rosso, profumato e dolce, mentre con la frutta fresca, l’abbinamento corretto è con un vino bianco, dolce e dai profumi intensi. Infine, se il dolce è farcito con creme o marmellate, il vino dovrà essere dolce e moderatamente morbido.

Spumante con dolci al cucchiaio

Anche per i dolci al cucchiaio come creme caramel, bavaresi, creme brulée o crema catalana, la regola che vige è sempre la stessa: le caratteristiche dei due elementi in abbinamento, vino spumante e dolce, devono esaltarsi e mai oscurarsi l’un l’altro, devono quindi avere la stessa quantità di zuccheri.

Gli abbinamenti più giusti per questi dessert sono gli spumanti dolci e i vini bianchi ben strutturati, freschi e sapidi.

Nei dolci al cucchiaio, preparati sempre con una base di panna, lo spumante dolce è indicato per pulire il palato dalla componente grassa della panna o del latte. Succede anche che la crema sia fatta con una base di vino: per le riduzioni si prestano molto bene i vini rossi anche con bollicine, mentre per aromatizzare le creme sono indicati i vini fermi e liquorosi, come i passiti.

 

Dolci gelati

Per quanto riguarda l’abbinamento con i dolci gelati come sorbetti o gelati ci sono due scuole di pensiero diametralmente opposte: una prima, che consiglia di non abbinare nessuno spumante o vino, in quanto sarebbe impossibile comprenderne gusto e profumi visto che le papille gustative vengono azzerate dal freddo di dolci; una seconda scuola, invece, che consiglia di abbinare, oltre che uno spumante dolce, dei vini bianchi giovani, amabili e liquorosi oppure direttamente un bel bicchiere di liquore che possa esaltare il profumo del gelato.

La regola per fare il gelato col vino è uguale a quella per le creme.

Utilizzare un vino dolce e morbido per la preparazione della crema di base per la preparazione del gelato, aggiungere magari dell’uva passa ammorbidita nel vino ed un crumble di cantucci sbriciolati.